La tutela del minore nella crisi coniugale

La tutela del minore nella crisi coniugale

Sommario: 1. Crisi coniugale – 2. Tutela del minore nella crisi coniugale – 3. Conclusioni

 

1. Crisi coniugale

Per definizione di diritto, il rapporto coniugale è “quel rapporto che nasce con il matrimonio e lega marito e moglie e che obbedisce al principio dell’uguaglianza giuridica dei coniugi”.

Anche il rapporto coniugale non è esente da conflitto, e tale conflitto può andare ad incidere oltre che  sugli interessi dei coniugi, ma anche  sulle sfere emotive e relazionali degli altri soggetti che compongono la famiglia, cioè i figli.

Nel momento in cui sorge una conflittualità radicale nel rapporto coniugale viene a verificarsi una disgregazione dell’indirizzo familiare, per questo nemmeno  i minori/ figli coinvolti non sono esenti dagli effetti che la crisi coniugale stessa produce;  e proprio per questo è necessario sempre assicurare risposte concrete e adeguate alle stesse esigenze che riguardano il minore, per il benessere evolutivo dello stesso.

A tal proposito, lo stesso legislatore persegue lo scopo di responsabilizzare i genitori, che ormai non sono più coniugi, davanti ai figli; il ruolo primario nella soddisfazione del bisogno-diritto posto in capo al minore, resta primariamente in capo ai genitori, salvo quando uno di essi o entrambi non sono in grado di assolvere al compito di questo esercizio di responsabilità – ovvero all’esercizio della responsabilità genitoriale – in accordo o anche separatamente, o peggio ancora quando possono attuare condotte pregiudizievoli per i figli.

In quest’ultimo caso l’ordinamento non solo sanziona il genitore o entrambi che attuano delle condotte pregiudizievoli, ma attua un sistema d’interventi in favore del minore attraverso lo Stato nei suoi organi. Tra questi, di maggiore rilievo, sono quelli attuati da parte del giudice, mediante i quali lo stesso giudice va ad agire direttamente e agevolmente sull’andamento della famiglia, eliminandone al contempo gli ostacoli, gli abusi e gli sviamenti che posso incidere sul normale andamento quotidiano e relazionale del minore.

Va in ogni modo chiarito che la stessa responsabilità genitoriale, non è legata al rapporto coniugale, essa esiste comunque e va esercitata congiuntamente o separatamente, salvo quanto espresso dal giudice nella decisione di risoluzione della crisi coniugale (separazione e divorzio).

2. La tutela del minore nella crisi coniugale

Nell’ottica di salvaguardare la posizione del minore nel conflitto coniugale/familiare, il legislatore sancisce la disciplina degli artt.337 bis e ss del codice civile, nello specifico affermando il diritto alla bigenitorialità e il diritto all’ascolto del minore.

In merito al diritto alla bigenitorialità, inserito con la l. n. 54/2006, e arricchito poi con interventi rafforzanti, lo stesso legislatore ha introdotto l’affidamento condiviso, riconoscendo il diritto dei figli ad avere un rapporto equilibrato sia con la madre che con il padre anche dopo la separazione/divorzio – appunto il diritto alla bigenitorialità.

L’affidamento condiviso comporta l’esercizio della responsabilità genitoriale da parte di entrambi genitori, in tutte le decisione che vanno a produrre effetti nella sfera psico-relazionale e materiale del minore; pertanto anche la stessa Suprema Corte, in merito ad esso, ha tenuto ad affermare che “…lo stesso affidamento condiviso, si presenta non come evenienza residuale, bensì come regola, rispetto alla quale costituisce, invece, ora eccezione la soluzione dell’affidamento esclusivo”[1].

Il sanzionamento può avvenire verso uno dei genitori, in caso di condotta pregiudizievole, portando al cambiamento del regime di affidamento da condiviso a esclusivo, affidando il minore al genitore, ritenuto più idoneo all’esercizio della responsabilità genitoriale; mentre il sanzionamento verso entrambi i genitori avviene per intervento del giudice, applicando gli interventi previsti dall’ordinamento. In particolare, nomina di un curatore speciale, decadenza della responsabilità genitoriale (dagli artt 330 e 333 c.c.)  e nei casi più gravi allontanamento dalla casa familiare del minore e collocazione  presso una struttura protetta, con  conseguente nomina di un tutore ( art 403 c.c.; 346 c.c.).

Quindi il diritto alla bigenitorialità, necessita di una visione integrata dal perseguimento e realizzazione concreta dell’interesse superiore del minore, e porta con sé il riferimento al benessere del minore in senso ampio in quanto implica la considerazione delle esigenze materiali, fisiche ed emotive, nonché il bisogno di affetto e di sicurezza del minore stesso[2].

L’altro strumento, messo a disposizione da parte del legislatore a tutela del minore davanti alla crisi coniugale, è l’ ascolto del minore.

Va tenuto conto che nei procedimenti separativi, il minore è ritenuto parte sostanziale del procedimento, in quanto anch’esso portatore di propri interessi i quali sono diversi da quelli dei genitori. Ma, poiché gli effetti prodotti dai procedimenti  separativi si ripercuotono comunque nella sfera del minore, la tutela dello stesso si realizza attraverso i poteri del giudice, il quale, nella situazione di risoluzione della crisi coniugale con annessa adozione di eventuali provvedimenti, dispone appunto l’ascolto del minore di anni dodici, o infra dodicenne, qualora il minore abbia capacità di discernimento.

L’ascolto del minore esprime tre istanze primarie della persona – quale il minore – istanze peraltro di rilevanza costituzionale, che riguardano condizioni esistenziali di vita: libertà di espressione e manifestazione del proprio pensiero, tutela della salute e perseguimento dello sviluppo psico-fisico del minore[3].

L’ascolto del minore viene riconosciuto con la l. 176/1991 che ha ratificato nel nostro ordinamento la Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 1989.  Tale Convenzione, nel consacrare in capo al minore vari diritti, ha consacrato anche il diritto del minore ad essere ascoltato in tutte le procedure che lo riguardano, tra cui anche i procedimenti di separazione e divorzio dei coniugi. Inoltre, con la Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata nell’ordinamento italiano con la l. 77/2003, si è andato a consolidare il diritto al minore ad essere ascoltato ed informato sui procedimenti che lo vedono coinvolto.

Nell’ottica di questa regolamentazione, il giudice, per perseguire l’ interesse superiore del minore, non può non valutare il suo punto di vista attraverso l’ascolto dello stesso; con questa esigenza è stato inteso dare tutela al minore  prima dell’emanazione di ogni provvedimento che lo vede coinvolto e che può produrre effetti nella sfera personale del minore stesso, con particolare riguardo proprio alle condizioni determinatesi a seguito della disgregazione del nucleo familiare.

Anche la Suprema Corte, a più riprese, ha ribadito quanto sia necessario l’adempimento  dell’audizione del minore:

– Sentenza n. 1474 del 25 gennaio 2021, la Suprema Corte afferma in tema di provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori: “ … l’audizione del minore dodicenne o infra dodicenne, qualora abbia capacità di discernimento, costituisca un adempimento previsto a tutela del contraddittorio e del giusto processo, nonché a pena di nullità, salvo che il giudice ritenga di ometterlo dando specifica motivazione come previsto da obbligo o vada in contrasto con l’interesse superiore del minore stesso”[4].

– Sentenza n. 22238 del 21 ottobre 2009, la Suprema Corte afferma: “ … la mancata audizione dei figli, in un procedimento destinato a regolare in via esclusiva o prevalente interessi primari dei minori, che sono da considerarsi parti in senso sostanziale del processo ai sensi della sentenza n. 1 del 2002 della Corte Costituzionale, determina la violazione dei principi del giusto processo”[5].

3. Conclusioni

In conclusione, viene mostrato in questo lavoro che la responsabilità genitoriale si disancora dal rapporto coniugale.

Inoltre viene imposta, in capo ai genitori, una responsabilizzazione davanti ai propri figli – imposta non solo dalla legge, ma, anche dalla morale stessa della persona – anche quando essi non sono più coniugi.

Tale responsabilizzazione richiede che, seppur il rapporto di coniugo si sia disciolto, i genitori sono chiamati comunque a cooperare e collaborare per il perseguimento dell’interesse superiore del minore, e quando questi non sono in grado di perseguire la strada della collaborazione, è molto importante che a tutelare l’ interesse superiore del minore, vi sia l’ intervento del giudice che, attraverso il suo ruolo e i suoi poteri, sappia ascoltare le istanze del minore – qualora sia in possesso della capacità di discernimento -. Infatti è proprio il minore che, attraverso le proprie manifestazione e le proprie opinioni, rappresenta il primo soggetto in grado di esprimere quale sia il miglior interesse che lo riguarda.

 

 

 

 

 

 


[1] Cass.,17 dicembre 2009, n. 26584.
[2] P. TONTOLI, “L’ascolto del minore”, Tesi di Laurea presso Università degli Studi del Sannio, anno 2024.
[3] P. Tontoli, “ L’ ascolto del minore”, Tesi di Laurea presso Università degli Studi del Sannio, Anno 2024.
[4] Cass., 25 gennaio 2021, n. 1747, in De Jure Online.
[5] Cass., 21 ottobre 2009, n. 22238, in De Jure Online.

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Dott. Pino Tontoli

Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Giurisprudenza presso Università degli Studi del SannioMateria di Competenza - Diritto di Famiglia e Minorile ( Area Civilistica)

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