L’autonomia contrattuale nel d.lgs. 36/2023
L’art. 8 del Codice dei contratti pubblici[1] consta di rilevante portata innovativa: da un lato, disciplina il principio di autonomia contrattuale[2] della P.A.; dall’altro, fissa il divieto di prestazioni di opera intellettuale a titolo gratuito.
Il primo comma, nel solco di decisa pressoché costanti, riconosce alla P.A. una capacità negoziale generale, pur funzionalizzata alla cura di interessi pubblici[3]. L’ordinamento “ammette direttamente l’ingresso di norme e principi privatisti nell’ambito” dell’agere della P.A.: è, per l’appunto “il caso dell’attività contrattuale delle amministrazioni, alla quale il codice civile si applica in via diretta, in assenza di norme speciali derogatorie”. Del resto, “i principi di diritto comune applicabili all’attività amministrativa […] discendono anche dagli ordinamenti sovranazionali: si pensi al principio di buona amministrazione […] e ai principi di buona fede e correttezza nella giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue”[4].
La norma, inoltre, chiarisce il discrimen tra provvedimenti amministrativi, improntati al principio di stretta tipicità, e contratti della P.A., in ordine ai quali si applica l’opposto principio dell’atipicità.
Ciò che, invece, ha portata eccezionale, è il divieto di prestazioni di opere intellettuali a titolo gratuito, positivizzato ex novo e sancito in modo inequivocabile dalla rubrica legis. Il comma 2 – ponendo, di fatto, un argine invalicabile all’autonomia contrattuale pubblica – attua il criterio direttivo di cui alla lettera l), art. 2 della legge delega n. 78/2022 “divieto di prestazione gratuita dell’attività professionale, salvo che in casi eccezionali e previa motivazione”. Il divieto è stato inteso in senso letterale e, pertanto, riferito esclusivamente alle prestazioni d’opera intellettuale di cui agli artt. 2229 e ss. del codice civile, per le quali opera la regola dell’equo compenso[5] ex 2233 c.c.[6]
Per il resto, invece, vige la generale ammissibilità dei contratti gratuiti con la P.A. non aventi ad oggetto prestazioni intellettuali. Una generalizzata esclusione del contratto gratuito, specie se economicamente interessato, sarebbe, del resto, di dubbia compatibilità costituzionale e di dichiarata incompatibilità con il diritto dell’Unione (cfr. sentenza Corte di Giustizia UE n. 367/2020, che ha affermato che sono contratti a tiolo oneroso ai sensi della disciplina degli appalti europei anche quelli privi di corrispettivo di carattere puramente finanziario)[7].
Il terzo comma, da ultimo, introduce una disciplina relativa alle donazioni[8], i.e. i contratti animati da spirito di liberalità e privi di interesse economico, anche indiretto, da parte del donante.
Il riconoscimento è coerente con quello generale del comma 1 in tema di autonomia contrattuale. L’amministrazione, come ogni soggetto di diritto (salvo incapacità giuridiche speciali), ha la capacità giuridica di ricevere per atto di liberalità. L’unica condizione aggiuntiva per l’accettazione, rispetto ad altri agenti giuridici, è “la previa valutazione che l’acquisizione del bene o della prestazione sia conforme all’interesse pubblico perseguito o, comunque, all’interesse della collettività”[9].
La liberalità, ovvero l’assenza di qualsivoglia interesse economico, consente di distinguere le donazioni dai contratti a titolo gratuito (es: sponsorizzazioni), che restano disciplinati dal Codice all’art. 13, cc. 2 e 5. Si giustifica, in tal guisa, l’esenzione dall’obbligo di gara per la scelta del contraente, incompatibile d’altronde con la natura liberale dell’atto.
L’ultimo periodo del comma 3 precisa che la natura pubblica del donatario non sottrae gli atti de quibus alla disciplina civilistica in materia di donazione, ivi compresa la revocazione (ancorché la sola ipotesi revocatoria compatibile con la natura del donatario sia quella per sopravvenienza di figli ex art. 803 c.c.) e l’azione di riduzione dei legittimari.
[1] Art. 8 D. Lgs. 36/2023: – Principio di autonomia contrattuale. Divieto di prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito: “1. Nel perseguire le proprie finalità istituzionali le pubbliche amministrazioni sono dotate di autonomia contrattuale e possono concludere qualsiasi contratto, anche gratuito, salvi i divieti espressamente previsti dal codice e da altre disposizioni di legge. 2. Le prestazioni d’opera intellettuale non possono essere rese dai professionisti gratuitamente, salvo che in casi eccezionali e previa adeguata motivazione. Salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso. 3. Le pubbliche amministrazioni possono ricevere per donazione beni o prestazioni rispondenti all’interesse pubblico senza obbligo di gara. Restano ferme le disposizioni del codice civile in materia di forma, revocazione e azione di riduzione delle donazioni”.
[2] P. Perlingieri – C. Donisi, Concetto di autonomia negoziale: dialettica negozio-contratto, in P. Perlingieri, Manuale di diritto civile, Napoli, 2018, pp. 458- 459, offre una definizione puntuale di autonomia negoziale e contrattuale. La prima “descrive l’autoregolamentazione degli interessi nella molteplicità dei suoi atteggiamenti e nella dinamica delle moderne relazioni giuridiche”, potendo “essere definita come il potere riconosciuto o attribuito dall’ordinamento al soggetto di diritto, privato o pubblico, di regolare con proprie manifestazioni di volontà interessi privati o pubblici, comunque non necessariamente propri”. Di quella negoziale, poi l’autonomia contrattuale costituisce una specie, “muovendo dalla relazione di genere a specie che vincola, rispettivamente, il negozio (genus) al contratto (species)”. Invero, mentre l’autonomia negoziale “designa l’ipotesi nella quale l’autonomia si estrinseca con il compimento di un negozio (qualunque sia la sua conformazione strutturale ed il suo contenuto)”, l’autonomia contrattuale, invece, fa riferimento ad una nozione meno lata, ovvero all’ipotesi in cui la capacità del soggetto “si esprime con il compimento del negozio più diffuso che è il contratto, caratterizzato dalla pluralità delle parti e dalla patrimonialità del contenuto”.
[3] cfr. Relazione illustrativa, p. 21: “Si ribadisce, in tal modo, il principio di tassatività della limitazione della capacità negoziale, richiedendosi una esplicita previsione di legge (come ad es. quella contenuta, per la conclusione del contratto di società, nell’art. 4, c. 1, d.lgs. 19 agosto 2016 n. 175, che fa divieto di ‘costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali’ o in materia di contratti derivati stipulati da Regioni ed enti locali ai sensi dell’art. 62 d.l. 25 giugno 2008, n. 12, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, così come modificato dall’art. 1, comma 572, l. 27 dicembre 2013, n. 147)”.
[4] In questi termini, M. D’Alberti, Diritto amministrativo e diritto privato: nuove emersioni di una questione antica, in Riv. trim. dir. pubbl., 2012, pp. 1019 ss.
[5] L.R. Perfetti (a cura di), Codice dei contratti pubblici Commentato – D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, Milano, 2023, sub. art. 8, pp. 67-68: “Per equo compenso deve intendersi la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti dalle vigenti tariffe professionali, coerentemente con l’impostazione assunta dalla giurisprudenza [TAR Campania Napoli, sez. I, 18.2.2022, n. 1114] secondo cui la corresponsione di tariffe corrispondenti all’equo compenso costituisce attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia dell’azione amministrativa […]”.
[6] cfr. Relazione Illustrativa, p. 22: “Si evidenzia, sul tema, che con riferimento agli avvocati già esiste una disposizione che garantisce l’equo compenso. Si tratta dell’art. 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, introdotto dall’art. 19-quaterdecies d.l. 16 ottobre 2017, n. 148, che così dispone: ‘3. La pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto’. La norma era stata interpretata in maniera restrittiva da una parte della giurisprudenza amministrativa (cfr., in particolare Cons. Stato, IV, n. 7442/2021, secondo cui ‘la normativa sull’equo compenso sta a significare soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione l’ulteriore (e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto (a meno di non sostenere, anche in questo caso, che non vi possa essere alcuno spazio per la prestazione di attività gratuite o liberali da parte dei liberi professionisti) […]. La disposizione non esclude il (e nemmeno implica la rinuncia al) potere di disposizione dell’interessato, che resta libero di rinunciare al compenso – qualunque esso sia, anche indipendentemente dalla equità dello stesso – allo scopo di perseguire od ottenere vantaggi indiretti (come nel caso che ci occupa) o addirittura senza vantaggio alcuno, nemmeno indiretto, come tipicamente accade nelle prestazioni liberali (donazioni o liberalità indirette)’. La legge-delega ora impone il superamento di questo orientamento, perché prevede che il compenso deve esserci (e, in base alla citata disposizione del 2017 e, più in generale, dell’art. 2223 c.c. dovrà essere equo). Da qui la disposizione contenuta nel comma 2 del presente articolo”.
[7] Ibidem.
[8] Per un vaglio esaustivo della disciplina sulle donazioni, si rinvia a G. Capozzi, Successioni e Donazioni, I e II, Milano, 2023.
[9] cfr. Relazione Illustrativa, p. 22: “La precisazione è volta a richiamare l’attenzione del donatario/ricevente sugli effetti negoziali dell’atto che deve tradursi in un effettivo arricchimento della sfera patrimoniale o non patrimoniale (artistica, culturale, ecc.) di quest’ultimo ed è volta ad escludere donazioni o atti di liberalità posti in essere dal donante/disponente al solo scopo di liberarsi da oneri di manutenzione di beni immobili privi di qualunque utilità o valore, traslandoli sul donatario”.
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Roberto Landi
Assistente amministrativo all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Prato e Pistoia ed ex Tecnico di Amministrazione presso il Tribunale Ordinario di Salerno. Laurea cum laude in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, Master di II livello in “Strategie Organizzative e di Innovazione per la P.A.”. Tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 da Ottobre 2021 a Maggio 2023. Praticante avvocato e cultore del diritto.
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