L’arbitrato quale tecnica di risoluzione alternativa delle controversie
L’arbitrato (dal latino arbitratus, cioè giudizio) è un metodo di risoluzione delle controversie utilizzato in alternativa alla via giudiziaria ed in sostituzione della giurisdizione per dirimere le controversie civili e commerciali.
Esso è svolto mediante l’affidamento di un apposito incarico ad uno o più soggetti terzi rispetto alla parti ( e alla controversia stessa), definiti arbitri o anche, giudici arbitri.
La definizione di giudice arbitro o giudice ( o comunque rappresentante dello Stato ) data da alcuni ai soggetti privati investiti della ‘’funzione del decidere‘’, deve ritenersi impropria se intesa nel senso comune di giudice dello Stato, in quanto essi non sono Magistrati togati o professionali ed anzi sono totalmente avulsi dall’ordinamento giudiziario. Può invece ritenersi appropriata nel senso di giudice quale soggetto chiamato a giudicare la lite, in via privata.
Come si vedrà meglio più avanti è la c.d. tesi contrattualistica a prevalere – anche in giurisprudenza – negando al fenomeno arbitrale qualsiasi funzione giurisdizionale .
Per meglio dire inoltre, agli arbitri non compete la qualifica di pubblico ufficiale la quale – a ben vedere – non compete neppure agli Avvocati seppure il servizio da loro svolto sia qualificato come servizio pubblico essenziale (quanto alla difesa, rappresentanza ed assistenza in giudizio oltre alla consulenza legale lato sensu) ed a volte anche con funzioni certificative ( alla stregua di altri professionisti come ad es. i Medici).
Sulle funzioni primarie dell’Avvocatura elevate a rango costituzionale dagli artt. 24 e 111 Cost. e sul fatto primario che senza l’avvocato non c’è l’attuazione dell’ordinamento si può ben condensare il principio nel concetto ribadito fin dall’incipit del Preambolo – in apertura dello Statuto dell’O.U.A. – che recita che: ‘’L’avvocatura italiana svolge funzioni costituzionali nell’ambito della giurisdizione e, nel più vasto contesto sociale, contribuisce alla conoscenza ed all’attuazione dei diritti e degli interessi soggettivi, concorrendo alla tutela della legalità e all’effettiva applicazione dei principi di uguaglianza e di libertà’’.
Per la funzione primaria della legge e della legalità nel suo senso più intimo il ragionamento di chi scrive può ben compendiarsi in quello che Cicerone ebbe a fissare nella storia sancendo che ‘’ Omnes legum servi sumus uti liberi esse possimus’’, ossia che siamo schiavi delle leggi per poter essere liberi.
Tornando all’arbitrato dobbiamo però sottolineare, già in questa sede preliminare, che la funzione ( o ufficio) di arbitro può essere esercitato da chiunque abbia la capacità legale di agire.
L’art. 812 c.p.c. infatti, rubricato ‘’ Incapacità di essere arbitro ’’ recita che ‘’Non può essere arbitro chi è privo in tutto o in parte, della capacità legale di agire’’.
Non necessariamente un Avvocato, non necessariamente un Dottore Commercialista o altre figure professionalmente regolamentate dunque detengono la potestà univoca di poter essere nominati arbitri .
Il procedimento arbitrale è dunque alternativo al processo ordinario dinanzi al Giudice, ed è in questa sua precipua caratteristica che si rinviene la ragion d’essere della sua genesi e della sua ‘’somma utilità’’ di ridurre i carichi del Giudice ordinario.
In un ordinamento – quale il nostro – in cui l’istituto dell’arbitrato non fosse espressamente previsto esso sarebbe comunque consentito in forza delle norme in tema di autonomia nella regolamentazione dei propri interessi.
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Massimiliano Pagliaccia
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