L’art. 36 del Nuovo codice degli appalti: profili di criticità

L’art. 36 del Nuovo codice degli appalti: profili di criticità

Sommario: 1. Premessa – 2. L’art. 36 del Nuovo codice degli appalti: una nuova tipologia di accesso? – 3. La definizione di «offerta» – 4. La tutela dei segreti tecnici e commerciali – 5. La tutela dei dati personali o sensibili

 

L’art. 36 del Nuovo codice degli appalti introduce nuove disposizioni in materia di accesso agli atti delle procedure di gara, prevedendo, tra l’altro, un regime di pubblicità innovativo con riguardo tanto all’offerta dell’aggiudicatario (co. 1) quanto a quelle dei concorrenti classificatisi dal secondo al quinto posto in graduatoria (co. 2).

La norma, operativamente significativa, si presta, tuttavia, ad alcuni profili di criticità, oggetto di specifica analisi nel presente contributo.

 

1. Premessa

Come è noto, gli artt. 35 e 36 del d. lgs. n. 36/2023, il nuovo Codice degli appalti, costituiscono, complessivamente, la disciplina dell’accesso agli atti di una procedura ad evidenza pubblica.

L’art. 35, rubricato «Accesso agli atti e riservatezza», introduce disposizioni di carattere generale in materia di accesso, prevedendo, anzitutto, in materia di contrattualistica pubblica, l’operatività tanto dell’istituto dell’accesso documentale, ex artt. 3-bis e 22, l. n. 241/1990, quanto dell’accesso civico, sia semplice che generalizzato, ex artt. 5 e 5-bis, d. lgs. n. 33/2013 (co. 1)[1]; poi, coerentemente con quanto previsto dall’art. 53 del precedente Codice, il d. lgs. n. 50/2016, la disposizione prevede un peculiare regime di differimento dell’accesso agli atti, laddove questo si renda necessario tanto per salvaguardare l’integrità del procedimento di gara, quanto – e soprattutto – per garantire la segretezza delle offerte (co. 2)[2].

Il presente contributo, tuttavia, concentra la propria attenzione sul successivo art. 36, che, giusta rubrica, introduce «Norme procedimentali e processuali in tema di accesso». La disposizione – di cui infra se ne riassumeranno gli aspetti più peculiari – pare introdurre, nella disciplina della contrattualistica pubblica, un regime di pubblicità degli atti di gara innovativo, specie con riferimento tanto all’offerta dell’aggiudicatario (co. 1) quanto a quelle dei concorrenti classificatisi dal secondo al quinto posto in graduatoria (co. 2).

Una nuova tipologia di accesso – in quanto non riconducibile né all’accesso documentale, né, almeno normativamente, all’accesso civico semplice e generalizzato – che, nella sua operatività, si presta a taluni profili di criticità, come di seguito si intende rappresentare.

2. L’art. 36 del Nuovo codice degli appalti: una nuova tipologia di accesso?

Come premesso, l’art. 36 del nuovo Codice degli appalti introduce disposizioni tanto procedimentali, quanto processuali, in tema di accesso agli atti delle procedure di gara. E lo fa prevedendo, operativamente, un istituto del tutto innovativo, che prescinde tanto dall’accesso documentale di cui alla l. n. 241/1990, quanto dall’accesso civico, semplice e generalizzato, di cui al d. lgs. n. 33/2013.[3]

Più nello specifico, il co. 1 della disposizione prevede che «L’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90»; il co. 2 stabilisce che «Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate».

Sotto il profilo procedimentale, invero, la disposizione introduce un regime di pubblicità peculiare, tra l’altro, delle offerte in gara, tanto con riferimento a quella dell’aggiudicatario, quanto a quelle dei concorrenti dal secondo al quinto posto in graduatoria.

Invero, se, del primo, la stazione appaltante rende disponibile «a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi» l’offerta, oltre che i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione in suo favore, degli altri concorrenti – più nello specifico, di coloro che occupano dal secondo al quinto posto in graduatoria – la pubblica amministrazione ne rende reciprocamente disponibili le offerte.

L’accesso di cui all’art. 36, co. 1 e 2, d. lgs. n. 36/2023, può dirsi atipico, in quanto, contrariamente a quanto avviene con gli altri istituti previsti dal legislatore, il procedimento non prende avvio da un’istanza di parte, ma può dirsi che l’accesso agli atti di cui alla disposizione sia, in un certo senso, «calato dall’alto», in quanto è già la legge ad obbligare la stazione appaltante alla pubblicazione di quanto contenuto nella norma.

Ancora – e in diretta conseguenza di ciò – si ritiene che, da un lato, ex art. 36, co. 1, tutti i partecipanti alla procedura (recte: tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi) sono titolari di un diritto soggettivo ad accedere, tra l’altro, all’offerta del primo in graduatoria[4]; dall’altro, i concorrenti classificatisi tra il secondo e il quinto posto in graduatoria, ex art. 36, co. 2, sono reciprocamente titolari di un diritto soggettivo all’accesso all’offerta altrui.

Di converso – e, ancor prima, ipoteticamente – tutti i soggetti classificatisi dal sesto posto in graduatoria in poi (ovvero coloro che non abbiano partecipato alla procedura di gara), laddove vogliano accedere all’offerta di uno dei concorrenti dal secondo al quinto posto, potranno farlo alle condizioni di cui all’art. 35 – dimostrando un interesse diretto, concreto e attuale, ex l. n. 241/1990 ovvero presentando un’istanza di accesso civico generalizzato, con le modalità e limiti di cui al d. lgs. n. 33/2013 – configurandosi, in tal senso, un interesse legittimo all’accesso richiesto.

Come da relazione illustrativa al Codice, si tratta di una disposizione finalizzata a ridurre il contenzioso in materia di accesso agli atti, in quanto la norma individua, seppur implicitamente, già a monte – attraverso l’intervento normativo – la titolarità di un soggetto a che questi possa accedere all’offerta di un altro concorrente, dimostrando, o meno, l’interesse sotteso all’accesso stesso.

3. La definizione di «offerta»

Un primo problema interpretativo dalla lettura della disposizione di cui all’art. 36, co. 1 e 2, è da ricondursi alla definizione di «offerta».

Invero, se può ritenersi pacifico che nella definizione di «offerta» rientrino, per loro natura, l’eventuale offerta tecnica e l’offerta economica di un concorrente, meno chiaro è se, nella nozione, possa ricondursi la documentazione amministrativa presentata dallo stesso.

Seguendo un’impostazione perlopiù civilistica, l’offerta può ritenersi la manifestazione di volontà dell’operatore economico di instaurare con l’Amministrazione pubblica un rapporto giuridico – il contratto d’appalto, in senso stretto.

Complessivamente, dunque, la documentazione amministrativa di un concorrente ben può essere ricondotta nell’alveo dell’offerta, perché, pur non definendosi già in questa sede il contenuto della proposta contrattuale, la stessa può ritenersi un prerequisito necessario per la validità dell’offerta stessa.

In altri termini, mentre l’offerta tecnica ed offerta economica costituiscono l’offerta in senso stretto, la documentazione amministrativa è un elemento imprescindibile della proposta complessiva presentata dal concorrente, senza la quale l’offerta non può essere considerata valida. [5]

Il problema non è solo teorico, in quanto, come è noto, la documentazione amministrativa si compone di una pluralità di documenti, contenenti, talune volte, dati sensibili (vd. infra), la cui riservatezza verrebbe pregiudicata da un’applicazione tout court del regime di pubblicità delle offerte di cui all’art. 36, co. 1 e 2.

4. La tutela dei segreti tecnici e commerciali

L’art. 35, co. 4, lett. a) del Codice prevede, tra l’altro, che il diritto di accesso e ogni forma di pubblicazione «possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali».

Alla nozione di segreto tecnico e commerciale, desunta ex art. 98 del d. lgs. n. 30/2005 (Codice della proprietà industriale), si riconducono le informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, caratterizzate da segretezza, rilevanza economica e soggette, da parte del legittimo detentore, a misure di protezione ragionevolmente adeguate.

È dunque necessario che, in sede di presentazione della propria offerta, i concorrenti presentino una dichiarazione con cui manifestano la sussistenza di segreti tecnici o commerciali contenuti all’interno dell’offerta stessa.

La dichiarazione, come pacificamente sostenuto dalla giurisprudenza, deve sostanziarsi non già in un generico richiamo al “know-how” dell’impresa, quanto deve «comprovare» la sussistenza di un segreto, ponendosi a carico della stessa il preciso onere di individuare concretamente all’interno dell’offerta le specifiche informazioni da tutelare e di dimostrare l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia. [6]

È necessario, in altri termini, che l’impresa indichi compiutamente i motivi per i quali ritenga che una o più parti della propria offerta costituiscano segreti tecnici e commerciali, sì da permettere alla stazione appaltante di valutare nel caso concreto se o meno procedere all’oscuramento degli stessi.

Rientra, infatti, nella valutazione discrezionale della pubblica amministrazione siffatta valutazione, in quanto, ex art. 36, co. 3, «Nella comunicazione dell’aggiudicazione […], la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte di cui ai commi 1 e 2, indicate dagli operatori ai sensi dell’articolo 35, comma 4, lettera a)».

Di fronte ad un’istanza di oscuramento di una o più parti dell’offerta tecnica costituenti, secondo l’operatore economico, segreti tecnici o commerciali, si aprono, dunque, due possibilità: una prima, ossia che la stazione appaltante, in linea con il giudizio del concorrente, acconsenta all’oscuramento richiesto; una seconda, ossia l’opposizione della pubblica amministrazione alla dichiarazione dell’operatore economico, in quanto potrebbe ritenere che una o più parti segnalate quali segreti tecnici o commerciali non siano in realtà tali.

In quest’ultimo caso, invero, la norma di cui all’art. 36 non introduce alcuna forma di tutela procedimentale in favore dell’operatore economico. [7]

Di contro al principio che, ex art. 10-bis, l. n. 241/1990, prevedrebbe l’obbligo, in capo alla pubblica amministrazione, di pre-avvisare il soggetto istante circa la volontà di rigettare l’istanza di oscuramento di segreti tecnici e commerciali, al fine di avviarne un adeguato contraddittorio, il nuovo Codice degli appalti si limita a prevedere, ex art. 36, co. 4, che «Le decisioni di cui al comma 3 sono impugnabili ai sensi dell’articolo 116 del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione. Le parti intimate possono costituirsi entro dieci giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del ricorso».

In altri termini, il legislatore ha previsto, quale unica tutela a favore dell’operatore economico destinatario del diniego alla richiesta di oscuramento di segreti tecnici o commerciali, la possibilità di impugnare la decisione di cui al comma 3, con ricorso notificato e depositato entro un termine – dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione – estremamente breve.

In questa maniera, si ritiene che l’operatore economico che non abbia impugnato le decisioni di cui all’art. 36, co. 3 ne abbia, in un certo senso, condiviso il contenuto, sì da ritenersi l’operato della stazione appaltante – ossia la pubblicazione dell’offerta senza l’oscuramento dei segreti tecnici o commerciali come richiesto dall’operatore economico – pienamente legittimo.

In conclusione, può dirsi che la decisione dell’Amministrazione in ordine alla richiesta di oscuramento, in questi casi, non sembra passare da un previo contraddittorio procedimentale: il meccanismo parrebbe essere, piuttosto, quello della “istanza di oscuramento – decisione dell’Amministrazione – impugnazione giurisdizionale”, senza garanzie, di carattere procedimentale, in favore dell’operatore economico.[8]

5. La tutela dei dati personali o sensibili

Un ultimo – rilevante – problema riguarda la tutela dei ccdd. dati personali[9] (e, ancor più, i dati sensibili) contenuti nelle offerte oggetto di obbligo di pubblicazione, ex art. 36, co. 1 e 2 del Codice.

Come è noto, infatti, tanto l’offerta tecnica, quanto la documentazione amministrativa, ben possono contenere riferimenti a stati e qualità personali direttamente o indirettamente riconducibili a persone fisiche o giuridiche[10].

Nel nuovo Codice degli appalti e, precipuamente, nell’art. 36, il legislatore non si preoccupa del se e come debbano essere trattati tali dati.

Sul punto, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con parere n. 2978 del 26 settembre 2024, ha previsto che «[…] la stazione appaltante è tenuta a mettere in accesso l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione nel rispetto delle disposizioni di cui alla normativa in materia di privacy di cui al Regolamento generale per la protezione dei dati personali 2016/679 (General Data Protection Regulation o GDPR), ovvero oscurando le parti sensibili ai sensi della suddetta normativa».

L’interpretazione del Ministero può ritenersi coerente con quanto previsto dal Garante per la protezione dei dati personali.

Invero, in assenza di un’espressa previsione normativa, agli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 36, co. 1 e 2, possono ritenersi applicabili, per analogia, le disposizioni adottate dal Garante, «Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati», pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2014. [11]

Invero, ex art. 2 delle Linee guida, il Garante ha previsto, tra l’altro, che «Laddove l’amministrazione riscontri l’esistenza di un obbligo normativo che impone la pubblicazione dell’atto o del documento nel proprio sito web istituzionale è necessario selezionare i dati personali da inserire in tali atti e documenti, verificando, caso per caso, se ricorrono i presupposti per l’oscuramento di determinate informazioni».

Inoltre, secondo quanto previsto dalle Linee guida, le pubbliche amministrazioni sono tenute a ridurre al minimo l’utilizzazione di dati personali ed evitare il relativo trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante dati anonimi o altre modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità.

Deve, in altri termini, trovare applicazione il cd. principio di minimizzazione dei dati personali, in base al quale la pubblica amministrazione che tratta le informazioni medesime è tenuta a farlo in maniera adeguata, pertinente e limitata a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattate[12].

In conclusione, si ritiene che, a fronte dell’obbligo di pubblicazione di cui all’art. 36, co. 1 e 2, del Codice, le stazioni appaltanti non possano procedere ad un’indiscriminata pubblicità delle offerte, sì da esporsi a violazioni in materia di tutela dei dati personali, ma debbano, per quanto gravoso[13], disporre l’oscuramento dei dati personali o sensibili contenuti all’interno delle stesse, laddove la loro pubblicità non ne sia richiesta ai fini del trattamento.

 

 

 

 

 

[1] Si tratta della codificazione dei principi di cui alla sentenza n. 10 del 2 aprile 2020 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con cui i giudici amministrativi hanno riconosciuto, tra l’altro, applicabilità dell’istituto dell’accesso civico generalizzato in materia di contratti pubblici.
[2] Più nello specifico, l’art. 35, co. 2, Cod. App., prevede che «Fatta salva la disciplina prevista dal codice per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, l’esercizio del diritto di accesso è differito:
a) nelle procedure aperte, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime;
b) nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione all’elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l’accesso all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti o degli enti concedenti, dei nominativi dei candidati da invitare;
c) in relazione alle domande di partecipazione e agli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione di cui agli articoli 94, 95 e 98 e ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, fino all’aggiudicazione;
d) in relazione alle offerte e ai verbali relativi alla valutazione delle stesse e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti, fino all’aggiudicazione;
e) in relazione alla verifica della anomalia dell’offerta e ai verbali riferiti alla detta fase, fino all’aggiudicazione.»
[3] In questa sede, giova ricordare che l’accesso documentale di cui alla l. n. 241/1990 richiede, da parte dell’interessato, la dimostrazione di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. Al contrario, l’accesso civico generalizzato si sostanzia nel diritto del quisque de populo a richiedere l’accesso a dati e informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni, a prescindere dalla sussistenza di uno specifico interesse.
[4] Tanto è stato sostenuto da Tar Toscana, sez. IV, 25 settembre 2024, n. 1035, secondo cui, stante il tenore della norma di cui all’art. 36, co. 1, «[è] automaticamente riconosciuto a chi partecipa alla gara e non ne è “definitivamente” escluso, di accedere in via diretta, non solo a “documenti” (offerta dell’aggiudicatario, verbali di gara e atti), ma anche “ai dati e alle informazioni” inseriti nella piattaforma ex articolo 25 del Codice, e ciò a partire dal momento della comunicazione digitale dell’aggiudicazione».
[5] Sul punto, si veda Tar Toscana, sez. IV, 25 settembre 2024, n. 1035. Nel caso di specie, il giudice amministrativo ha ritenuto legittima la richiesta della ricorrente di accedere, tra l’altro, alla documentazione amministrativa dell’aggiudicatario, proprio in funzione dell’accesso più ampio di cui all’art. 36, co. 1 del Codice.
[6] Tra le sentenze più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2023, n. 787; Cons. Stato, Sez. V, 18 settembre 2023, n. 8382; Tar Lazio – Roma, sez. I-Quater, 26 febbraio 2024, n. 3811.
[7] Contrariamente a quanto sostenuto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che, con parere n. 2978 del 26.09.2024, ha previsto che «Le […] disposizioni di cui ai co. 4, 5, 6, 7 e 8 dello stesso art. 36 garantiscono il punto di equilibrio tra la il diritto di accesso agli atti e la tutela dei segreti tecnici o commerciali, prevedendo i passaggi del contraddittorio tra operatore economico e stazione appaltante in merito». I commi richiamati dal MIT non definiscono i «passaggi» di un vero e proprio contraddittorio tra stazione appaltante e operatore economico, limitandosi, piuttosto, a definire le modalità di risoluzione del contenzioso di fronte al giudice amministrativo.
[8]F. GIALLOMBARDO, L’accesso nel contesto del nuovo codice dei contratti pubblici, p. 11. Disponibile su www.giustizia-amministrativa.it.
[9] Intendendosi per tali  «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale» (art. 4, comma 1, lett. b, GDPR).
[10] A titolo esemplificativo, l’offerta tecnica può contenere i curricula vitae degli operatori impiegati in un appalto; ancora, la documentazione amministrativa può contenere l’indicazione di dati giudiziari riguardanti soggetti giuridicamente rilevanti operanti nell’organizzazione d’impresa.
[11] Le Linee guida de quibus sono state introdotte in occasione dell’adozione del d. lgs. n. 33/2013, che, come è noto, ha introdotto diversi obblighi di pubblicazione in capo alle pubbliche amministrazioni.
[12] Si ricorda che, ex art. 5, GPDR, i dati personali devono essere:
a) trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato («liceità, correttezza e trasparenza»);
b) raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità; un ulteriore trattamento dei dati personali a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici non è, conformemente all’articolo 89, paragrafo 1, considerato incompatibile con le finalità iniziali («limitazione della finalità»);
c) adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati («minimizzazione dei dati»);
d) esatti e, se necessario, aggiornati; devono essere adottate tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati («esattezza»);
e) conservati in una forma che consenta l’identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati […] («limitazione della conservazione»);
f) trattati in maniera da garantire un’adeguata sicurezza dei dati personali, compresa la protezione, mediante misure tecniche e organizzative adeguate, da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, dalla distruzione o dal danno accidentali («integrità e riservatezza»).
[13] È evidente, invero, che l’attività di oscuramento dei dati personali e sensibili delle offerte – cui si riconduce, tra l’altro, la documentazione amministrativa – è tanto più gravosa, quanto più sono corpose le offerte oggetto di obbligo di pubblicazione, ex art. 36, co. 1 e 2, del Codice.

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Pietro Losciale

Istruttore direttivo amministrativo presso il Comune di Montemurlo (PO). Già Istruttore amministrativo presso il Comune di Firenze e il Comune di Bari.

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