La valenza ingannatoria del silenzio nel reato di truffa

La valenza ingannatoria del silenzio nel reato di truffa

Con il recente intervento degli Ermellini in tema di truffa〈1〉, i Giudici di piazza Cavour tornano a far luce sul troncone oggettivo del reato di cui all’art. 640 c.p., con riferimento specifico alla condotta dell’agente qualificabile in termini di “raggiro” in danno della vittima.

Al riguardo, giova senz’altro ricordare come il delitto in parola, reato comune posto a presidio del patrimonio, punisce “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.

Due, pertanto, i comportamenti astrattamente idonei ad integrare l’ipotesi di reato: artifizio e raggiro.

L’artifizio può essere definito come quell’espediente a mezzo del quale il soggetto attivo, alterando la realtà fenomenica, alimenta nella persona offesa una rappresentazione della stessa non rispondente al vero, traendola così in inganno.

Il raggiro, invece, indica quel comportamento, per lo più di natura verbale, tenuto nei confronti di un determinato soggetto e ispirato da astuzia o ingegnosità e allo sfruttamento dell’altrui ingenuità o buona fede, che determina nel destinatario una falsa rappresentazione della realtà: mediante tale condotta, l’agente induce la vittima a fare ciò che normalmente non farebbe allo stesso modo, e ciò al fine di trarne un indebito vantaggio.

A questo punto il quesito: può il silenzio qualificarsi nell’uno o nell’altro senso testé richiamato?

La questione giuridica prende le mosse dalla mancata comunicazione da parte di Tizio, medico ospedaliero in regime intra moenia, in favore dell’ente pubblico di appartenenza circa lo svolgimento di attività privata svolta da parte del sanitario, in tal modo inducendo l’ente stesso a provvedere in suo favore alla corresponsione dello stipendio maggiorato dell’indennità di esclusiva.

A ben vedere, il raggiro, a differenza dell’artifizio che comprende una condotta attiva, può indicare anche un comportamento non necessariamente verbale, e quindi anche silenzioso, sebbene ispirato ad astuzia tale da sorprendere la buona fede altrui ed indurre, con il concorso di altre condotte attive, l’altro contraente a determinarsi in un modo diverso rispetto a come farebbe in condizioni normali.

Il solco così delineatosi, seppur assai angusto, risulta l’unico idoneo ad essere indagato al fine di comprendere se e in quali termini il silenzio possa essere considerato raggiro nel senso indicato dalla norma penale.

Richiamando un orientamento espresso in seno a parte della dottrina, per la Suprema Corte al silenzio può essere riconosciuto rilievo sulla base della teoria del “comportamento concludente”, distinguendo così tra mera omissione, inidonea a costituire un artificio o raggiro penalmente rilevante, dal silenzio che invece assume, per il contesto fattuale in cui è calato, carattere – per l’appunto –  concludente.

Imprescindibile, pertanto, rapportare il comportamento in parola al contesto e alle concrete circostanze del caso, posto che l’interferenza di tali fattori è in grado di far assumere al silenzio veste diversa, di comunicazione implicita, finendo così per acquisire un rilievo penalistico ad hoc in termini di condotta positiva2.

Ragionare in questi termini consente di distinguere, pertanto, tra il silenzio inerzia ed il silenzio eloquente.

A differenza del primo, il silenzio eloquente assume vero e proprio valore dichiarativo, munito di specifica significatività proprio in virtù delle circostanze del fatto storico che contribuiscono a colorare la condotta silente dell’agente in termini di contegno commissivo. Solo in questo senso è possibile scorgere, dietro la cortina del silenzio, «un determinato atteggiamento fraudolentemente preordinato ad ingannare l’altro contraente», atteso che in tal modo «acquisisce un più pregnante significato comunicativo quale silenzio qualificato, proprio in quanto corredato da un quid pluris e, dunque, rileva come comportamento concludente, idoneo ad ingannare la persona offesa»3.

Un contegno psichico attivo, dunque, secondo la Corte, tipico e penalmente rilevante ai fini dell’integrazione dell’ipotesi di truffa.

Queste le coordinate essenziali che hanno portato a ritenere, nel caso di specie sopra menzionato, Tizio autore di una condotta truffaldina perpetrata, attraverso il silenzio, in danno dell’ASL.

L’elusione del sistema C.U.P. in ordine alle prenotazioni mediante appuntamenti diretti, unitamente al versamento della parcella direttamente nelle mani del sanitario per la prestazione svolta, rappresentano, a ben vedere, quelle condotte aggiuntive nel senso sopra esposto che si aggiungono al silenzio malizioso, divenendo così quest’ultimo contegno artificioso idoneo a circuire la parte offesa.

A parere di chi scrive, l’operazione ermeneutica compiuta dalla giurisprudenza di legittimità è meritevole di essere accolta con favore.

Fermo restando il dovuto ossequio al principio di tassatività in materia, è giusto propendere per un’interpretazione estensiva del precetto penale di cui all’art. 640 c.p., in grado di abbracciare ogni espediente malizioso idoneo ad indurre taluno in inganno, anche in caso di silenzio.

 

 

 

 

 

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〈1〉 Cass. pen., sez. II, 16 novembre 2023, n. 46209.
〈2〉 In altri termini, il concorso di fattori ulteriori rispetto al silenzio sono in grado di trasformare quest’ultimo in un fatto concludente idoneo ad ingannare la vittima.
〈3〉 Cass. pen., sez. II, 16 novembre 2023, n. 46209. L’impostazione de qua è in linea con la giurisprudenza consolidata in materia di pagamento della merce con assegno scoperto ed a quella che fissa i criteri distintivi tra i reati di truffa aggravata e di indebita percezione di erogazioni pubbliche (cfr. Cass. pen., sez. II, 26 maggio 2023, n. 26190; Cass. pen., sez. II, 22 giugno 2023, n. 38716).

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Avv. Giovanni Ciscognetti

Nato nel 1992, ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo con il Prof. Vincenzo Maiello una tesi in Diritto Penale dal titolo "Le circostanze del reato". È iscritto all'Albo degli Avvocati di Napoli. È attualmente membro della Scuola Forense Enrico De Nicola.

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