L’applicazione (o meno) della tassazione con cedolare secca ai contratti di foresteria

L’applicazione (o meno) della tassazione con cedolare secca ai contratti di foresteria

L’art. 3 del d.lgs. n. 23/2011 ha introdotto la c.d. cedolare secca, un regime alternativo alla tassazione IRPEF del reddito fondiario derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo. Siffatto regime permette ai proprietari di abitazioni locate a soggetti terzi di tassare i relativi canoni percepiti con l’aliquota fissa del 10% sui canoni concordati e del 21% su quelli a libero mercato. Tuttavia, per usufruire di tale tassazione agevolata devono sussistere alcuni requisiti soggettivi ed oggettivi.

Soggettivamente può avvalersi del regime sostitutivo della cedolare secca il locatore persona fisica, proprietario o titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile interessato.

Oggettivamente, invece, l’applicazione della cedolare secca è consentita esclusivamente per i contratti di locazione aventi ad oggetto unità immobiliari ad uso abitativo e le “relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione”. Peraltro, l’art. 3 del d.lgs. n. 23/2011 specifica che la cedolare secca non si applica “alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di un’attività d’impresa, o di arti e professioni”.

La suddetta precisazione è attribuibile allo scopo di emersione della cifra oscura dei redditi fondiari, sì da incentivare i privati – proprietari di immobili ad uso abitativo e soggetti passivi IRPEF – a registrare i contratti di locazione da loro stipulati. In questo modo, infatti, i canoni della locazioni regolarmente registrati con cedolare secca scontano una tassazione fissa agevolata, interamente sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali sul reddito fondiario, oltre che dell’imposta di registro proporzionale e dell’imposta di bollo sul contratto di locazione.

Con Circolare n. 26/E del 01 giugno 2011 – e successivamente anche nella sezione F.A.Q. del sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate – l’Erario ha reso noto il proprio indirizzo interpretativo, secondo cui il regime fiscale agevolato della cedolare secca non troverebbe applicazione per i contratti di locazione ad uso abitativo stipulati con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa ovvero di lavoro autonomo. In particolare, l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate si rivolgeva alle c.d. foresterie, ossia quei contratti – nella prassi frequentemente utilizzati – ove il locatore/conduttore si configura in una società, che stipula un contratto di locazione per ospitare nell’immobile oggetto del medesimo contratto i propri dipendenti.

La posizione negativa sull’applicazione della cedolare secca ai canoni di locazione degli immobili adibiti a foresteria è stata più volte confermata dall’Erario, sia in occasione di accertamenti fiscali che nei conseguenti giudizi tributari. Secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, infatti, l’esclusione inerisce ai contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti.

Nonostante quanto appena premesso, l’orientamento parallelamente sviluppatosi ed affermatosi nella giurisprudenza tributaria risulta di segno contrario.

In più occasioni i giudici tributari hanno riconosciuto l’applicabilità della cedolare secca ai contratti di locazione ad uso foresteria sulla base di un’attenta lettura dell’art. 3 d.lgs. n. 23/2011 evidenziando, in particolare, che siffatta norma non prevede alcun requisito specifico in capo al conduttore. Difatti, quando la disposizione rivolge attenzione negativa alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo “effettuate nell’esercizio di un’attività d’impresa, o di arti e professioni” si riferisce alle qualità soggettive che deve possedere il locatore del rapporto, non anche il conduttore.

Nella sentenza n. 53/2023 la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della regione Veneto ha riconosciuto la possibilità di applicare il regime sostitutivo della cedolare secca anche laddove l’inquilino dovesse essere una società commerciale, ricordando che siffatta opzione è subordinata al verificarsi di due requisiti: i) la presenza di una persona fisica non esercente attività imprenditoriale, titolare del diritto sul cespite oggetto del contratto di locazione; ii) l’immobile locato deve essere destinato ad uso abitativo. Previo soddisfacimento di questi due criteri, il locatore può optare per l’applicazione della cedolare secca, a nulla rilevando che il conduttore sia una società commerciale. In tal senso, quindi, l’eventuale esclusione dell’operatività della norma agevolatrice (cfr. art. 3 d.lgs. n. 23/2011) dai contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa sarebbe erronea, indebitamente restrittiva e condurrebbe ad un’irrazionale diseguaglianza tra locatori di immobili di pari capacità contributiva in ragione della natura della controparte.

In senso analogo si è altresì espressa la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della regione Lombardia nella sentenza n. 2258/2023 e, ancor prima, la C.T.R. Umbria ha affermato che l’art. 3 d.lgs. n. 23/2011: “non fa alcun riferimento al conduttore, e non poteva essere altrimenti, considerato che trattasi di soggetto non interessato dal favor fiscale e, pertanto, irrilevante ai fini della norma stessa”. Inoltre, anche la tesi dell’Erario per cui i vincoli disposti al comma VI dell’art. 3 cit. riguarderebbero pure il conduttore, considerato che il successivo comma VI bis qualifica tale figura nell’ambito delle locazioni a cedolare secca riferite “agli immobili locati nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei Comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazionead avviso della C.T.R. Umbria è infondata, poiché siffatto testo normativo “ha una finalità ben diversa dalla disciplina originariamente dettata in tema di cedolare secca, essendo rivolto a favorire la disponibilità di alloggi a favore degli studenti universitari”. In altre parole, la norma introdurrebbeuna fattispecie straordinaria che amplia il perimetro del favor fiscale originariamente riconosciuto dalla legge istitutiva della cedolare secca e che non può certamente essere utilizzata, all’incontrario e paradossalmente, per ridurre l’ambito di applicazione della prima”. Nella sentenza n. 257/2022 i giudici tributari umbri concludono quindi che: “resta in ogni caso incontrovertibile che la lettera del comma VI esclude chiaramente qualsiasi riferimento al conduttore […] non può avere alcun rilievo la diversa interpretazione dettata dalle Entrate con la circolare n. 26/E del 2011 considerato che ‘tam quam non esset’ ove in contrasto con la legge”.

Ancora, la C.T.R. Lazio con sentenza n. 1425/2021 ha sottolineato che il requisito aggiunto dalla Circolare n. 21/E dell’Agenzia delle Entrate, per la quale il conduttore deve essere necessariamente un privato e non una persona giuridica, non corrisponde ad una corretta interpretazione dell’art. 3 d.lgs. n. 23/2011, altresì evidenziando che una circolare interna dell’Erario non può essere equiparata ad una fonte normativa come di fatto è, invece, il suddetto decreto legislativo.

L’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale appena illustrato prende le mosse dalle prime pronunce di analogo tenore rese, in particolare, dalla C.T.P. di Reggio Emilia con sentenza n. 470/2014 e dalla C.T.P. di Milano con sentenza n. 3529/2015. Quest’ultima ha affermato che: “La addotta preclusione dell’Ufficio [ndr. Agenzia delle Entrate] al diritto di optare per il regime facoltativo d’imposizione, fondato su un documento di prassi adottato dall’Ufficio stesso [ossia la Circolare n. 26/E del 2011] è illegittima in quanto non prevista dalla norma, in quanto esprime esclusivamente un parere non vincolate per il contribuente (oltre che per gli Uffici) che nell’interpretare il comma VI dell’art. 3 del d.Lgs. n. 23 del 2011, non può legittimare l’equiparazione del conduttore al locatore nel precludere ipso facto al titolare del diritto di proprietà dell’unità immobiliare abitativa l’applicazione del c.d. “cedolare secca” per la quale ne ha dichiarato l’opzione”.

In estrema sintesi, dalle pronunce di merito sopra riportate possono ritrarsi i seguenti principi.

In primo luogo, la facoltà di optare per la tassazione dei canoni di locazione con cedolare secca spetta unicamente alle persone fisiche, ossia ai privati locatori che intendono stipulare un contratto di locazione, quando l’immobile locato abbia una destinazione catastale ad uso abitativo e sia effettivamente adibita a tale uso da parte del conduttore. Pertanto, i requisiti richiesti dall’art. 3 d.lgs. n. 23/2011 sono soddisfatti nel caso in cui un privato, che non agisce nell’ambito della propria attività professionale o d’impresa, decida di locare un appartamento catastalmente censito ad uso di abitazione ad una società di capitali che intenda utilizzarlo quale alloggio dei propri dipendenti, secondo quanto espressamente pattuito nel contratto di locazione, anche a canone concordato.

In secondo luogo, il citato art. 3 non prevede il requisito aggiuntivo richiesto dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 21/E del 2011, ossia l’ulteriore condizione per cui, oltre al locatore, anche il conduttore dovrebbe essere un privato, non esercente un’attività di impresa, arte o professione, cosicché dal regime della cedolare secca sarebbero automaticamente esclusi tutti i contratti stipulati con società.

In terzo luogo, occorre tenere a mente che l’interpretazione fornita dall’Erario non ha alcuna efficacia vincolante. Le circolari dell’Agenzia delle Entrate sono atti interni dell’Amministrazione, che esprimono solo un parere o una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati, affinché via sia uniformità nella interpretazione ed applicazione delle norme tributarie, ma che mai possono ritenersi assimilabili ad atti aventi natura legislativa o regolamentare.

Fermo il suddetto orientamento giurisprudenziale, risulta doveroso menzionare altresì l’esistenza di correnti di segno contrario.

Con sentenza n. 562/2022 la C.T.R. Veneto e con sentenza n. 208/2020 la C.T.R. Lombardia hanno escluso la possibilità per il locatore di optare per il regime della cedolare secca nei contratti di foresteria quando il conduttore esercita attività di impresa. Conclusione, questa, raggiunta per aver attribuito al comma VI dell’art. 3 d.lgs. n. 23/2011 un’interpretazione estensiva, dal momento che nella disposizione non risulta uno specifico riferimento al solo locatore.

La menzione del sopra citato orientamento è dovuta soprattutto perché, sebbene il Decreto Legislativo n. 23/2011 non vieti la possibilità di usufruire della cedolare secca qualora l’immobile venga locato da una persona fisica ad una società, vi è il rischio che l’Agenzia delle Entrate neghi l’operatività di tale regime, richiedendo il pagamento dell’imposta di registro secondo le modalità ordinarie ed applicando le relative sanzioni, conseguentemente costringendo il contribuente ad impugnare l’avviso dinnanzi ai giudici tributari. Difatti possono essere contestate le somme richieste dall’Amministrazione in virtù della citata Circolare n. 21/E.

Affinché i giudici tributari possano rettificare l’eventuale erronea interpretazione della Circolare n. 21/E, dichiarando l’applicabilità del regime sostitutivo della cedolare secca, sarà essenziale proporre ricorso entro il termine perentorio di giorni sessanta dalla ricezione dell’avviso di accertamento (ovvero del provvedimento di diniego di rimborso o entro il termine di prescrizione del diritto, laddove il diniego si sia formato per effetto del silenzio-rifiuto).


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Giulia Romani

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Firenze con tesi in Diritto Penale dal titolo "L'istituto della messa alla prova a confronto con i principi costituzionali e la giustizia riparativa". Dopo aver svolto, con esito positivo, lo stage presso la II Sezione Penale ed il Tribunale del Riesame di Firenze, ai sensi dell'art. 73 D.L. n. 69/2013 ed esercitato la professione forense, attualmente lavora presso l'Ente Pubblico Economico che gestisce il patrimonio immobiliare dello Stato.

Articoli inerenti