L’autodifesa penale dell’avvocato nel sistema federale americano e la carta fondamentale (Bill of Rights)

L’autodifesa penale dell’avvocato nel sistema federale americano e la carta fondamentale (Bill of Rights)

Il termine autodifesa nella lingua italiana indica la difesa che uno fa di sé stesso, per iscritto, a voce ovvero in qualsiasi altra maniera. Il medesimo concetto, nell’ambito processuale, richiama alla mente la possibilità di difendersi dinnanzi all’autorità giudiziaria autonomamente e senza l’ausilio di un’assistenza tecnica.[1] La possibilità di una persona sottoposta ad indagini, ed in particolar modo dell’avvocato, di difendersi autonomamente in un processo penale deve essere approfondita alla luce dell’ordinamento giuridico di appartenenza, riscontrandosi soluzioni diverse a seconda che il soggetto appartenga ad un sistema di civil law ovvero di common law. Ragion per cui, prima di analizzare la tematica che qui rileva, è d’uopo far cenno alle differenze esistenti tra i due sistemi indicati.

Il modello di civil law, sviluppatosi nell’Europa continentale ed attualmente dominante a livello mondiale, vede quali suoi punti essenziali: la centralità della legge scritta e delle codificazioni, il che costituisce un precipitato del diritto romano-giustinianeo e la figura del giudice quale soggetto deputato all’applicazione della legge e, soprattutto, a pronunciare sentenze che fanno stato solo tra le parti. Trattasi, dunque, di provvedimenti caratterizzati da una limitata efficacia e soggettiva e oggettiva. La ratio fondante di un sistema simile era rinvenibile nella necessità di porre un argine allo stato di incertezza in cui versava il diritto, il quale era caratterizzato dall’arbitrio giudiziale e dall’abuso dell’interpretazione dei giuristi.[2]

Il sistema di common law, al contrario, si caratterizza per la figura del giudice quale creatore di diritto. Infatti, in questi sistemi, è la sentenza che crea il diritto ed essa avrà valore vincolante per il futuro. In sostanza, nei sistemi di common law decadono le limitazioni soggettive e oggettive con riguardo all’efficacia presenti nel civil law. Emergono ictu oculi le profonde differenze strutturali esistenti tra i due modelli ed in particolar modo la contrapposizione tra la centralità della legge, generale e astratta, nel civil law a fronte di un approccio casistico del common law.[3]

Premesso quanto sopra, le differenze tra i due sistemi, già evidenti in linea generale, si acuiscono quando si volge lo sguardo al particolare. Ed infatti, per quel che qui rileva, la possibilità di autodifesa nel processo penale diverge nei due sistemi.

Mentre nel sistema di civl law, e in particolar modo in quello Italiano, l’autodifesa nel processo penale non è consentita in difetto di una espressa disposizione di legge[4], come anche statuito da pronuncia della Suprema Corte[5], nel sistema di common law Statunitense, invece, non sussiste una analoga preclusione. Al contrario, l’autodifesa oltre ad essere ammessa è anche notevolmente diffusa[6]. A tal proposito già la carta fondamentale degli Stati Uniti, il Bill of Rigths, al suo VI emendamento prevede che: “In qualsiasi procedimento penale, l’accusato avrà diritto a un processo pubblico e sollecito, con una giuria imparziale proveniente dallo Stato e dal distretto ove fu commesso il reato; il quale distretto sarà stato previamente identificato per legge; e avrà il diritto di essere informato della natura e delle ragioni dell’accusa; e di essere messo a confronto con i testi dell’accusa; e di avere strumenti atti alla comparizione obbligatoria di testi a suo favore, e all’assistenza di un Avvocato che lo difenda.” La norma scolpisce il diritto di ogni soggetto accusato ad essere assistito e difeso da un avvocato. Un diritto, non un obbligo. In realtà il VI emendamento appena non può ritenersi l’origine del pro se defence, infatti già ben prima della ratifica della Costituzione Americana tale diritto veniva riconosciuto. A tal proposito la Corte Suprema Americana, nella storica sentenza Faretta vs California[7], osservava che “nei tribunali federali, il diritto all’autorappresentanza è stato protetto dalla legge fin dagli inizi della nostra nazione. Già la legge giudiziaria 1789, 1 stat. 73, 92, emanata dal primo congresso e firmato dal presidente Washington un giorno prima della proposta del sesto emendamento lo prevedeva a condizione che in tutti i tribunali degli Stati Uniti, le parti possano perorare e gestire le proprie cause personalmente o con l’assistenza di un avvocato.[8]In altri termini, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha affermato che gli imputati hanno il diritto costituzionale di rifiutare un avvocato e di rappresentarsi nei procedimenti penali statali. Tuttavia, trattasi di un diritto non assoluto. È diritto e dovere della Corte, infatti, determinare se un particolare individuo sia in grado di rappresentare sé stesso, potendo indagare sulla lucidità e sul suo stato mentale per prendere tale decisione.

 Tale ultimo requisito è stato oggetto di diverse pronunce, le quali hanno affermato la necessità che sia il Tribunale a provvedere alla nomina del legale in tutte quelle ipotesi in cui l’imputato non sia in grado di ricorrervi per svariati motivi, dalla situazione economica all’analfabetismo.[9]

Da quanto affermato appare evidente che il sistema federale di common law diffuso negli StatiUniti sia diametralmente opposto, sotto questo profilo, al modello Italiano. Infatti, la disciplina brevemente delineata e riferita all’individuo sottoposto ad indagini o imputato è applicabile anche nel caso in cui questi sia un avvocato. Non è possibile, infatti, ricavare dalla carta fondamentale alcuna indicazione che deponga in senso contrario. Anche l’avvocato che rappresenti sé stesso è considerato “a pro se litigant”, ragion per cui troverà applicazione la disciplina comune a tutti gli altri individui; inoltre in tal caso non verrebbero in gioco nemmeno tutte le problematiche derivanti dall’istituto dello “stand by counsel”;[10]  in particolare il riferimento è alle ipotesi nelle quali la linea difensiva adottata dal difensore in “soccorso” dell’imputato si scontri con il diniego dell’autodifeso, l’unico titolare della garanzia difensiva[11].

 Ciò posto, non può non rilevarsi come l’istituto dell’autodifesa, a maggior ragione se posta in essere da un avvocato, non sia vista di buon occhio; è celebre, infatti, l’aforisma per cui “the attorney who represents himself in court has a fool for a client”, ovverosia: l’avvocato che si rappresenta in tribunale ha un pazzo per cliente. Aforisma che rende esplicita una critica alla strategia consistente nella scelta di difendersi da solo; è evidente, infatti, che l’indagato, avvocato o meno che sia, che decida di difendersi da solo sarà, allo stesso tempo, sia testimone che difensore e di conseguenza sarà visto con scetticismo da parte della corte in virtù di una, ovvia, mancanza di obiettività.

Dunque, in conclusione è possibile affermare che, a differenza del sistema Italiano di civil law, non sussistono preclusioni normative all’autodifesa dell’avvocato nel sistema penale americano in quanto, quale cittadino comune, gli sarà applicabile la medesima disciplina prevista per tutti gli imputati direttamente dal VI emendamento della Carta fondamentale federale, tuttavia tale scelta non viene vista con favore in ragione dei motivi indicati. Ne deriva che nel nostro sistema l’adesione al principio della irrinunciabilità della difesa tecnica nel processo penale, in assenza di una norma ad hoc che l’autorizzi e ad onta della posizione della giurisprudenza, ha eretto una barriera pressoché impenetrabile all’ingresso dell’autodifesa esclusiva. Non così negli USA, dove, anche per l’influenza del common law, la sua legittimità e la sua valenza di modello alternativo alla full representation del difensore, hanno trovato fin da subito ampio riconoscimento nelle legislazioni degli Stati e della federazione.

 

 

 

 


[1] https://www.treccani.it/vocabolario/autodifesa/
[2] https://sites.google.com/site/sitodiprovalucri/differenze-tra-common-law-e-civil-law
[3] Trattato di Diritto comparato – Sistemi giuridici comparati; Sacco Rodolfo, Gambaro Antonio; pubblicazione: 2018         capitolo 3; l’opposizione tra civil law e common law.
[4] Nel processo penale l’obbligo della difesa tecnica, sancito dagli artt. 96 e 97 c.p.p., esclude che le parti, anche se abilitate all’esercizio della funzione di avvocato, possano essere difese da se stesse.
[5] Cassazione Penale, Sez. II, 2 ottobre 2013 (ud. 16 luglio 2013), n. 40715 commentata da https://www.giurisprudenzapenale.com/2013/10/11/la-autodifesa-nel-processo-penale-consentita-neanche-al-soggetto-abilitato-allesercizio-della-professione-forense/ secondo cui: Ad avviso dei giudici di Piazza Cavour, in particolare, anche a seguito dell’entrata in vigore della l. 31 dicembre 2012, n. 247 (recante “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”) in sede penale l’autodifesa non può ritenersi consentita in difetto di una previsione di legge ad hoc (nel caso di specie, l’imputato era un soggetto abilitato all’esercizio della professione forense innanzi alle magistrature superiori). In motivazione la Corte, nell’evidenziare come debba ritenersi infondata la tesi secondo cui il ricorrente sarebbe legittimato a difendersi da solo in virtù della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, prende le mosse richiamando quei precedenti giurisprudenziali in base ai quali “la normativa interna che esclude la difesa personale della parte nel processo penale non si pone in contrasto con l’art. 6 paragrafo terzo lett. c) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – che prevede la possibilità di autodifesa – in quanto il diritto all’autodifesa non è assoluto, ma limitato dal diritto dello Stato ad emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali allo scopo di assicurare una buona amministrazione della giustizia” (Cass. pen. Sez. I Sent., 29-01-2008, n. 7786, rv. 239237); conclusioni, per altro, ribadite anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 188 del 1980 secondo la quale “alla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, il cui art. 6, n. 3, lett. c) prevede la possibilità di autodifesa esclusiva, non può attribuirsi il significato proposto dal ricorrente, rilevando chela Commissione stessa ha avuto occasione di affermare che il diritto all’autodifesa non è assoluto, ma limitato dal diritto dello Stato interessato ad emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali (ric. 722/60)” e che nei giudizi dinanzi ai Tribunali Superiori “nulla si oppone ad una diversa disciplina purchè emanata allo scopo di assicurare una buona amministrazione della giustizia (ric. 727/60 e 722/60)”. Quanto, poi, alla legge n. 247 del 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense) i giudici osservano come si tratti di norma a carattere generale, che va necessariamente coordinata con le prescrizioni specifiche di ogni ramo dell’ordinamento e delle relative previsioni procedurali: la attività forense – si precisa – è attività diretta alla difesa dei diritti e, come tale, è componente indefettibile dello Stato di diritto, presidio dei diritti dei cittadini e garanzia della loro tutela; strumento di accesso alla giustizia da parte di tutti attraverso la previsione del difensore d’ufficio e del gratuito patrocinio (vedi punti 7 e 8 della motivazione). In conclusione, pertanto, anche a seguito dell’entrata in vigore della l. 31 dicembre 2012, n. 247, non è consentita la autodifesa nel processo penale neppure qualora l’imputato sia un soggetto abilitato all’esercizio della professione forense innanzi alle magistrature superiori.
[6] Cfr. https://en.wikipedia.org/wiki/Pro_se_legal_representation_in_the_United_States  Secondo il Centro Nazionale per Corti statali in Stati Uniti , a partire dal 2006 pro se litiganti era diventato più comune in entrambi i tribunali statali e corti federali . Le stime del tasso pro se del diritto di famiglia erano complessivamente in media del 67% in California, del 73% nelle grandi contee della Florida e del 70% in alcune contee del Wisconsin.  A San Diego, ad esempio, il numero di domande di divorzio che coinvolgono almeno un litigante pro se è passato dal 46% nel 1992 al 77% nel 2000, in Florida dal 66% nel 1999 al 73% nel 2001.  La California riporta nel 2001 che oltre il 50% delle denunce di questioni familiari in custodia e in visita proviene da litiganti pro se .  Nel sistema della Corte Federale degli Stati Uniti per l’anno 2013 circa il 27% delle azioni civili, il 92% delle petizioni dei detenuti e l’11% delle petizioni non detenute sono state presentate da litiganti pro se . Gli imputati nei processi politici tendono a partecipare ai procedimenti più degli imputati nei casi non politici, poiché potrebbero avere una maggiore capacità di discostarsi dalle norme del tribunale per parlare di questioni politiche e morali.
[7] Faretta vs California, 422 US 806, 813 (1975)
[8] https://en.wikipedia.org/wiki/Pro_se_legal_representation_in_the_United_States
[9]Crf. https://en.wikipedia.org/wiki/Sixth_Amendment_to_the_United_States_Constitution; In Powell v. Alabama , 287 US 45 (1932), la Corte Suprema ha stabilito che “in una causa capitale, in cui l’imputato non è in grado di ricorrere a un avvocato ed è incapace di difendersi adeguatamente a causa di ignoranza, debolezza mentale, analfabetismo , o simili, è dovere del tribunale, che sia richiesto o meno, incaricarlo “. In Johnson v. Zerbst , 304 US 458 (1938), la Corte Suprema ha stabilito che in tutti i casi federali, sarebbe stato necessario nominare un avvocato per gli imputati che erano troppo poveri per assumere il proprio
[10] Cfr. https://en.wikipedia.org/wiki/Standby_counsel , per cui  riferisce a un avvocato che assiste un cliente che ha invocato il suo diritto all’autorappresentanza . Se il cliente diventa distruttivo o altrimenti incapace di condurre la propria difesa, il giudice può ordinare al consulente in standby di assumere la difesa. Anche il consulente legale in attesa rimane disponibile durante il processo per la consultazione.
[11]Rosanna Gambini in  processo penale e giustizia n.1/2019: L’autodifesa esclusiva nel processo penale statunitense: Self Representation in American Criminal Trials

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News

Articoli inerenti