La tutela del minore nel processo penale: l’audizione protetta

La tutela del minore nel processo penale: l’audizione protetta

La tutela del minore offeso è garantita attraverso una serie di disposizioni processuali che attengono sia alla fase istruttoria, sia alla fase dibattimentale.

La legge 66/1996 ha previsto esplicitamente il ricorso allo strumento dell’incidente probatorio allorché sia necessario assumere la testimonianza di un minore di sedici anni, in linea con la “Convenzione di Strasburgo del 1996 sull’esercizio dei diritti dei fanciulli”.

Con il comma 1 dell’art. 392 c.p.p., inserito dall’art. 13 della L.66/1996, si prevede una procedura incidentale atipica che permette l’assunzione della testimonianza del soggetto “vulnerabile”, anche al di fuori delle ipotesi previste dallo stesso comma 1, prevedendo una anticipazione della prova svincolata dagli ordinari presupposti di non rinviabilità e pericolo di inquinamento della stessa.

Competerà poi al giudice delle indagini preliminari – laddove accolga la richiesta di incidente probatorio – stabilire, in ragione delle esigenze del minore, il luogo, il tempo e le modalità particolari di esperimento dell’incidente probatorio.

A tal fine, l’art. 14 della L. 66/1996 ha inserito al comma 5 bis dell’art. 398 c.p.p. l’audizione protetta del minore. Secondo tale disposizione l’udienza si può svolgere anche in luogo diverso dal Tribunale, presso strutture specializzate di assistenza (locali muniti di impianti di audio-registrazione e collegati con altri spazi riservati agli osservatori e separati dai primi con appositi specchi unidirezionali) o, in mancanza, presso l’abitazione dello stesso minore.

Le dichiarazioni testimoniali del minore, inoltre, dovranno essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fotografica o audiovisiva e, nel caso di indisponibilità dei relativi strumenti o del personale tecnico, si provvederà con le forme della perizia o della consulenza tecnica.

La legge del 1998 ha aggiunto che per i reati di abuso sessuale, l’esame del minore vittima del presunto reato deve essere effettuato, su richiesta sua o del difensore, mediante l’uso di un vetro a specchio unitamente ad un impianto citofonico (art. 498 co. 4 ter).

Ciò che il legislatore ha voluto evitare con tali disposizioni è la “vittimizzazione secondaria” o “da processo” del minore, intendendo, con tale espressione, riferirsi al “patimento di un nuovo trauma indotto dal processo e connesso alla riedizione del ricordo”. 

L’adozione di speciali modalità protette di assunzione della prova quanto a luogo, ambiente, tempo, nonché a modi concreti di procedere all’esame, non solo non contrasta con le esigenze proprie del processo, ma, al contrario, concorre altresì ad assicurare la genuinità della prova medesima suscettibile, altrimenti, di essere pregiudicata ove si dovesse procedere ad assumere la testimonianza con le modalità ordinarie.

Resta fermo, tuttavia, che l’incidente probatorio, così inteso, rimane pur sempre uno strumento eccezionale. E’, infatti, il dibattimento il luogo deputato alla formazione della prova, in quanto è nell’immediatezza, nella relazione diretta tra la fonte di prova e il giudice che decide, che emerge il più alto livello di garanzia intrinseca del contraddittorio.

Infine, per quanto riguarda la fase del dibattimento, significativo è l’art. 15 della L.66/1996, che ha aggiunto il comma 3 all’articolo 472 c.p.p., stabilendo che si debba procedere sempre a porte chiuse quando la persona offesa è un minorenne: “In tali procedimenti non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa se non sono necessarie alla costruzione del fatto”. 

Tale previsione costituisce una deroga al principio della pubblicità del processo, sempre al fine di tutelare la sfera privata oltre che l’integrità psicologica della persona offesa.


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