L’aggravante dell’agevolazione mafiosa è estensibile al concorrente che non l’abbia condivisa?

L’aggravante dell’agevolazione mafiosa è estensibile al concorrente che non l’abbia condivisa?

Con la sentenza n. 8545/2020, le Sezioni Unite della Cassazione hanno messo in discussione il tradizionale criterio discretivo, imperniato sulla natura oggettiva o soggettiva della circostanza, rilevante ai fini dell’applicazione del principio di non comunicabilità delle circostanze soggettive ai concorrenti.

Nel caso sottoposto alla Suprema Corte era sorto il problema dell’estensione dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa ex art. 416 bis.1 cp al soggetto che avesse concorso con altri ex art. 110 cp nella realizzazione di determinati reati (quali usura, tentata estorsione, ecc.), per essersi prospettato il medesimo – benché non l’avesse condivisa – la finalità agevolatrice in favore di un’organizzazione mafiosa. Finalità agevolatrice che, invece, aveva pienamente sorretto la condotta degli altri correi ai quali l’aggravante era stata applicata.

La Suprema Corte qualifica, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, la circostanza aggravante ex art. 416 bis.1 cp come circostanza soggettiva inerente ai motivi a delinquere. L’attribuzione di una natura oggettiva alla circostanza avrebbe avuto come effetto, infatti, quello del rischio di un’obliterazione dell’accertamento dell’elemento psicologico della stessa, in quanto quest’ultimo si sarebbe incentrato su una verifica a posteriori della sussistenza o meno di una utilità per l’organizzazione criminale.

Trattandosi di una circostanza soggettiva, essa avrebbe potuto applicarsi, secondo la tradizionale impostazione, solo al soggetto a cui la medesima fosse stata riferibile, con conseguente non estensibilità ai concorrenti. Quindi, nel caso di specie, non avrebbe potuto esser applicata al concorrente che, benché se la fosse rappresentata, non l’avesse condivisa.

Tale esito interpretativo costituisce applicazione del principio di non comunicabilità delle circostanze soggettive ai concorrenti, il quale è stato ricavato dalla dottrina e dalla giurisprudenza da una lettura a contrario della norma di cui all’art. 118 cp nella sua formulazione antecedente.

La Suprema Corte osserva che tale impostazione deve ritenersi ormai superata in quanto sconfessata da una non perfetta sovrapponibilità contenutistica tra le previsioni di cui agli artt. 118 e 70 cp per effetto della riforma del 1990.
L’art. 70 cp distingue le circostanze aventi natura soggettiva da quelle aventi natura oggettiva.

Le prime sono circostanze che rilevano su un piano prettamente psicologico, per cui esse possono applicarsi solo al soggetto al quale le medesime si riferiscono. Le seconde ineriscono il piano dell’elemento oggettivo, rilevando alla stregua di mere modalità dell’azione, con conseguente astratta estensibilità delle medesime ai concorrenti.

La non perfetta sovrapponibilità testuale tra le due disposizioni deriva dal fatto che l’art. 118 cp, nell’indicare le circostanze soggettive, trascura di menzionarne alcune e, in particolare, “le condizioni e le qualità personali del colpevole” e i “rapporti tra offeso e colpevole”.

Nella prospettiva della Suprema Corte la mancata menzione di tali circostanze soggettive nel novero di quelle richiamate all’art. 118 cp non costituisce una lacuna legislativa involontaria ma, al contrario, essa è spia rivelatrice di una precisa scelta legislativa. Si tratterebbe, infatti, di circostanze soggettive suscettibili di esser estese ai concorrenti. Ciò si giustifica in ragione della presumibilità della loro astratta estrinsecazione all’esterno, attraverso elementi fattuali, che ne consentono la consapevolezza da parte dei concorrenti (sotto questo profilo la giurisprudenza si è allineata a una parte della dottrina. V. ex multis: G. Fiandaca, E. Musco, Diritto Penale. Parte Generale, Zanichelli Editore, 2014, p. 529).

Le circostanze che si riferiscono ai motivi a delinquere rientrano, invece, tra quelle che l’art. 118 cp menziona, escludendo espressamente la loro comunicabilità ai concorrenti.

Tuttavia, le Sezioni Unite affermano che, anche rispetto a queste ultime, non si può escludere che esse si traducano in elementi fattuali che le rendano percepibili agli altri concorrenti. Tale aggravante ex art. 416 bis.1 cp può estendersi al concorrente che si sia rappresentato il convergere della propria condotta con quelle degli altri qualora la finalità di agevolazione di un’organizzazione mafiosa si sia tradotta in elementi di fatto che abbiano reso possibile la consapevolezza della sussistenza della stessa da parte dell’agente. Non è necessario che tale soggetto abbia condiviso tale finalità in quanto, in base alla teoria monistica, la fattispecie concorsuale ex art. 110 cp è unitaria per cui è sufficiente che egli abbia posto in esser una porzione della condotta integrante la fattispecie aggravata.

A fronte del principio di diritto elaborato delle Sezioni Unite della Cassazione qualche dubbio residua. Segnatamente si potrebbe evidenziare come, per effetto di tale lettura “correttiva” dell’art. 118 cp, l’aggravante relativa ai motivi a delinquere, di cui l’agevolazione mafiosa ex art. 416 bis.1 cp costituisce esemplificazione, troverebbe applicazione al di fuori dell’ambito delimitato dal legislatore. Indipendentemente dalla qualificazione, oggettiva o soggettiva, della circostanza il legislatore ha escluso espressamente la comunicabilità dell’aggravante relativa ai motivi a delinquere ai concorrenti. L’applicazione dell’aggravante – malgrado il divieto espresso legislativo – potrebbe avere ricadute sul piano del principio di prevedibilità della norma penale, che costituisce un corollario del principio di legalità ex artt. 25 co. 1 cost., 49 Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE e  7 Cedu. Stante l’ampia distanza contenutistica tra il precetto legislativo di cui all’art. 118 cp e il nuovo orientamento giurisprudenziale, l’agente in concreto potrebbe non esser in grado di comprendere ex ante se l’aggravante possa esser al medesimo contestata o meno. Ciò potrebbe comportare delle  ricadute sul piano della conoscibilità del precetto penale con conseguente possibile rilevanza dell’errore di diritto ex art. 5 cp.


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