La violenza di genere: un mostro con più volti
La violenza di genere può manifestarsi in differenti modi. Di seguito saranno analizzate le forme di violenza domestica, fisica, sessuale, psicologica, economica e digitale.
Per violenza di genere – ai sensi della Direttiva 2012/29/UE, considerando 17 – s’intende “la violenza diretta contro una persona a causa del suo genere, della sua identità di genere o della sua espressione di genere o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere. Può provocare un danno fisico, sessuale, emotivo o psicologico, o una perdita economica alla vittima. La violenza di genere è considerata una forma di discriminazione e una violazione delle libertà fondamentali della vittima e comprende la violenza nelle relazioni strette, la violenza sessuale (compresi lo stupro, l’aggressione sessuale e le molestie sessuali), la tratta di esseri umani, la schiavitù e varie forme di pratiche dannose, quali i matrimoni forzati, la mutilazione genitale femminile e i cosiddetti «reati d’onore»”.
La medesima Direttiva UE, al considerando 18, definisce come violenza nelle relazioni strette “quella commessa da una persona che è l’attuale o l’ex coniuge o partner della vittima ovvero da un altro membro della sua famiglia, a prescindere dal fatto che l’autore del reato conviva o abbia convissuto con la vittima. Questo tipo di violenza potrebbe includere la violenza fisica, sessuale, psicologica o economica e provocare un danno fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche.
Ancora, si precisa che: “La violenza nelle relazioni strette è un problema sociale serio e spesso nascosto, in grado di causare un trauma fisico e psicologico sistematico dalle gravi conseguenze in quanto l’autore del reato è una persona di cui la vittima dovrebbe potersi fidare. Le vittime di violenza nell’ambito di relazioni strette possono pertanto aver bisogno di speciali misure di protezione. Le donne sono colpite in modo sproporzionato da questo tipo di violenza e la loro situazione può essere peggiore in caso di dipendenza dall’autore del reato sotto il profilo economico, sociale o del diritto di soggiorno“.
Necessaria alla comprensione delle varie forme di violenza è anche la Convenzione di Istanbul, un trattato internazionale, ratificato dall’Italia con L. n. 77/2013, adottato nell’ambito del Consiglio d’Europa nel 2011, per la prevenzione e la lotta contro la violenza di genere.
Rimanendo nel concetto della violenza nelle relazioni strette di cui sopra, la Convenzione, all’art. 3, definisce con l’espressione violenza domestica “tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner“.
Proprio la violenza domestica, cioè quella che avviene tra le mura, è quella più diffusa tra le varie forme di violenza. Secondo l’aggiornamento ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) è pari al 62,7%.
Ciò non toglie che la violenza di genere viene agita in molti modi e, pertanto, risulta necessario un approfondimento delle varie tipologie di violenza, secondo l’ordinamento internazionale.
– Violenza fisica
Rappresenta qualsiasi forma di aggressione o maltrattamento e spesso viene agita con la forza. Tale tipo di violenza è oggetto di repressione all’art. 35 della Convenzione di Istanbul.
– Violenza sessuale
Consiste in qualsiasi imposizione di atti sessuali senza il consenso della persona. La Convenzione di Istanbul, all’art. 36 stabilisce che “Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per perseguire penalmente i responsabili dei seguenti comportamenti intenzionali: a. atto sessuale non consensuale con penetrazione vaginale, anale o orale compiuto su un’altra persona con qualsiasi parte del corpo o con un oggetto; b. altri atti sessuali compiuti su una persona senza il suo consenso; c. il fatto di costringere un’altra persona a compiere atti sessuali non consensuali con un terzo“.
Ancora: “il consenso deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto“.
– Violenza psicologica
Consiste in atti diretti a umiliare, sminuire o denigrare la persona destinataria degli stessi. Nella concezione di violenza psicologica vi rientrano minacce, offese, insulti, atti manipolatori e altri comportamenti simili, diretti a distruggere l’autostima, isolare la persona o limitarla nel tempo e nello spazio.
La Convenzione di Istanbul, all’art. 33, in riferimento alla violenza psicologica, stabilisce che “Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per penalizzare un comportamento intenzionale mirante a compromettere seriamente l’integrità psicologica di una persona con la coercizione o le minacce“.
– Violenza economica
Più volte menzionata nella Convenzione, consiste nel comprimere la libertà personale della persona che vive tale violenza, mediante atti finalizzati a mantenere la stessa in una posizione di subordinazione, impedendole – mediante il controllo degli di risorse economiche – l’accesso ai mezzi necessari per l’indipendenza. Tale limitazione, subdola e molto diffusa, impedisce alle persone che si ritrovano anche in altri tipi di violenza, di resistere o fuggire.
– Violenza digitale
Un altro tipo di violenza, non menzionata nella Convenzione di Istanbul, è la violenza digitale. Tale tipo di violenza può essere attuato mediante vari mezzi, tra cui: stalkerware (applicazioni utilizzate per controllare a distanza le attività di dispositivi digitali); cyberstalking (l’utilizzo di strumenti informatici o digitali per la commissione di atti persecutori); diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, mediante strumenti informatici o telematici (di cui all’art. 612ter c.p.); doxxing (diffusione di informazioni personali di una persona attraverso piattaforme strumenti telematici).
Mai come al giorno d’oggi tali strumenti, internet in generale e i social media nello specifico, sono (i) molto invasivi, in quanto consentono un più facile accesso e un maggiore controllo sui contenuti presenti e divulgati, e (ii) profondamente lesivi, in quanto permettono una capillare e incontrollata diffusione dei contenuti con una rapidità e un raggio d’azione molto rilevanti.
Tale specifico utilizzo dei mezzi informatici consente una trasposizione della violenza dall’offline all’online, accentuando la portata di quella che viene definita violenza digitale di genere e che ha visto un notevole ampliamento soprattutto durante il lockdown, come si evince dal Report pubblicato il 25 novembre 2020, dal Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza.
In conclusione, è fondamentale conoscere i vari volti della violenza, per poter attuare programmi di educazione alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere. Sembrerebbe doveroso, poi, porre maggiore attenzione sulla violenza digitale, essendo, al giorno d’oggi, la sua manifestazione molto invasiva della sfera di quotidianità di ogni persona.
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Dottoressa in Giurisprudenza abilitata alla professione forense. Ha conseguito un Master in Studi e Politiche di Genere, con una tesi sulla diffusione non consensuale di materiale intimo. Crea contenuti legali per Chayn Italia ed è membro della Redazione de Il ControVerso. Scrive di diritto e tematiche di genere.