La tutela cautelare
Come è noto, accanto alla tutela dichiarativa e a quella esecutiva vi è una terza forma di tutela, quella cautelare. Essa si impone quando l’urgenza di provvedere non consente di attendere i lunghi tempi della giustizia ordinaria, quindi tutte le volte in cui vengono a presentarsi situazioni che non potrebbero trovare soddisfazioni in un giudizio che, anche nella sua durata fisiologica, richieda anni per esaurirsi.
Due sono i presupposti fondamentali di tale istituto: il fumus boni iuris e il periculum in mora, con il primo si intende la verosimiglianza di fondatezza del diritto sostanziale per il quale è attivata la tutela cautelare nell’attesa di quella ordinaria, ebbene, il giudice cautelare è tenuto a compiere una delibazione sommaria di attendibilità del diritto mediante un’indagine cognitiva; il periculum in mora, invece, sta ad indicare il rischio nel ritardo, quindi, l’urgenza di provvedere.
Una delle più importanti novità della riforma dell’90 è stata l’introduzione del rito cautelare uniforme disciplinato dagli articoli 669 bis – 669 quaterdecies del codice di rito. Da tutte queste disposizioni emerge come la tutela cautelare sia funzionalmente collegata alla tutela dichiarativa e per questa ragione ne discendono alcune caratteristiche specifiche quali la provvisorietà e la strumentalità; ciò sta a dimostrare che la tutela cautelare, rectius, il provvedimento cautelare, di regola, è destinato ad essere assorbito da un provvedimento dichiarativo.
In altre parole, con il provvedimento cautelare, il giudice non accerta l’esistenza del diritto dal momento che la funzione di accertamento viene svolta solo attraverso il procedimento di cognizione, ed è solo con la sentenza successiva che si potrà stabilire se la situazione di diritto sostanziale sia contra ius ovvero secundum ius.
Per esempio, il giudice concede il sequestro conservativo in attesa che il giudice del procedimento di cognizione accerti se effettivamente esista o meno il diritto di credito, se all’esito accerterà con sentenza l’esistenza del diritto di credito, il sequestro conservativo risulterà sicuramente un provvedimento legittimo; al contrario, se nella sentenza definitiva il giudice dovesse rilevare la non esistenza di quel diritto, a quel punto il sequestro conservativo non solo risulterebbe ingiusto e illegittimo ma si dovrà necessariamente ripristinare la situazione quo ante e, laddove ne ricorrano i presupposti di fatto e di diritto, procedere anche al risarcimento del danno subito.
In virtù dell’art. 669 bis la forma della domanda del procedimento cautelare è il ricorso, il quale dovrà essere depositato presso la cancelleria del giudice competente e dovrà contenere i presupposti tipici. La domanda cautelare può essere proposta sia ante causam che in corso di causa, ciò comporta inevitabilmente una differenza contenutistica in ordine al ricorso: se la domanda cautelare viene richiesta in corso di causa, allora non sarà necessario indicare il diritto soggettivo di cui si richiede tutela, qualora, invece, la stessa domanda venga proposta ante causam, allora il ricorso cautelare dovrà contenere anche la c.d. edictio actionis.
L’articolo 669 ter c.p.c. disciplina, invece, il giudice competente in caso di domanda ante causam: “Prima dell’inizio della causa di merito la domanda si propone al giudice competente a conoscere del merito. Se competente per la causa di merito è il giudice di pace, la domanda si propone al tribunale. Se il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito, la domanda si propone al giudice, che sarebbe competente per materia o valore, del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare. A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento” . L’articolo 669 quater c.p.c. regola il caso in cui la domanda venga proposta in corso di causa: “Quando vi è causa pendente per il merito la domanda deve essere proposta al giudice della stessa. Se la causa pende davanti al tribunale la domanda si propone all’istruttore oppure, se questi non è ancora designato o il giudizio è sospeso o interrotto, al presidente, il quale provvede ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 669 ter. Se la causa pende davanti al giudice di pace, la domanda si propone al tribunale […]”.
La competenza del giudice di merito, dunque, trova le stesse eccezioni nel caso di procedimento ante causam; se pendono i termini per impugnare una sentenza, allora il provvedimento cautelare dovrà essere richiesto al giudice che avrà pronunciato la sentenza impugnabile; se invece la sentenza è già impugnata e pende dinanzi la Cassazione, la domanda dovrà essere proposta al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
Come si articola il procedimento cautelare?
Questo interrogativo trova risposta nell’articolo 669 sexies:”Il giudice sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto, e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda […]”.
Ebbene, dalla lettura di quest’articolo si evince che una fase istruttoria è presente anche se deformalizzata, nella quale sarà possibile utilizzare delle prove atipiche o comunque delle prove che sono atipicamente assunte nel processo, come per esempio una dichiarazione scritta resa da un terzo.
Una volta depositato il ricorso, il giudice fissa, con decreto, l’udienza e l’attore, a sua volta, notifica ricorso e pedissequo decreto alla controparte; vi saranno una o più udienze all’esito delle quali il giudice deciderà, dopo che si sia instaurato il contraddittorio, in ordine alla richiesta che è stata avanzata.
Eccezionalmente può capitare che il provvedimento cautelare venga pronunciato inaudita altera parte, ossia senza che venga previamente instaurato il contraddittorio nei confronti dell’altra parte, come si ricava dall’articolo 669 sexies secondo comma, ciò avviene “quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento […]”, solo in un momento successivo il giudice fisserà un’udienza per poter instaurare il contraddittorio e, in questa, valutare se confermare ovvero rigettare o revocare il provvedimento cautelare che è stato provvisoriamente concesso.
È possibile che il giudice pronunci un provvedimento negativo con cui rigetti la misura cautelare, ex articolo 669 sexies c.p.c, e, sotto il profilo dell’efficacia del provvedimento negativo non vi è alcuna differenza tra il provvedimento che rigetta l’istanza cautelare per ragioni di rito e il provvedimento che rigetta per ragioni di merito.
La differenza, invece, la si coglie tra il provvedimento che rigetta la misura cautelare per incompetenza del giudice adito e tutti gli altri provvedimenti di rigetto; l’ordinanza di rigetto per questioni di rito, non producendo alcun effetto preclusivo, consente sempre la riproposizione della domanda, al contrario, per tutti gli altri provvedimenti di rigetto sarà possibile riproporre la domanda cautelare solo qualora si verifichino mutamenti nelle circostanze, ossia sopravvenienze in fatto e in diritto.
Per quanto riguarda, invece, il rapporto che sussiste tra il provvedimento cautelare e il successivo giudizio di merito, alla luce della strumentalità della tutela cautelare rispetto alla sentenza di merito, è importante soffermarsi sulla distinzione tra i c.d. provvedimenti cautelari conservativi e provvedimenti cautelari anticipatori; mentre i primi continuano ad essere caratterizzati da una forte strumentalità, nei secondi, invece, la strumentalità è attenuata.
Il provvedimento cautelare, in altre parole, per definizione non è idoneo ad essere definitivo sine die, dovrà necessariamente essere conservato da una successiva sentenza di merito, infatti il giudice, una volta accolto un provvedimento cautelare, dovrà fissare un termine perentorio entro il quale dedurre il relativo giudizio di merito.
Questa disciplina oggi è ancora valida per i soli provvedimenti cautelari conservativi; per i provvedimenti cautelari anticipatori il processo di merito non deve necessariamente essere incardinato, è una facoltà delle parti introdurlo dopo aver ottenuto la tutela cautelare, cosicché se il processo di merito non viene introdotto comunque la misura cautelare conserverà i suoi effetti ed è potenzialmente idonea a mantenere la sua efficacia.
Concludendo questa breve riflessione, risulta importante sottolineare come le tutele cautelari costituiscano uno strumento indispensabile, e talvolta unico, per la salvaguardia di diritti non ancora accertati, ma la cui esistenza è dal giudice della cautela ritenuta probabile per consentire che la tutela in via ordinaria non sia, in tutto o in parte, vanificata.
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Caterina D'Antonio
Dott. ssa Caterina D'Antonio, laureata in Giurisprudenza presso l'Università La Sapienza di Roma.
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