L’amministrazione di sostegno ed il rischio di circonvenzione d’incapace
Sommario: 1. Cenni introduttivi: l’amministrazione di sostegno – 2. Analisi dell’istituto – 3. La circonvenzione d’incapace – 3.1. Struttura della fattispecie – 4. Un caso in conclusione
1. Cenni introduttivi: l’amministrazione di sostegno
Come noto, con la legge 9 gennaio 2004 n. 6, è stata introdotto nel codice civile agli articoli 404 e ss., l’istituto dell’amministrazione di sostegno, con l’espresso e dichiarato intento d’introdurre una misura, sino ad allora carente, che si preoccupasse di tutelare la capacità di autedeterminazione di tutti quegli individui gravati da patologie cliniche, fisiche e/o psichiche, che avrebbero potuto correre il rischio di essere interdetti ovvero inabilitati, negli anni precedenti la citata riforma.
Si è, in altre parole, affermato che, con l’intervento legislativo è stata spostata l’attenzione dalla tutela del patrimonio alla tutela della persona[1].
2. Analisi dell’istituto
Il presupposto dell’istituto in commento è individuato dall’articolo 404 c.c. nell’infermità o nella menomazione fisica o psichica che rendano impossibile, anche temporaneamente, provvedere ai propri interessi.
Ora, evidentemente, le difficoltà applicative maggiori, nella prassi giudiziaria presieduta dal Giudice Tutelare territorialmente competente, è quella di interpretare, con l’ausilio di Consulenti, Geriatri, Psicologi ed esperti, quali siano le patologie in grado d’inficiare la capacità di attendere ai propri bisogni e pertanto tanto gravi da giustificare una siffatta limitazione della libertà personale e della capacità di agire.
Intanto, secondo un precipuo indirizzo, per poter beneficiare dell’amministratore di sostegno, occorre che il soggetto non sia affetto da una mera menomazione fisica, ben potendo in questa ipotesi avvalersi degli ordinari mezzi di tutela offerti dall’ordinamento, quali il mandato, la procura generale o speciale ed il trust. In tal senso, la nomina di un amministratore di sostegno, presuppone pur sempre una minore capacità del soggetto beneficiato, che si traduca indispensabilmente in una infermità fisica che abbia, sensibilmente, compromesso le sue risorse intellettive, come chiarito dalla giurisprudenza di merito in un condiviso orientamento[2], che ha escluso l’amministrazione per l’ipotesi di un soggetto molto anziano ma privo di alcun deficit delle capacita cognitive.
Diversamente, in presenza di un soggetto pienamente capace, la risoluzione di alcune problematiche della vita quotidiana può essere realizzata attraverso l’istituto del mandato, non rinvenendosi la necessità di privare il soggetto seppur in maniera minima della capacità di agire, soluzione che, secondo tale orientamento, non comporta peraltro alcun aggravio economicosociale sul piano pubblicistico, risolvendosi nell’ambito puramente privatistico[3].
Diversa interpretazione giurisprudenziale della norma, in una serie di casistiche ove il soggetto beneficiato pur perfettamente capace di agire è gravato da patologie che non gli consentono di attendere normalmente ai propri affari, come l’essere su di una sedia a rotelle o necessitare di cure continuative in una struttura sanitaria sedente all’estero, consentono si il ricorso all’amministrazione di sostegno, ma mai contro la volontà dell’individuo beneficiario, il quale deve esprimere il pieno consenso a tale genere di limitazione nel proprio esclusivo interesse, come del resto testualmente disciplinato dall’art. 408 c.c.[4].
3. La circonvenzione d’incapace
Ora, fatte tali brevi premesse su l’istituto dell’amministrazione di sostegno, merita, da altro profilo visuale osservarsi, come il delitto di circonvenzione d’incapace disciplinato dall’art. 643 c.p. sia l’altra faccia della medaglia in tutte quelle casistiche in cui un individuo debilitato da patologie, molto spesso senili, possa essere coartato nelle sue scelte e perciò in alcuni casi costretto a dissipare il proprio patrimonio in favore di terzi soggetti, i quali ben consapevoli di tali deficit, riescono agevolmente a manipolare la volontà del malato.
E però, se tale assedio al patrimonio del soggetto debole nelle casistiche più frequenti si riscontra in persone estranee alla famiglia del malato che riescono a carpirne la fiducia, cosa accade o può accadere quando, contro la volontà espressa del soggetto ritenuto debole, sia la stessa famiglia, ovvero i soggetti privilegiati dal legislatore a ricoprire il ruolo di amministratore di sostegno, a richiedere l’applicazione di tale istituto con il malcelato intento di sottrare la gestione e di fatto anche la diretta disponibilità patrimoniale sulla scorta delle patologie da cui è affetto il familiare?
Evidentemente, in prima linea ed in prima battuta, dovrà essere il giudice tutelare, in applicazione dei principi di diritto poc’anzi accennati, a limitare l’applicazione dell’istituto dell’amministrazione di sostegno esclusivamente a quei casi ove risulti impossibile individuare un diverso istituto privatistico che possa consentire di coadiuvare gli interessi della persona per la quale s’invoca il beneficio e giammai, nel caso in cui quest’ultima sia capace di agire, procedere all’investitura di un amministratore di sostegno contro la propria volontà, pena la legittimazione di una sorta di circonvenzione legittimata a debito del soggetto debole.
3.1. La struttura della fattispecie
Il delitto previsto dall’art. 643 del c.p., punisce chiunque “ … per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso …”, pertanto, già da un primissima lettura, è chiaro trattarsi di reato improprio o comune, a forma libera e condotta plurima[5], di pericolo[6], anche se tale inquadramento non è unanime, che tutela il bene giuridico del patrimonio della vittima, oltre che la propria capacità di autodeterminazione, che può essere integrato mediante condotte fraudolente.
Sotto il profilo materiale, una triplici combinazione di fattori, secondo l’opinione di consolidato orientamento giurisprudenziale, consente di ritenere integrata la fattispecie in commento, ovvero: 1) la minorata condizione di autodeterminazione del soggetto passivo in ordine ai suoi interessi patrimoniali[7]; 2) l’induzione a compiere un atto[8] che comporti, per il soggetto passivo e/o per terzi, effetti giuridici dannosi di qualsiasi natura, che deve consistere in un’apprezzabile attività di pressione morale e persuasione che si ponga, in relazione all’atto dispositivo compiuto, in rapporto di causa ad effetto; 3) l’abuso dello stato di vulnerabilità del soggetto passivo, che si verifica quando l’agente, ben conscio della vulnerabilità del soggetto passivo, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il fine di procurare a sé o ad altri un profitto[9].
Merita, inoltre, osservarsi che il delitto di circonvenzione di incapace non esige che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l’altrui opera di suggestione e pressione[10].
4. Un caso in conclusione
Ora, arrivando alle considerazioni conclusive di questo breve excursus sui due istituti in analisi, ambedue tendenti alla medesima finalità, ovvero quella di tutelare il patrimonio e la capacità di autodeterminazione del soggetto debole, seppur con diverse sfumature proprie del settore ordinamentale d’appartenenza, non sfuggirà all’operatore di diritto, al consulente od al magistrato tutelare investito della delicatissima posizione di garanzia, che vi sono delle situazioni per così dire borderline ove il ricorrente che avanzi istanza per la nomina di un amministratore di sostegno per un prossimo congiunto, in particolar modo quando vi siano ingenti patrimoni da amministrare, possa essere mosso, non dalle finalità assistenziali e di protezione proprie dell’istituto invocato, bensì, al contrario, da interessi lucrativi personali, volti a garantire l’uso esclusivo o la conservazione, di un patrimonio comune o addirittura esclusivo dell’amministrato.
Ebbene, in tali casistiche, tutt’altro che infrequenti, conferire l’amministrazione di sostegno a tali soggetti, in assenza di una reale incapacità d’agire del soggetto passivo ed anzi contro la sua espressa volontà,[11]oltre a costituire un insanabile arbitrio giudiziario, rappresenterebbe la legittimazione paradossale di una circonvenzione d’incapace, o meglio ritenuto tale, ammessa all’interno dell’ordinamento giuridico, che di tal fatta ammetterebbe una tanto grave restrizione della libertà personale a fronte del sospetto circa un possibile depauperamento patrimoniale personale o familiare.
In conclusione, al Giudice tutelare, il delicato incarico di soppesare gli interessi in ballo, lo stato familiare in atto, la carenza di una serena convivenza tra il beneficiario ed il richiedente la tutela, se non addirittura una palese crisi coniugale e/o familiare conclamata, tutti indici che, ove obbiettivamente riscontrati, nell’interesse irrecessibile dell’individuo, devono, quando quest’ultimo sia in grado di agire, consentirgli di fare a meno di un amministratore non desiderato per un verso, ovvero sceglierne uno quantomeno a sé gradito nel caso in cui si dovesse ritenere necessario in seguito ad un’analisi clinica e psicologica del beneficiario, evitando spiacevoli automatismi rispetto a chi avanzi l’istanza ed anzi dedicando un vaglio critico alle reali ragioni e/o intenzioni del ricorrente, che ove non coincida con il beneficiario stesso, non potranno mai prevalere sulla libertà individuale di questi.
[1] L. MILONE, L’amministratore di sostegno nel sistema di protezione delle persone in difficoltà: prime perplessità, in Notariato, 2005, 3, p. 302. L’A. precisa che nel 1942, il legislatore, mirava maggiormente alla tutela della proprietà e del patrimonio, mentre l’attenzione e la sensibilizzazione nei confronti della persona viene proclamata con la Costituzione nel 1948 e si afferma, anche a livello internazionale, negli anni successivi. Cfr. MARTA MASSARO, “Dieci anni di applicazione dell’amministrazione di sostegno; certezze e questioni aperte”, nota a commento del decreto de l Tribunale di Milano,, 3 novembre 2014, in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2015, p. 399.
[2] Cfr. Tribunale di Vercelli, 16 ottobre 2015, in CNN notizie del 4 dicembre 2015 e in BONILINI, “L’anziano consapevole, e adeguatamente assistito, non abbisogna di amministratore di sostegno, in soccorso, può intervenire il mandato”, In Foro It.
[3] Tale è la corretta interpretazione della misura di protezione dell’amministrazione di sostegno, poichè comportando in ogni caso tale misura una limitazione, seppur lieve, della capacità di agire, deve essere comunque l’extrema ratio e deve essere quindi giustificata da un reale vulnus delle funzioni cognitive del soggetto beneficiario. Per cui, in conclusione, un soggetto capace non può mai abdicare alla sua capacità e tale rinuncia non avrebbe ragion d’essere nel nostro ordinamento che prevede all’uopo soluzioni negoziali che gli consentirebbero di delegare il proprio operato ad un rappresentante (artt. 1387 cc e ss).
[4] Cfr. Tribunale di Pinerolo del 13 dicembre 2005, con nota critica di Andrea Bulgarelli in Giurisprudenza di Merito, 2006, 4, p. 875-879, il quale rileva l’inammissibilità dell’autolimitazione della capacità di agire da parte di un soggetto disagiato, anche per il tramite di un provvedimento giudiziale. È stato fatto osservare che, la nomina di un amministratore di sostegno, in caso di perfetta integrità psichica del beneficiario e quindi di mera menomazione fisica, finisca per limitare la capacità di agire del beneficiario, in caso di piena lucidità intellettiva, MARCO TATARANO e ANGELO TURCO, “L’amministrazione di sostegno”, in Trattato Notarile, diretto da Filippo Preite, Atti notarili volontaria giurisdizione, vol 1, p. 646.
[5] In tal senso cfr. Cass. pen., sez. II, 17-01-2017, n. 20669, secondo cui nella circonvenzione di incapace, reato a condotta plurima, qualora i momenti della «induzione» e della «apprensione» non coincidano, il reato si consuma all’atto della «apprensione», che produce il materiale conseguimento del profitto ingiusto nel quale si sostanzia il pericolo insito nella «induzione» (in applicazione del suddetto principio, la suprema corte ha annullato la sentenza che aveva dichiarato estinto per prescrizione il reato di circonvenzione di incapace consistito nella induzione alla redazione di un testamento olografo, in quanto il momento consumativo non si era realizzato con la condotta di induzione ma con la successiva pubblicazione dell’atto e l’accettazione dell’eredità, fatti produttivi di un effetto dannoso per il soggetto passivo e da cui deriva il materiale conseguimento del profitto ingiusto).
Precedenti segnalati dall’ufficio massimario della Corte di cassazione
I link che non comprendono il numero Rv. vanno alla prima massima della sentenza richiamata.
Vedi: N. 45786 del 2012 Rv. 254352, N. 8103 del 2016 Rv. 266366
Inserimento in banche dati Foro italiano: giugno 2017
[6] Cfr. Cass. pen., sez. II, 10-02-2016, n. 8103. Il reato di circonvenzione di incapace ha natura di reato di pericolo e si consuma nel momento in cui viene compiuto l’atto idoneo a procurare un qualsiasi effetto giuridico dannoso per la persona offesa o per altri (fattispecie nella quale la corte ha ritenuto che l’apertura di un conto corrente da parte della persona offesa, con la conseguente insorgenza di obbligazioni tra quest’ultima e l’istituto di credito, costituisse azione pregiudizievole per la vittima, sufficiente ai fini dell’integrazione del reato in questione).
Precedenti segnalati dall’ufficio massimario della Corte di cassazione
Conformi: N. 27412 del 2008 Rv. 240733, N. 12406 del 2009 Rv. 244059
Inserimento in banche dati Foro italiano: maggio 2016
[7] Vedi Cass. pen., sez. III, 18-04-2018, n. 38705 ove In tema di circonvenzione di incapaci, al fine di accertare lo stato di deficienza psichica della vittima, può assumere rilievo anche la passione morbosa che essa nutre per l’agente, poiché la tenace presenza di un’idea dominante, carica di contenuto emotivo, e la forte tensione affettiva possono, specie in persone anziane o in soggetti dalla personalità debole, avere un effetto deviante del pensiero critico ed un’azione nettamente inibitrice sulla volontà.
Precedenti segnalati dall’ufficio massimario della Corte di cassazione
I link che non comprendono il numero Rv. vanno alla prima massima della sentenza richiamata.
Conformi: N. 6782 del 1977 Rv. 139192, N. 17762 del 2014 Rv. 259563, N. 5791 del 2016 Rv. 269113
Inserimento in banche dati Foro italiano: ottobre 2018
[8] Cfr. Cass. pen., sez. II, 31-03-2017, n. 18295 ove viene precisato che Integra l’elemento oggettivo del reato di circonvenzione di persone incapaci l’induzione del soggetto passivo alla costituzione di un trust, in quanto detto negozio giuridico, determinando la costituzione di una proprietà temporale in capo al trustee svincolata dal potere di disporre dei beni conferiti in modo pieno ed esclusivo, provoca un effetto pregiudizievole per il disponente e per gli altri aventi diritto al trasferimento dei beni per eventi successori.
Vedi: N. 12406 del 2009 Rv. 244059, N. 50672 del 2014 Rv. 261320, N. 8103 del 2016 Rv. 266366
Inserimento in banche dati Foro italiano: giugno 2017
[9] Cfr. Cass. Sez. 2, sent. n. 39144 del 20/06/2013, dep. 23/09/2013, Rv. 257068.
[10] Così in Sez. 2, n. 3209 del 20/12/2013 – dep. 23/01/2014, P.O. in proc. De Mauro Luigi e altro, Rv. 25853701.
[11] Tale facoltà, ad esempio, può essere facilmente dimostrata attraverso l’ausilio di specifici accertamenti specialistici molto diffusi tra gli operatori del settore: si Veda M. F., Folstein, S. E., & McHugh, P. R. (1975). “Mini-mental state”: a practical method for grading the cognitive state of patients for the clinician. Journal of psychiatric research, 12 (3), 189-198. Measso, G., Cavarzeran, F., Zappalà, G., Lebowitz, B. D., Crook, T. H., Pirozzolo, F. J., … & Grigoletto, F. (1993). Il Mini Mental State Examination: studio normativo di un campione random della popolazione italiana. Dev Neuropsychol, 9(2), 77-85.
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