L’ascolto del minore: gli obblighi deontologici dell’avvocato
La Suprema Corte di Cassazione Civile, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 7530 del 25.3.2020, ha stabilito come l’avvocato non possa sentire il minore senza prima informare l’esercente della potestà genitoriale; diversamente, il professionista potrebbe andare incontro a responsabilità disciplinare.
Preliminarmente, in tema di ascolto, è bene ricordare come il Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, abbia introdotto nel Codice Civile, a partire dal 7 febbraio 2014, gli articoli 336 bis e 337 octies dal cui combinato disposto si evince la centralità del ruolo del minore nelle questioni e nelle procedure che lo riguardano.
Più nello specifico e in sintesi, secondo l’art. 336 bis c.c., spetta al Presidente del Tribunale o il Giudice da lui delegato l’ascolto del minore che abbia compiuto i dodici anni o anche di età inferiore qualora sussista la capacità di discernimento nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano, previa informativa al minore medesimo circa la natura del procedimento e gli effetti dell’ascolto.
L’art. 337 octies c.c., dal canto suo, prevede come possibile mezzo di prova a sostegno dell’azione istruttoria del giudice, l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto dodici anni e anche di età inferiore ove capace di discernimento.
Alle prefate disposizioni normative, appare d’uopo aggiungere anche l’art. 315 bis c.c., che già prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 154/2013, al comma terzo, statuisce il diritto del figlio minore dodicenne o anche di età inferiore ove sussista la capacità di discernimento, ad essere ascoltato in tutte le questioni e procedura che lo riguardano, nonché l’art. 336 c.c., che prevede, quando sono in gioco provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, il diritto alla difesa tecnica al minore, al pari di quanto previsto per i genitori.
Sul versante della deontologia professionale, proprio in considerazione dell’introduzione dell’istituto dell’ascolto del minore e della delicatezza delle procedure attinenti ai rapporti famigliari, il Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 17/2008 – poi confermata anche dalle Sezioni Unite della Suprema Cassazione, con la sentenza n. 3880/2010 – ha chiarito come l’avvocato che svolga la propria attività professionale nel campo del diritto di famiglia, con particolare coinvolgimento dei minori, di ispirarsi a principi di responsabilità etica e sociale nella funzione di difensore.
A coronamento di quanto sopra esposto, anche su impulso dell’avvocatura specializzata, è stato introdotto nel codice deontologico l’art. 56, il quale così prevede: “L’avvocato non può procedere all’ascolto di una persona minore di età senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, sempre che non sussista conflitto di interessi con gli stessi. L’avvocato del genitore, nelle controversie in materia familiare o minorile, deve astenersi da ogni forma di colloquio e contatto con i figli minori sulle circostanze oggetto delle stesse. L’avvocato difensore nel procedimento penale, per conferire con persona minore, assumere informazioni dalla stessa o richiederle dichiarazioni scritte, deve invitare formalmente gli esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all’atto, fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno.”
Tanto premesso, in relazione ai fatti di causa, il Consiglio Nazionale Forense ha confermato la decisione adottata dal COA territorialmente competente ed aveva inflitto all’avvocato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per 6 mesi per aver ricevuto nel proprio studio un minore di diciassette anni unitamente alla madre, tuttavia dichiarata decaduta dalla potestà genitoriale con decreto del Tribunale per i minorenni ed aver comunicato al padre del ragazzo la volontà di trasferirsi presso la residenza della madre, senza prendere preventivamente contatto con l’avvocato che assisteva il padre, affidatario esclusivo del minore.
L’avvocato sanzionato presentava quindi ricorso alla Suprema Corte lamentando, in sintesi, come:
– Non fosse a conoscenza del nome del Collega anche in funzione di legale del padre, vieppiù non conoscendo l’intervenuta decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre del minore;
– In sede di istruzione probatoria svolta davanti al C.O.A., fossero emerse le violenze inflitte dal padre al figlio, giustificando, tale situazione, la difesa del minore da parte dell’avvocato ed anche di mutare il regime di affidamento;
– Un difetto di istruttoria da parte del Collegio giudicante per aver tratto l’incolpazione e la successiva condanna da una denuncia priva di procura speciale e non confermata dalla audizione dei denuncianti;
– La sanzione irrogata fosse del tutto sproporzionata sia in relazione all’attività del ricorrente, limitata al mero ruolo del nuncius di una determinazione di volontà del figlio, quasi maggiorenne, al padre nonché in relazione all’età dello stesso;
– L’illogicità della motivazione derivante dal fatto che la decisione si rivelerebbe in contrasto con la incolpazione che ha ad esclusivo oggetto l’omessa comunicazione al legale del padre della decisione di procedere all’ascolto del minore facendo riferimento a parametri normativi diversi da quelli effettivamente applicati nell’accertamento della responsabilità disciplinare;
– La violazione gli artt. 3, 24 e 111 Cost. per avere il Consiglio nazionale Forense fondato il proprio giudizio soltanto sulle ragioni del denunciante, mancando, così, gli elementi del giusto processo.
Nonostante le succitate censure, il ricorso è stato dichiarato inammissibile in ogni sua parte, rafforzando il principio secondo cui l’avvocato sia sempre tenuto ad informare debitamente l’esercente la potestà genitoriale prima dell’ascolto del minore.
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