La trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa coniugale
Come previsto dall’art. 337 sexies c.c., il godimento della casa familiare è attribuito prendendo in considerazione prioritariamente l’interesse dei figli e dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare, tuttavia, viene meno qualora l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare, conviva more uxorio ovvero contragga nuovo matrimonio.
Tanto premesso, occorre in primo luogo interrogarsi in ordine alla nozione di “casa familiare”, la quale costituisce l’oggetto del diritto in questione.
Secondo quanto ritenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza, in particolare, può essere considerata tale quella abitazione che ha svolto il ruolo di centro d’aggregazione familiare durante la convivenza o la vita coniugale, essendo la casa nella quale la famiglia ha convissuto nel corso di tale lasso temporale.
Il diritto di assegnazione della casa coniugale trova il proprio fondamento nella necessità di assicurare alla prole la conservazione dell’habitat familiare, in modo da attenuare le conseguenze deleterie che possono ad essa derivare dal fallimento della relazione coniugale o di convivenza. In assenza di figli, pertanto, la casa familiare spetta al suo proprietario.
Originariamente l’art. 6, comma 6, l. n. 898/70 (l. sul divorzio) prevedeva che l’assegnazione, in quanto trascritta, fosse opponibile al terzo ai sensi dell’art. 1599 c.c.
In virtù del richiamo al regime operante in materia di locazione, l’orientamento prevalente aveva ritenuto, analogamente a quanto avviene in ambito locativo, che il provvedimento giudiziario di assegnazione della casa familiare, avente per sua stessa natura data certa, fosse opponibile al terzo acquirente, anche se non trascritto, nel limite del novennio dalla data di emanazione, ovvero anche oltre i nove anni in caso di trascrizione.
Si era infatti ritenuto che il diritto all’assegnazione della casa coniugale avesse natura obbligatoria e che come tale potesse venire ad esistenza indipendentemente dalla trascrizione, la quale era invece necessaria per l’opponibilità ultranovennale.
Con la riforma dell’istituto dell’affidamento condiviso, avvenuta con la l. n. 54/06, si è però introdotto nel testo del codice civile l’art. 155 quater, il quale prevedeva esplicitamente che il provvedimento di assegnazione e di revoca fossero trascrivibili ed opponibili ai terzi ai sensi dell’art. 2643 c.c.
Da ultimo, con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 154/13 il legislatore ha provveduto ad inserire la disciplina dell’assegnazione della casa familiare nell’ambito del titolo dedicato all’esercizio della responsabilità genitoriale, non limitandosi così a prevedere l’operatività del diritto all’assegnazione nella sola ipotesi di separazione o scioglimento del matrimonio, e dunque nei casi di venir meno del vincolo di coniugio, ma, al contrario, subordinandone l’applicazione alla sola presenza di figli, e confermando altresì, all’art. 337 sexies, la trascrivibilità del provvedimento di assegnazione ai sensi dell’art. 2643 c.c.
Il richiamo alle norme in materia di trascrizione, ha indotto una parte minoritaria della dottrina a ritenere superato il precedente orientamento e a considerare il diritto dell’assegnatario come un diritto reale di abitazione, con conseguente applicazione del criterio della priorità della trascrizione, in mancanza della quale ne deriva l’impossibilità di opporre ai terzi l’assegnazione anche entro il limite del novennio.
Secondo tale interpretazione, infatti, la regola della priorità della trascrizione è l’unica applicabile in virtù dell’implicita abrogazione dell’art. 6 della l. n. 898/70 e del richiamo all’art. 1599 c.c. in esso contenuto.
Di contrario avviso è invece l’impostazione dominante, la quale tende a confermare la natura personale del diritto dell’assegnatario anche successivamente all’introduzione dell’art. 155 quater c.c. e del più recente art. 337 sexies c.c.
Per la suddetta concezione il richiamo all’art. 2643 c.c. – contenuto nell’attuale art. 337 sexies c.c. – non può di certo assumere portata “qualificante” del diritto all’assegnazione della casa familiare in termini di posizioni giuridica avente natura reale, dovendo infatti considerare che tra gli atti trascrivibili a norma di tale disposizione ve ne sono anche alcuni ad effetti obbligatori, dai quali sorgono diritti personali non aventi carattere reale (si pensi, per esempio, alle locazioni ultranovennali).
D’altra parte, si osserva, il provvedimento di assegnazione non ha natura costituiva del diritto all’assegnazione.
Si deve pertanto ritenere che il richiamo in parola non concerna la natura del diritto bensì il suo regime giuridico, trattandosi specificatamente di un richiamo “disciplinante”, ovvero avente la funzione di attribuire alla trascrizione del provvedimento di assegnazione valore di pubblicità dichiarativa, con il conseguente operare della regola sancita dall’art. 2644 c.c.
Nonostante ne sia prevista la trascrizione ai sensi dell’art. 2643 c.c., dunque, secondo l’opinione prevalente il diritto all’assegnazione della casa coniugale conserva la sua natura personale, ovvero di diritto obbligatorio, ed è come tale opponibile ai terzi, nel limite del novennio, anche in assenza della trascrizione del relativo provvedimento giudiziario, analogamente a quanto avviene per il contratto di locazione, avendo per sua stessa natura data certa.
Si osserva, d’altronde, che l’applicazione del principio della priorità della trascrizione non impedisce l’operatività della regola di cui all’art. 1599 c.c.
In pratica, ove l’assegnazione non sia stata trascritta nessuna norma impedisce al giudice di applicare, in via residuale, la regola dettata dall’art. 1599 c.c., garantendo così il diritto dell’assegnatario a continuare ad abitare la casa familiare per almeno nove anni nei confronti di coloro i quali possano nel frattempo vantare pretese sul bene.
Ciò presupposto, la problematica concernente gli effetti del provvedimento di assegnazione nei confronti dei terzi e riguardante la valenza della relativa trascrizione è stata affrontata in tre differenti ipotesi.
La prima fattispecie considerata è quella inerente al conflitto tra l’assegnatario ed il creditore ipotecario, in relazione alla quale la giurisprudenza, in applicazione del principio di priorità della trascrizione, ha ritenuto prevalente l’iscrizione ipotecaria di data anteriore sulla successiva trascrizione del provvedimento di assegnazione, a nulla rilevando che il pignoramento fosse successivo all’assegnazione.
Un’altra ipotesi che ha interessato la giurisprudenza ha invece riguardato il conflitto tra l’assegnatario ed il terzo acquirente dell’immobile; il problema si è posto, in particolare, nel caso in cui il trasferimento avvenga prima dell’assegnazione e sia finalizzato a sottrarre il bene dalla destinazione impressagli dalla legge.
In tal caso, da un lato vi è certamente l’esigenza di tutelare il coniuge o il convivente assegnatario dall’elusione o da un uso strumentale delle norme sulla trascrizione; dall’altro, però, vi è la necessità di non pregiudicare la facoltà di disposizione del coniuge o convivente proprietario del bene, impendendone in via assoluta la circolazione.
Secondo parte della giurisprudenza, il contemperamento di tali opposte esigenze deve essere raggiunto consentendo all’assegnatario di opporre il proprio diritto al terzo, anche se posteriore rispetto alla trascrizione dell’acquisto, avvenuto nelle more del giudizio di assegnazione, dimostrando la conoscenza da parte di quest’ultimo della destinazione del bene a casa familiare, nonché la sua partecipazione all’intento di sottrarre il bene dal patrimonio del debitore.
Tale soluzione, in particolare, viene giustificata richiamando la sussistenza in capo al coniuge o al convivente assegnatario di una detenzione qualificata del bene, cronologicamente preesistente all’alienazione.
In realtà, la conclusione alla quale è pervenuta parte della giurisprudenza non convince in quanto finisce per pregiudicare eccessivamente il diritto del proprietario di disporre del bene, non prendendo in debita considerazione le esigenze di circolazione del cespite, e riconoscendo una tutela eccessiva al coniuge o al convivente assegnatario in spregio alle norme in materia di trascrizione, le quali imporrebbero la prevalenza dell’acquisto del terzo, essendo questo trascritto precedentemente.
D’altra parte, non è chiaro se per la dimostrazione della partecipazione del terzo all’intento elusivo del proprietario sia sufficiente provare la conoscenza da parte di costui della destinazione vincolata del bene ovvero se sia invece necessaria una prova ulteriore, la quale è in ogni caso di difficile individuazione.
Infine, oscuro è il riferimento ad una detenzione “qualificata” dell’assegnatario in grado di prevalere, in quanto cronologicamente preesistente, sull’acquisto del terzo.
Sulla base di tali argomentazioni critiche alla teoria della detenzione qualificata e al fine di pervenire ugualmente alla tutela del diritto dell’assegnatario, sono state proposte altre e differenti soluzioni.
Nello specifico, nei confronti del terzo acquirente che sia a conoscenza della destinazione familiare dell’abitazione e del pregiudizio per le loro ragioni causato dall’atto di trasferimento, i familiari creditori del coniuge o del convivente alienante potrebbero usufruire dell’azione revocatoria.
Un’altra soluzione proposta, poi, potrebbe essere quella di consentire al coniuge o al convivente avente diritto all’assegnazione di esercitare nei confronti del parente alienante un’azione di responsabilità ex art. 2043 c.c.
Sia l’azione revocatoria che quella risarcitoria, in ogni caso, non assumono valenza immediatamente satisfattoria e non consentono pertanto di tutelare il diritto dell’assegnatario al godimento del bene.
D’altra parte, vi è chi ha prospettato a favore dell’assegnatario la possibilità di procedere alla trascrizione di un atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c., ovvero alla trascrizione della domanda giudiziale di assegnazione con effetto prenotativo della futura ed eventuale assegnazione della casa familiare.
Infine, si dice, al fine di assicurare la conservazione del futuro diritto all’assegnazione, il coniuge o il convivente non proprietario dell’abitazione potrebbe certamente usufruire della tutela cautelare tipica, ottenendo un provvedimento di sequestro conservativo o giudiziario del bene, ovvero servirsi della tutela cautelare necessaria ed urgente di cui all’art. 700 c.p.c.
La terza ed ultima ipotesi presa in considerazione dalla giurisprudenza, infine, è quella relativa al conflitto tra il terzo comodante, il quale abbia concesso in comodato il bene alla coppia al fine di destinarlo a casa familiare, ed il genitore assegnatario, al quale il terzo, che intende recedere dal contratto, richiede la restituzione del bene in occasione del fallimento della relazione coniugale o di convivenza.
Secondo l’impostazione prevalente, il provvedimento di assegnazione della casa familiare non modifica la natura del rapporto, e dunque il comodato dell’immobile destinato a casa familiare seguirebbe le regole di cui all’art. 1809 c.c. anche in caso di assegnazione, con la conseguenza che dovrebbe continuare ad intendersi come comodato a tempo determinato, la cui durata si desume dall’uso specifico al quale il bene è destinato, e che come tale impedisce al comodante di recedere dal rapporto prima che il comodatario abbia fatto della cosa l’uso convenuto, se non in presenza di un bisogno sopravvenuto ed urgente.
A differente conclusione perviene invece un orientamento minoritario, per il quale la destinazione a casa familiare del bene dato in comodato non avrebbe rilevanza ai fini dell’uso specifico e, pertanto, qualora non sia previsto dalle parti un termine di durata del negozio, il comodato dovrebbe intendersi costituito a tempo indeterminato e quindi avente carattere “precario”, con la conseguenza che sarebbe sempre ammesso nei limiti della buonafede, anche in presenza di un provvedimento di assegnazione della casa familiare, il recesso ad nutum del comodante.
In conclusione, paiono abbastanza evidenti le contraddizioni alle quali la giurisprudenza è pervenuta in materia di tutela del diritto dell’assegnatario nei confronti dei terzi: mentre nei rapporti tra l’assegnatario ed il creditore ipotecario si è infatti pervenuti ad una rigida applicazione delle norme sulla trascrizione, prevedendo la prevalenza del creditore ipotecario primo trascrivente, nelle altre due differenti fattispecie prese in considerazione si è invece giunti a riconoscere una tutela eccessiva all’assegnatario, ammettendo evidenti deroghe legislative alle disposizioni in tema di comodato e soprattutto alla disciplina in materia di trascrizione, attraverso l’affermata opponibilità al terzo acquirente, primo trascrivente, della detenzione qualificata cronologicamente preesistente.
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L'avvocato Cuccatto è titolare di uno studio legale in provincia di Torino con pluriennale esperienza nel campo del diritto civile, penale ed amministrativo.
L'avvocato è inoltre collaboratore esterno di un importante studio legale di Napoli, specializzato nel diritto civile.
Quale cultore della materie giuridiche, l'avvocato è autore di numerose pubblicazioni in ogni campo del diritto, anche processuale.
Forte conoscitore della disciplina consumeristica e dei diritti del consumatore, l'avvocato fornisce la propria rappresentanza legale anche a favore di un'associazione a tutela dei consumatori.
Quale esperto di mediazione e conciliazione, l'avvocato è infine un mediatore professionista civile e commerciale.
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