La tutela ambientale: tra passato e transizione economico-sociale

La tutela ambientale: tra passato e transizione economico-sociale

Cosa garantirà il Legislatore a chi, in futuro, sarà costretto a spostarsi a causa della siccità, innalzamento dei mari, caldo e umidità oltre limiti tollerabili?

 

Sommario: 1. Il presupposto dei diritti fondamentali: la salvaguardia dell’ambiente – 2. L’Ambiente nella Costituzione – 3. Breve excursus sull’evoluzione del diritto ambientale – 4. L’ambiente nel 2022: “i diritti del futuro”

 

1. Il presupposto dei diritti fondamentali: la salvaguardia dell’ambiente

“Colui che rispetta l’ambiente salva la terra e non la padroneggia né l’assoggetta”.

Così, il filosofo tedesco Martin Heidegger tratteggia, in modo lapidario, i meriti dell’essere umano che non abusa, bensì cura l’ambiente circostante.

In ecologia[1] l’ambiente, dal latino “ambire”, ossia “circondare”, rappresenta l’insieme dei fattori esterni che influenzano la vita di un organismo.

Si suole distinguere tra ambiente naturale e ambiente antropizzato poiché, nel primo, l’uomo è mero componente passivo, nel secondo invece, a causa delle proprie attività, ne costituisce il principale agente “perturbatore” e “consumatore”.

La recente attenzione rivolta all’attività antropica, impattante negativamente sulle componenti ambientali, pare essere una diretta conseguenza del progresso tecnologico e scientifico, dunque dell’incremento delle capacità di sfruttamento delle risorse, dell’uso ed abuso indiscriminato del paesaggio, del soddisfacimento di bisogni non essenziali e, in generale, delle conseguenze nefaste del modello occidentale di sviluppo.[2] Tanto che, secondo alcuni studiosi, la società moderna pare più minacciata dallo sviluppo insostenibile che dagli attacchi diretti alla libertà individuale.[3]

La giurisprudenza ed il legislatore hanno aderito alla tesi monistica del concetto giuridico di ambiente, rigettando la tesi pluralistica di M.S. Giannini, suo esponente di maggior rilievo, che considera i vari settori ambientali discipline autonome e diversificate.[4]

La precipua definizione di ambiente, in senso giuridico, è costituita dal sistema di relazioni tra fattori antropici, fisici, chimici, naturalistici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali ed economici[5], per cui il diritto dell’ambiente non è suscettibile di essere sussunto in una branca tradizionale del diritto, costituendo una materia poliedrica e trasversale che involge tutte le altre.

2. L’Ambiente nella Costituzione

Sebbene l’ambiente, sino al febbraio di quest’anno, non godeva di protezione costituzionale esplicita, la Carta Costituzionale, grazie anche all’ausilio della giurisprudenza, ha dimostrato di saper resistere all’evoluzione e mutamenti di problematiche ed esigenze, sempre nuove, della società contemporanea.

In merito alla questione de qua si è espressa la Corte Costituzionale, nella pronuncia n.126 del 2016, asserendo che: “sebbene il testo originario della Costituzione non contenesse espressamente l’espressione ambiente, né disposizioni finalizzate a proteggere l’ecosistema, questa Corte con numerose sentenze ha riconosciuto (sentenza n. 247/1974) la preminente rilevanza accordata dalla Costituzione alla salvaguardia della salute dell’uomo e alla protezione dell’ambiente in cui questi vive, quali valori costituzionali primari”.[6]

In particolare, il fondamento costituzionale della tutela ambientale era ravvisato negli artt. 2, 9, 32 e 41 Cost., poiché l’art. 2 Cost. assurge a clausola generale di tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, assicurando una copertura costituzionale anche a diritti di successiva elaborazione, non espressamente menzionati.

Se il presupposto logico indefettibile di qualsiasi diritto fondamentale è la salute, la necessità di salvaguardare l’ambiente coincide perfettamente con l’esigenza di difendere tutti i diritti inalienabili dell’uomo, poiché gli impatti ambientali si riverberano sul diritto alla salute del singolo e, in generale, sul godimento effettivo di tutti i suoi diritti fondamentali.

Forse non è un caso che le Madri e i Padri Costituenti abbiano inserito l’aggettivo “fondamentale” esclusivamente a corredo del diritto alla salute, quale corollario del diritto alla vita, probabilmente con lo scopo di renderlo “primus inter pares” fra i diritti essenziali: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”[7]

Secondo il Ministero della Salute: “l’espressione “diritto alla salute” sintetizza una pluralità di diritti quali il diritto all’integrità psico-fisica e quello ad un ambiente salubre”, nel contempo, la giurisprudenza[8] conferma a più riprese che la tutela della salute è un diritto soggettivo della persona ed un interesse della collettività ad un ambiente salubre, irrinunciabile se si intende prevenire l’insorgenza delle patologie del nuovo millennio.

Si evince così un diritto alla salute proteiforme che riconosce al cittadino una duplice pretesa: negativa, a che i terzi si astengano da comportamenti pregiudizievoli per la sua integrità psico-fisica[9] e positiva a che la Repubblica predisponga gli strumenti necessari a garantirne la tutela.

Ne consegue che, in questo periodo storico, la promozione della qualità ambientale ed il suo bilanciamento con le esigenze dell’economia divengono per le Democrazie contemporanee una finalità di politica sociale.

L’ambiente e, nello specifico, le matrici ambientali, ossia quelle categorie “di elementi fisicamente individuabili che compongono l’ambiente”, rappresentano il valore presupposto di qualunque sistema socio-economico, nonché di ogni diritto prospettabile al suo interno.[10]

Tuttavia, l’ambiente deve intendersi “un bene immateriale unitario, formato da varie componenti, ciascuna delle quali può costituire isolatamente e separatamente oggetto di cura e tutela”.[11] Tale assunto non è fine a se stesso “ma funzionale all’affermazione dell’esigenza sempre più avvertita dell’uniformità della tutela, che solo lo Stato può garantire”.[12]

Indubbiamente, a rafforzare la rilevanza costituzionale della materia ambientale è stata la Legge costituzionale[13] di riforma del titolo V, con cui il termine “ambiente” fa il suo ingresso formale in Costituzione all’art. 117 Cost..

Tale articolo, preposto al riparto delle competenze legislative fra Stato e Regioni, prescrive che la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” è materia di competenza esclusiva della legge statale, ma la “valorizzazione dei beni culturali e ambientali” rientra fra le materie di competenza legislativa concorrente fra Stato e Regioni. In questo modo, la rigidità del riparto viene mitigata dalla necessità di coordinare, sul piano operativo, Stato e Regioni, in ossequio ai principi di sussidiarietà e leale collaborazione.

Da siffatta prospettiva antropocentrica non emergeva però un rilievo autonomo dell’ambiente, quale bene immediatamente meritevole di tutela, anzi, esso era ridotto a mero presidio dei diritti inviolabili dell’individuo.

3. Breve excursus sull’evoluzione del diritto ambientale

Lo sviluppo del diritto ambientale è il risultato di un importante contributo giurisprudenziale che, nel tempo, ha tentato di colmare il perdurante “vulnus” dell’assetto giuridico italiano in materia.

Ad onor del vero, nel nostro ordinamento, non vi sono principi di diritto ambientale che non siano, anzitutto, principi di materia sovranazionale e comunitaria.

È dell’Unione, infatti, il merito di aver acquisito consapevolezza ambientale, averla formalmente recepita, aver messo in luce l’esigenza di contemperare l’espansione economica con una politica ambientale ed, altresì, averla edificata sui virtuosi principi di prevenzione, precauzione, correzione e “chi inquina paga”.

A partire dagli anni Settanta del secolo scorso, al fine sensibilizzare i cittadini europei ed armonizzare le politiche degli Stati membri, l’U.E. ha dato la spinta propulsiva all’adozione di norme e strategie per l’integrazione delle politiche ambientali con quelle di sviluppo economico e sociale, in tutti i suoi settori d’intervento.

D’altro canto, per diverso tempo, l’Italia ha risentito dell’assenza di un disegno normativo razionale ed unitario, cui si è aggiunta la pletora di direttive comunitarie da recepire, sicché la repressione di condotte contrarie alla salvaguardia ambientale si è ancorata a norme non specifiche di altri settori del diritto.

In particolare, la Suprema Corte[14] ha individuato negli artt. 844 c.c. “Immissioni” e 890 c.c. “Distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi”, la cui ratio è bilanciare le esigenze dell’industria con le ragioni della proprietà, il riferimento normativo per la protezione della salute del singolo e dell’integrità ambientale[15], nonostante regolassero esclusivamente il conflitto tra usi proprietari incompatibili di fondi vicini, senza tutelare diritti fondamentali.[16]

Similmente, in ambito penalistico, prima della recente introduzione con la legge n. 68/2015 del reato di “disastro ambientale” all’art. 452 quater c.p., la giurisprudenza ha posto il delitto di disastro innominato, ex art. 434 c.p., a presidio dei fatti più gravi di inquinamento, non rientranti nell’elenco dei disastri “tipizzati” dal codice.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 327/2008, ha descritto il disastro innominato come un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, idoneo a produrre danni e pericoli gravi per l’incolumità di un numero indeterminato di persone, giustificando la compatibilità dell’art. 434 c.p. con il requisito di tassatività delle fattispecie penali, sul presupposto che le norme incriminatrici possono contenere concetti elastici e generali, purché sia possibile attribuirvi un significato univoco e prevedibile.

Un vero e proprio Codice dell’Ambiente o Testo Unico Ambientale entra in vigore solo nel 2006 con il D.lgs. n. 152.

Quest’ultimo, non di rado oggetto di interventi correttivi, riordina e coordina tutte le disposizioni legislative afferenti alla materia ambientale, promuovendo la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni ambientali sotto l’egida dei principi generali di matrice comunitaria.

Posta la rilevanza transnazionale degli illeciti “verdi”, si palesa indispensabile la risposta sanzionatoria prevista dalla L. 68/2015, che introduce nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai “Delitti contro l’ambiente”, i c.d. ecoreati, volti a punire e contrastare condotte criminali che compromettono significativamente l’ambiente.

In questo excursus, riveste importanza anche la L. 132/2016 istitutiva del sistema agenziale, che introduce il Sistema Nazionale a rete per la Protezione Ambientale, preposto a garantire sul territorio nazionale omogenei Livelli Essenziali di Prestazioni Ambientali e composto dall’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca ambientale e le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale.

4. L’ambiente nel 2022: “i diritti del futuro”

Se il diritto è quello strumento con cui l’uomo rincorre, interpreta e governa un reale sempre teso alla metamorfosi, allora non è pensabile lasciare “vulnera” legislativi ed interpretativi in un’organizzazione sociale che persegue fini, ormai, radicalmente mutati.

Ebbene, oggi, anche in materia ambientale, si vede l’affermarsi di iniziative di politica resiliente[17] volte a fronteggiare le emergenti sfide economico-sanitarie, portatrici di un’occasione irripetibile per un “intervento epocale” ed una corretta governance dello sviluppo sostenibile.[18]

Anche in Italia, come in Europa, l’ambiente si sposta, dai margini, al centro del dibattito politico.

L’istituzione nel febbraio 2021 del Ministero della Transizione ecologica[19], con competenza in materia di sviluppo sostenibile, efficienza energetica, economia circolare, transizione ecologica, nonché la predisposizione del PNRR teso a stanziare più di 50 miliardi per la “Rivoluzione Verde e la Transizione Ecologica” sono solo le prime tappe di questi mutamenti epocali.

Il Parlamento finalmente coglie l’opportunità di riflettere in una norma costituzionale, di portata generale e formulazione concisa, vincolante e programmatica, l’aspirazione universalistica allo sviluppo sostenibile, attribuendo all’ambiente non il ruolo di ancella della salute, bensì quello di bene autonomamente meritevole di tutela.

La novella degli artt. 9 e 41 Cost. sancisce, tra i Principi fondamentali, la tutela espressa dell’ambiente, biodiversità, ecosistemi ed animali, mentre, nella Costituzione “economica”, che l’iniziativa non può svolgersi con pregiudizio né dell’utilità sociale, né dell’ambiente.

La ratio della riforma consiste nel considerare quest’ultimo non mera “res” ma valore primario da garantire alle generazioni future.

Si tratta di un ambizioso avanzamento dallo status quo, purché tradotto in politiche tangibili.

Invero, il legislatore non può trovarsi impreparato davanti a fenomeni prima facie ambientali, che sottendono profonde crisi sociali: cosa garantirà a chi, in futuro, sarà costretto a spostarsi a causa della siccità, innalzamento dei mari, caldo e umidità oltre limiti tollerabili?

Secondo l’UNHCR, entro il 2050, circa 250 milioni di persone si sposteranno per i cambiamenti climatici ed una su quarantacinque sarà “migrante climatico”.

A livello internazionale il rifugiato climatico non gode di formale riconoscimento, ma è la Cassazione n.5022/2021 a stabilire il “nucleo ineliminabile costitutivo della dignità personale” quale soglia invalicabile con cui valutare ogni causa, anche il cambiamento climatico, in concreto, idonea ad esporre i diritti fondamentali al rischio di azzeramento o riduzione.

Così risulta indispensabile codificare e tutelare esplicitamente nuovi e costituendi diritti, chiaramente conseguenti ai micro e macro impatti climatici, predisporre strumenti politici di gestione del rischio, con valutazione scientifica obiettiva.

De facto, la riflessione giuridica deve possedere la dirompente attitudine a scandagliare le capacità del sistema normativo di adattarsi ai cambiamenti o rinnovarsi in conseguenza degli stessi, valutando i limiti dell’interpretazione evolutiva di riferimenti normativi coevi.

 

 

 

 

 


[1] La scienza che si occupa del rapporto tra gli organismi viventi e il loro ambiente.
[2] Cfr. S. Grassi, “Principi per la tutela dell’ambiente”, in AA.VV. Scritti in onore di A. Predieri, 1996.
[3] Cfr. K. Bosselmann, “Un approccio ecologico ai diritti umani”, in M. GRECO “Diritti umani e ambiente”, 2000.
[4] Cfr. L. Di Santo e G. Pavone, “Diritto ambientale, profili amministrativi, civili e penali: il caso di Taranto”, Ambientediritto Editore, 2020.
[5] Cfr. art. 5 D.lgs. n. 104/2017 ante modifica del D.lgs. n.104/2017.
[6] Cit. Corte Cost. 01.06.2016, n.126.
[7] Art. 32 Cost.
[8] Consiglio di Stato, Sent. 03.03.2021, n. 1799; TAR Lazio, Sent. 01.2021, n. 896; TAR Sardegna, Ord. 6.10.2011, n. 399.
[9] Cfr. R. Bin e S. Bartole, “Commentario breve alla Costituzione”, CEDAM, 2008.
[10] Cfr. G. Rossi, “Diritto dell’Ambiente”, Giappichelli, 2017.
[11] Cfr. Corte Cost. 30.12.1987, n. 641.
[12] Cit. Corte Cost. 01.06.2016, n.126.
[13] Cfr. Legge Cost. n. 3/2001.
[14] Cfr. Cass. 17.01.2011, n. 939; Cass. 08.03.2010, n. 5564.
[15] Cfr. A. Torrente e P. Schlesinger, “Manuale di Diritto Privato”, Giuffrè.
[16] Cfr. Cass. S.U. 27.02.2913, n. 4848.
[17] Capacità del sistema di resistere a turbamenti in termini di adattamento.
[18] Tipo di sviluppo ove la crescita economica avviene entro i limiti di disponibilità delle risorse e della loro capacità di soddisfare i bisogni delle future generazioni.
[19] In sostituzione del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, istituito con la L. 349/1986.

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Alessia Aversa

Scopre presto la sua passione per la scrittura, così la coltiva iscrivendosi al Liceo Classico. Durante gli studi liceali, viene selezionata per effettuare due brevi programmi operativi nel Regno Unito, tra cui stage lavorativo presso un ufficio di consulenza d'affari. Consegue la maturità classica con il massimo dei voti, elaborando la Tesi: "La parola come strumento di accesso relativistico alla realtà" e dimostrando già un’attenzione particolare per le potenzialità performative delle parole. Frequenta la Facoltà di Legge dell'Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" e sostiene esami extra-curriculari in psicologia sociale e filosofia morale. Consegue la Laurea in Giurisprudenza Magistrale cum laude e menzione alla carriera accademica, discutendo la Tesi in Diritto Processuale Penale: "La manipolazione della memoria del testimone". In quest'ultima confluiscono non solo studi giuridici relativi all'istituto della testimonianza ed alla cross-examination, ma anche studi -da autodidatta- di psicologia della testimonianza, scienza della memoria e neuroscienze. Anche in materia testimoniale, sottolinea la rilevanza delle potenzialità delle parole, in quanto tese alla ricostruzione della verità processuale. Iscritta al Registro Praticanti Avvocati dell'Ordine di Bari, svolge la pratica forense presso uno Studio Legale che opera in ambito civile e penale, fornendo anche consulenza a società.E' selezionata come tirocinante per l'ufficio legale e contenzioso di ARPA Puglia, dove attualmente svolge un'attività intensa e proficua.

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