L’automazione nello svolgimento dell’attività amministrativa
Negli ultimi tempi si parla sempre più spesso di atto amministrativo mediante algoritmo per indicare i casi in cui il procedimento di formazione della decisione amministrativa è affidato a un software, nel quale vengono immessi una serie di dati così da giungere, attraverso l’automazione della procedura, alla decisione finale.
Tale modalità operativa di gestione dell’interesse pubblico ha una sua utilità, in particolar modo nell’ambito di procedure, seriali o standardizzate, implicanti l’elaborazione di ingenti quantità di istanze e caratterizzate dall’acquisizione di dati certi e dall’assenza di apprezzamenti discrezionali.
Tali strumenti sono pienamente ammissibili e rispondono ai canoni di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, i quali, secondo il principio di buon andamento dell’amministrazione amministrativa (art. 97 Cost.), impongono all’amministrazione il conseguimento dei propri fini con il minor dispendio di mezzi e attraverso lo snellimento e l’accelerazione dell’iter procedimentale.
L’algoritmo si caratterizza per aspetti multidisciplinari, infatti, la giurisprudenza ha ribadito in più occasioni che non sono richieste solo competenze giuridiche, ma anche tecniche, informatiche e statistiche, per cui, la formula tecnica che rappresenta l’algoritmo deve essere corredata da spiegazioni che la traducano in regola giuridica e la rendano leggibile e comprensibile.
La generale ammissibilità di tali strumenti non esime, tuttavia, dalla sussistenza di elementi di minima garanzia quali: la piena conoscibilità dei criteri utilizzati e l’imputabilità della decisione all’organo titolare del potere, il quale deve garantire il rispetto del principio di non discriminazione algoritmica.
L’utilizzo di procedure informatizzate non può essere motivo di elusione dei principi che conformano il nostro ordinamento e che regolano lo svolgersi dell’attività amministrativa.
Per quanto concerne la piena conoscibilità, risulta fondamentale il principio di trasparenza: il meccanismo con cui si concretizza la decisione robotizzata deve essere conoscibile, ovvero, la regola deve essere espressa in un linguaggio differente da quello giuridico.
La conoscibilità dell’algoritmo deve essere garantita in tutti i suoi aspetti: dai presupposti agli esiti del procedimento robotizzato, in modo che le finalità e le prescrizioni siano sindacabili.
Sul versante della verifica degli esiti e della imputabilità, deve essere garantita la verifica a valle di tali esiti, secondo correttezza e logicità.
Risulta di fondamentale importanza l’individuazione di un centro di imputazione e di responsabilità, per verificare la legittimità della decisione adottata con procedura informatizzata, tutto questo a garanzia del principio di legalità.
Per quanto riguarda il principio di non discriminazione algoritmica, occorre che il titolare del trattamento utilizzi procedure matematiche o statistiche, attraverso misure tecniche e organizzative adeguate al fine di garantire, la rettifica di dati inesatti.
Le procedure in esame, infatti, devono minimizzare gli errori per garantire la sicurezza dei rischi esistenti per gli interessi e i diritti dell’interessato, per impedire effetti discriminatori nei confronti delle persone fisiche sulla base della razza o dell’origine etnica, della religione, delle opinioni politiche o delle convinzioni personali o dell’orientamento sessuale.
Per evitare tali problematiche occorre la cooperazione di chi istruisce le macchine che producono tali decisioni: la rettifica dei dati in ingresso evita effetti discriminatori nell’output decisionale.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Michela Falcone
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