La tutela dei soci di minoranza: la clausola di covendita
In ambito societario il legislatore ordinario individua all’interno del codice civile delle norme, quali gli articoli 2355 c.c. e 2355-bis c.c., che delineano le regole caratterizzanti l’attività di circolazione – nonché le limitazioni alla stessa – delle partecipazioni azionarie possedute dai soci all’interno di una struttura societaria. Oltre ai profili strettamente normativi si affianca, tuttavia, la possibilità all’interno dello statuto societario di inserire convenzionalmente delle clausole che costituiscano un’estrinsecazione di quella autonomia contrattuale ex articolo 1322 c.c. che si dirama anche rispetto alla possibilità delle parti private di stabilire liberamente il contenuto di un contratto nei limiti di meritevolezza riconosciuti dall’ordinamento giuridico. Nel novero di tali clausole si può porre l’attenzione rispetto alla cosiddetta clausola di covendita (tag-along), la quale disciplina la circolazione delle partecipazioni societarie, configurando uno strumento di tutela a favore dei soci di minoranza. Infatti, la clausola di tag-along serve funzionalmente ad attribuire un diritto a tali soci di una compagine sociale, prevedendo la co-vendita delle proprie partecipazioni sociali ad un soggetto terzo estraneo alla società che intenda acquistare una partecipazione sociale di maggioranza, beneficiando delle medesime condizioni economiche di vendita concordate dal socio di maggioranza alienante con il suddetto acquirente, sfruttandone di riflesso, la forza contrattuale.
La clausola, quindi, prevede che il terzo acquirente della partecipazione di maggioranza, si renda cessionario anche delle partecipazioni dei soci di minoranza, e determina la sospensione dell’efficacia della vendita azionaria da parte del socio di maggioranza per un certo periodo di tempo, durante il quale i soci di minoranza decidono se accodare, all’alienazione originaria proposta dal socio di maggioranza, anche la vendita delle loro azioni. Nell’ipotesi in cui i soci di minoranza decidano di esercitare tale diritto, verrà definita una nuova proposta di vendita da proporre al terzo acquirente. La clausola offre, dunque, una via di uscita ai soci di minoranza al verificarsi di cambiamenti della compagine sociale, soprattutto quando la loro partecipazione alla società dipenda da rapporti, anche personali, con il socio di maggioranza alienante (il principio del intuitus personae). E’ rilevante poi distinguere se l’inserimento di tale clausola avvenga all’interno dell’atto costitutivo societario acquisendo un’efficacia reale, valevole erga omnes, i cui effetti sono, pertanto, opponibili anche al terzo acquirente. Qualora, invece, la clausola sia inserita in un patto parasociale (2341-bis c.c.), l’efficacia è meramente obbligatoria e vincolante i soggetti aderenti al patto e la sua violazione comporterebbe esclusivamente un diritto al risarcimento del danno da parte degli altri aderenti. Il socio di maggioranza che si impegna affinché il terzo acquirente acquisti anche le quote di minoranza, assume il ruolo di garante e si assume il rischio di inadempimento del terzo, riconoscendo in questo, parte della dottrina prevalente, un’affinità con la disciplina della promessa del fatto del terzo di cui all’art. 1381 c.c., secondo cui “colui che ha promesso l’obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l’altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso”. In tale ultimo caso, il socio di maggioranza, in quanto promittente e garante, è tenuto a versare un’indennità ai soci minoritari nel caso il terzo non acquisti le loro partecipazioni.
In effetti, si ritiene corretto che la clausola tag-along comporti un obbligo in capo al socio di maggioranza alienante, il quale dovrebbe far sì che il terzo acquirente si impegni ad acquistare, alle medesime condizioni, anche le azioni minoritarie, proponendo al socio di minoranza un’offerta di acquisto irrevocabile per un certo periodo di tempo. Se così non fosse, verrebbero meno i benefici offerti dalla clausola in questione, e verrebbe a mancare la sua funzione a tutela dei soci di minoranza. Nel caso il terzo acquirente non intendesse acquistare anche le azioni dei soci di minoranza, è possibile che i soci decidano di proporre allo stesso un’offerta quantitativamente identica a quella iniziale, ma composta, in proporzione, sia da quote del socio alienante sia da quote dei soci co-venditori. In questo modo, i benefici della cessione verrebbero distribuiti in favore di tutti i soci coinvolti. Infine, si ammette la possibilità per i soci di minoranza di cedere l’intero pacchetto azionario, ovvero una parte di esso, calcolato proporzionalmente alle azioni che intende cedere il socio di maggioranza qualora lo stesso non venda tutte le azioni possedute.
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Edoardo Siano
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