La tutela della vittima del reato e l’audizione della persona offesa “vulnerabile” in sede di incidente probatorio

La tutela della vittima del reato e l’audizione della persona offesa “vulnerabile” in sede di incidente probatorio

Sommario: 1. Introduzione – 2. L’audizione della persona offesa vulnerabile a seguito dell’adeguamento dell’Italia alla Direttiva 2012/29/UE – 3. L’incidente probatorio ex art 392, co. 1 bis, c.p.p. – 4. Conclusioni

 

1. Introduzione

La necessità di tutelare la persona offesa, con particolare riguardo alle vittime di reati violenti e lesivi della libertà personale e sessuale, ha assunto, negli ultimi anni, un rilievo sempre crescente all’ interno del procedimento penale italiano, anche grazie al forte impulso determinato dalla valorizzazione del ruolo della vittima in sede europea ed internazionale

Il riconoscimento di maggiori prerogative processuali, in capo al soggetto passivo del reato, rappresenta una vera e propria rivoluzione all’interno di un sistema di stampo accusatorio, quale quello italiano, fondato sul rapporto antitetico tra l’imputato ed il Pubblico Ministero.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10959 del 2016, hanno evidenziato come, in tale ottica, le disposizioni di diritto internazionale pattizio abbiano svolto un importante ruolo di sollecitazione e cogenza nei confronti del legislatore nazionale, spronandolo, da un lato, ad una maggiore attenzione alla protezione della persona offesa in via generale e, dall’altro, ad una tutela privilegiata in favore degli offesi vulnerabili e delle vittime di specifici reati particolarmente lesivi dell’integrità fisica e morale della persona[1].

Il Legislatore, recepiti tali impulsi, è intervenuto nel corso degli anni, al fine di garantire, alle vittime di delitti di violenza contro la persona, delle speciali forme di protezione, in particolar modo, nel momento in cui le stesse si trovino a deporre in relazione ai fatti di reato subiti.

La ratio, perseguita dalle novelle legislative, si sostanzia nella volontà di evitare a tali soggetti la c.d. “vittimizzazione secondaria”, la quale – citando testualmente le parole dei giudici della Corte Costituzionale – si sostanzia in quel processo che porta la vittima, durante la sua audizione a rivivere i sentimenti di paura, di ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto” (Corte Cost., sent., n. 92/2018)[2].

Il codice penale prevede due distinte categorie di soggetti rientranti nella nozione di persona offesa “vulnerabile”, alle quali sono state accordate delle speciali modalità di audizione: il minorenne e la persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità, determinata, quest’ultima situazione, dalla tipologia di reato per il quale di procede ovvero dalle specifiche indicazioni fornite dall’art. 90, quater, c.p.p.[3].

L’esame delle suddette tipologie di soggetti dovrà svolgersi mediante forme che riescano a proteggere i loro diritti e a rendere genuine le dichiarazioni dagli stessi fornite.  L’audizione dovrà, pertanto, avvenire mediante l’ausilio di un esperto in psicologia o psichiatria e, in determinate circostanze, la deposizione dovrà essere sottoposta a registrazione fonografica o audiovisiva ed, eventualmente, la stessa dovrà essere resa con l’impiego del vetro-specchio, con impianto citofonico.

2. L’audizione della persona offesa vulnerabile a seguito dell’adeguamento dell’Italia alla Direttiva 2012/29/UE

Il d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212, pubblicato sulla G.U. n. 3 del 5 gennaio 2016, recante: «Attuazione della Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI», ha introdotto una serie di importanti e rilevanti novità sul piano dell’audizione delle persone offese da reati quali la violenza sessuale, gli atti persecutori ed i maltrattamenti contro familiari e conviventi.

Le modifiche apportate agli artt. 190-bis, comma 1-bis, 351, comma 1-ter, 362, comma 1-bis, 392, comma 1-bis, 498, comma 4-quater, nonché dall’introduzione dell’art. 398, comma 5-quater, c.p.p. rappresentano un significativo passo avanti nella tutela della vittima vulnerabile, per troppo tempo lasciata ai margini del procedimento penale.

Nello specifico, l’art.351 comma 1- ter c.p.p, ha stabilito che nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis del codice penale, l’escussione del minore vulnerabile da parte della Polizia Giudiziaria debba avvenire alla presenza di un dottore in psicologia o psichiatria infantile nominato dal Pubblico Ministero. La medesima tutela viene, altresì, accordata dall’art. 362 c.p.p., comma 1-bis, nel momento in cui stabilisce che nei procedimenti per i suddetti delitti, il Pubblico Ministero, quando deve assumere informazioni da persone minori o da una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità., debba avvalersi dell’ausilio di un esperto di psicologia o psichiatria. In ogni caso la legge impone che sia assicurato che la persona offesa particolarmente vulnerabile, in occasione della richiesta di sommarie informazioni, non abbia contatti con l’indagato e che non sia chiamata più volte a rendere le suddette dichiarazioni, salvo non risulti strettamente necessario ai fini dell’indagine.

3. L’incidente probatorio ex art 392, co. 1 bis, c.p.p.

Il sistema processuale italiano, fondato sulla netta separazione tra la fase delle indagini preliminari e la successiva fase del giudizio, costringe la vittima di gravi reati contro la persona a dover fornire una pluralità di dichiarazioni, durante le quali, è costretta a rivivere ed esternare ad estranei le violenze patite e perfino, talvolta, a dover deporre alla presenza dell’autore del reato.

Tale circostanza ha indotto il Legislatore a derogare al principio secondo cui la prova si forma in sede dibattimentale, estendendo la portata di adoperabilità dello strumento dell’incidente probatorio.

L’ampliamento delle condizioni applicative dell’istituto de quo è stato dapprima indirizzato all’audizione delle persone offese a vulnerabilità c.d. presunta, quelle vittime di reati traumatici espressamente e specificamente individuati negli artt.351 comma 1- ter e 392 comma 1-bis c.p.p e, successivamente, è stato ampliato anche alle persone offese a vulnerabilità c.d. atipica, ovvero quei soggetti versanti in condizione di particolare vulnerabilità, indipendentemente dalla tipologia di reato per il quale si procede.

Come noto, l’incidente probatorio nasce con la funzione di anticipare l’acquisizione e la formazione della prova nei «casi tassativi di non rinviabilità al dibattimento» previsti dal primo comma dell’art. 392 c.p.p. La possibilità di ricorrere a detto istituto – data la sua eccezionalità – è stata per molto tempo riservata ai soli casi in cui sussisteva un concreto e reale pericolo di dispersione e/o di compromissione della prova da acquisire nel periodo intercorrente tra le fasi dell’indagini ed il dibattimento.

Nel caso, però, in cui il procedimento riguardi delitti particolarmente violenti contro la persona, inficianti drammaticamente la loro sfera personale e/o sessuale – siano esse minorenni oppure maggiorenni – il Legislatore è intervenuto prevedendo la possibilità di utilizzare lo strumento dell’incidente probatorio anche al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dal comma 1 dell’art. 392 c.p.p., e pertanto, anche fuori dai casi di non rinviabilità o di pericolo di inquinamento probatorio.

Nello specifico, l’art. 392 c.p.p., comma 1 bis, introdotto nel codice di rito dalla L. 15 febbraio 1996, n. 66 (recante norme contro la violenza sessuale), da ultimo sostituito dalla L. 1 ottobre 2012, n. 172,  prevede che nei procedimenti relativi a specifici reati (ovvero quelli di cui agli artt. 572, 600, 600-bis, 600-ter, 600 quater, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609 quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis c.p.), il Pubblico Ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possano chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi del comma 1.

La disposizione, integrata dal D.Lgs. n. 15 dicembre 2015, n. 212, aggiunge che si possa procedere nelle medesime forme “in ogni caso” in cui la persona offesa versi “in condizione di particolare vulnerabilità“, ciò vale a dire indipendentemente dal reato oggetto di indagine.

Quest’ultima tipologia di vittime vulnerabili, definite “atipiche”, rappresentano una categoria di persone da individuare in concreto sulla scorta delle indicazioni fornite dall’art. 90 quater c.p.p., il quale fornisce gli indici sintomatici e rivelatori affinché una persona offesa possa godere delle predette forme di audizione.

In relazione al profilo soggettivo, la condizione de qua è desunta, oltre che dall’età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, altresì, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede.

Sotto un profilo oggettivo, per la valutazione della particolare vulnerabilità, è necessario analizzare se il fatto risulti commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se sia riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizzi per finalità di discriminazione e se la persona offesa sia affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato.

Nei casi ricompresi nel comma 1 bis dell’art. 392 c.p.p., l’esame della persona offesa vulnerabile dovrà essere effettuato a mezzo di modalità protette. La testimonianza dovrà essere registrata ed essere, eventualmente, resa in strutture specializzate; dovrà essere, altresì, impiegato il vetro – specchio e se l’esaminato è un minore o un infermo di mente, le domande dovranno essere poste direttamente dal Giudice. L’incidente probatorio dovrà tenersi con speciali modalità atte ad evitare, in ogni caso, il contatto diretto con altri soggetti del procedimento, in particolar modo con l’indagato o imputato.

L’incidente probatorio rappresenta, altresì, l’ultimo momento utile all’ audizione della vittima vulnerabile, stante lo sbarramento della riedizione dibattimentale della testimonianza sui medesimi fatti ai sensi dell’art.190 bis comma 1- bis c.p.p.  In tale circostanza, l’esame del soggetto ascoltato mediante l’incidente probatorio è ammesso solo laddove riguardi fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni, ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengano necessario sulla base di specifiche esigenze. 

Sul punto, la Corte di Cassazione, con l’importante sentenza n. 34091 del 2019, ha posto l’accento sulla validità dell’incidente probatorio, anzitutto come utile strumento finalizzato ad una maggior protezione della vittima di reati violenti e lesivi della libertà personale e sessuale al fine di evitarne la c.d. vittimizzazione secondaria “da processo”, in secondo luogo, ha evidenziato come tale istituto tenda anche a salvaguardare, per quanto possibile, la genuinità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, specialmente laddove queste rappresentino la principale prova d’accusa[4].

4. Conclusioni

Sulla scorta delle riforme richiamate, appare evidente come il Legislatore, tramite il progressivo ampliamento del campo di applicazione dell’istituto dell’incidente probatorio, abbia voluto valorizzare il ruolo della persona offesa ed abbia dato rilievo alle sue condizioni personali. Le norme che consentono l’attivazione di queste speciali modalità di protezione non sono, però, solo poste a tutela degli interessi del dichiarante, ma sono rivolte a preservare, altresì, la genuinità della prova.

Le modalità di assunzione della testimonianza incidono, infatti, sui processi di riedizione del ricordo e sull’attendibilità della prova testimoniale, sicché l’audizione in ambiente inidoneo e con modalità non adeguate, potrebbero determinare importanti ripercussioni non soltanto sulla sfera personale della persona offesa, ma anche sulla affidabilità della prova dichiarativa dalla stessa resa.

La ratio sottesa agli interventi legislativi ivi analizzati appare, pertanto, duplice.

Da un lato,  il Legislatore, in ossequio alla normativa sovranazionale, ha incentivato la tutela delle vittime di reati quali la violenza domestica, le condotte persecutorie ed altre gravi forme di aggressione della personalità e libertà che coinvolgono la sfera sessuale, sfruttando mezzi già esistenti, quale quelli dell’incidente probatorio e dell’audizione protetta, atti ad essere meno invasivi sul piano emotivo della persona offesa, già costretta, durante l’intero procedimento, a rivivere i traumi e le sofferenze patite.

Dall’ altro lato, sussistono esigenze di carattere prettamente processuale, in quanto l’istituto di cui all’art. 392, co. 1 bis, c.p.p. appare idoneo ad ottimizzare la formazione e l’acquisizione della prova.

Anticipare l’ascolto del minore o dell’offeso vulnerabile, in un ambiente idoneo e più intimo di quello rappresentato dal pubblico dibattimento, può preservare la genuinità delle dichiarazioni rese da tali soggetti rispetto ad eventuali fattori di condizionamento esterno ed è, inoltre, utile a vagliare la credibilità della deposizione, prima che la memoria del dichiarante subisca irreparabili deformazioni, dovute al trascorrere del tempo.

Le riforme, susseguitesi negli anni, segnano i primi passi di un lungo e travagliato cammino volto a considerare la persona offesa come vera e propria parte del processo, quand’anche ella decida di non costituirsi parte civile per il risarcimento dei danni patiti.

Il soggetto passivo del reato non può e non deve essere, infatti, ridotto a mero detentore di interessi civilistici, ma deve finalmente poter entrare a far parte, in prima persona, della dialettica processuale, a tutela della propria integrità psico-fisica e della propria dignità e libertà.

 

 

 

 


[1] Cass., SS.UU., sent. 29 gennaio 2016 (dep. 16 marzo 2016), n. 10959, Pres. Canzio, Rel. Bianchi.
[2] Corte Cost., sent.  21 febbraio 2018 (dep. 27 aprile 2018), n. 92, Pres. Lattanzi, Rel. Modugno.
[3] L’art. 90, quater c.p.p., inserito dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212, afferma che: ”la condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa è desunta, oltre che dall’età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede. Per la valutazione della condizione si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato”
[4] Cass., sez. III, sent. 16 maggio 2019 (dep. 26 luglio 2019), n. 34091, Pres. Rosi, Est. Reynaud

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