L’autonomia testamentaria del figlio ex art. 448 bis c.c.

L’autonomia testamentaria del figlio ex art. 448 bis c.c.

La tendenza normativa a conferire un sempre maggiore spazio all’autodeterminazione del singolo componente della famiglia si è manifestata, oltre che nella dialettica coniugale (come precedentemente affrontato), anche nel complesso rapporto genitori-figli. Abbiamo assistito, in particolar modo a seguito della riforma sullo status filiationis[1], ad uno sviluppo della disciplina orientato in due direzioni: da un lato, conferendo più diritti e una maggiore tutela ai figli; dall’altro lato, garantendo tali diritti con un maggiore controllo da parte dei poteri pubblici[2]. Un nuovo assetto dei rapporti familiari che ha portato la dottrina a ritenerlo “paidocentrico”[3].

Particolarmente significativa, in tema di autonomia del figlio nella fase testamentaria, risulta la norma contenuta nel nuovo art. 448 bis c.c., introdotto dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219 (c.d. legge di riforma del diritto di famiglia). L’articolo menzionato si inserisce nell’ambito del Titolo VIII del Libro I del Codice Civile e introduce, a favore del figlio, il potere di escludere dal proprio asse ereditario il genitore che sia stato dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale. In tal senso l’art. 448 bis c.c. dispone:

“Il figlio, anche adottivo, e, in sua mancanza, i discendenti prossimi non sono tenuti all’adempimento dell’obbligo di prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale è stata pronunciata la decadenza dalla responsabilità genitoriale e, per i fatti che non integrano i casi di indegnità di cui all’articolo 463, possono escluderlo dalla successione”.

Questione di non poco rilievo dato il contrasto con la tradizione storica dell’istituto stesso della diseredazione che ha riguardato, sin dal diritto romano, la facoltà del pater familias di escludere dalla successione i propri eredi legittimi, al fine di sanzionare determinate offese ricevute da essi. Con la previsione dello stesso potere in capo al figlio, l’introduzione dell’art 448 bis c.c. costituisce un esempio di un’attenzione legislativa maggiore verso la figura della prole e ai suoi spazi di autonomia.

Tuttavia, la nuova disposizione, risulta essere caratterizzata da un contenuto eterogeneo, considerato che incide sia sul diritto agli alimenti sia sui diritti successori, e da una impropria collocazione sistematica, almeno in relazione ai profili successori, che ne hanno implicato un recepimento di difficile interpretazione.

In giurisprudenza, l’ammissibilità della clausola diseredativa, ha suscitato non poche controversie. In relazione alla diseredazione dell’erede non legittimario, erano due gli orientamenti interpretativi che ne prevedevano la nullità. Da un lato, si prevedeva la nullità della clausola nel caso in cui, risultando come unico atto testamentario veniva considerato quale clausola accessoria, quindi invalida in assenza di una disposizione principale[4]; dall’altro lato, evidenziando la natura attributiva del testamento, detta clausola poteva risultare valida, ma solo nella misura in cui il contenuto del testamento contenesse, oltre alla disposizione “negativa”, almeno una disposizione “positiva” (anche implicita) e attributiva delle sostanze del testatore[5].

Sennonché, successivamente la posizione della giurisprudenza cambia orientandosi verso la validità della clausola diseredativa nei confronti di un erede non legittimario. Si precisa in tal senso che il termine “disporre” utilizzato nell’art. 587, comma 1 c.c. non deve essere inteso esclusivamente in senso attributivo, ma più generalmente nel significato di “dare un regolamento” al patrimonio  ereditario[6], implicandone così la validità di disposizioni testamentarie aventi anche come clausola la volontà di estromettere un erede dal proprio asse ereditario.

In questa evoluzione l’art. 448 bis c.c., sulla scia interpretativa tracciata dalla giurisprudenza della Suprema Corte, costituisce da un lato la cristallizzazione di un percorso già affrontato, ma dall’altro lato ne amplia la portata, consentendo l’estromissione del genitore anche nel caso in cui esso risulti erede legittimario.

La novità apportata dal nuovo art. 448 bis implica un importante ampliamento della libertà testamentaria del figlio che ha scisso la dottrina fra chi ne sostiene la nullità[7] della clausola e chi invece la ritiene valida, salvo azione di riduzione nei confronti dei soggetti espressi come eredi nel testamento[8].

Si è più propensi a considerare la validità la clausola diseredativa in quanto la nullità della stessa comporterebbe da un lato, una restrizione dell’autonomia del testatore (oltre a non consentire il rispetto delle sue volontà), e dall’altro lato un aggravio della posizione del legittimario che in caso di volontà concorde con quella del de cuius, si ritroverebbe a dover compiere un ulteriore atto al fine di rinuncia all’eredità.

Passando all’analisi dell’ambito applicativo della norma, quanto all’individuazione dei soggetti legittimati ad estromettere dalla successione il genitore (che deve essere decaduto dalla responsabilità genitoriale), essi sono da ricondurre in primo luogo ai figli. Essi sono da intendersi nell’univocità di status sancita dalla legge di riforma della filiazione del 2012, includendo quindi sia i nati nel o fuori il matrimonio, sia gli adottati (a seguito di adozione piena o legittima, c.d. “parentale”). In secondo luogo, i discendenti prossimi ai figli (anche se tale precisazione risulta plausibile in riferimento all’esclusione dell’obbligo alimentare, ma difficilmente realizzabile in tema di successione, in quanto la presenza di un discendente del figlio morto prima del padre esclude automaticamente la successione dell’avo in virtù degli art. 536 e 538 c.c. Essa si ritiene quindi una “svista” normativa).

Quanto concerne al campo di operatività della norma (c.d. applicazione oggettiva), la questione è fortemente dibattuta data la poca chiarezza riscontrata nella disposizione. Secondo un’interpretazione letterale, occorre individuare quei fatti per mezzo dei quali il genitore non sia indegno (infatti nei casi in cui lo sia, troverebbe applicazione l’art. 463 c.c. recante i casi di indegnità, la presenza dei quali implica l’esclusione dalla successione) ma nei suoi confronti è stata comunque pronunciata la decadenza dalla responsabilità genitoriale. Si tratterebbe di un’interpretazione molto restrittiva che ricondurrebbe i casi a determinate ipotesi del codice penale che prevedono (come pena accessoria alla principale) la decadenza della potestà genitoriale (senza prevedere l’automatica esclusione dalla successione) ed essi sono: la condanna all’ergastolo e la mutilazione degli organi genitali femminili (artt. 32, comma 2 c.p. e 583 bis c.p.)[9].

Secondo un’interpretazione più estensiva, invece, per “fatti che non integrano ipotesi di indegnità” dovrebbero intendersi anche quei comportamenti attuati dal genitore che costituiscono una grave violazione dei doveri familiari in generale (in riferimento agli artt. 333 e 2043 c.c.)[10].

Infine, altra ipotesi affermata in dottrina che qualificherebbe l’ambito di operatività dell’art. 448 bis c.c. è quella del genitore decaduto dalla responsabilità genitoriale e non più reintegrabile, ma non indegno per il fatto che la responsabilità genitoriale è semplicemente venuta meno per il raggiungimento della piena maturità e indipendenza economica del figlio[11].

 

 

 

 

 

 

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[1] Riforma che ha avuto attuazione con la legge 10 dicembre 2012, n. 219; e nell’anno seguente con il d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154.
[2] In tal senso v. G. Castellani, Esclusione dalla successione ex art. 448 c.c. e diseredazione. Spunti di riflessione, in Autonomia della famiglia e controlli. Prime riflessioni, op. cit., p. 249 ss.
[3] In tal senso v. F. Ruscello, l’imbrunire del de patria potestate? Note a margine della dell’esclusione dalla successione per decadenza della responsabilità genitoriale, in Vita not., 2015, p. 1065. L’autore in particolare connota negativamente l’orientamento legislativo, troppo sbilanciato verso il conferimento al figlio di eccessivo potere. In particolare, da un’analisi all’art.468 c.c. che legittima il figlio a escludere dalla propria successione il genitore decaduto dalla responsabilità genitoriale, Egli manifesta più di un dubbio sulla correttezza della scelta in relazione ai soggetti legittimati e ai fatti che legittimano l’esclusione dalla successione ed evidenziando l’eccessivo (e ingiustificato) «paidocentrismo» che emerge dal disposto; v. anche M. Sesta, Stato unico di filiazione e diritto ereditario, in Riv. dir. civ., 2014, p. 17. All’indomani della riforma della filiazione, che ha superato ogni distinzione tra figli legittimi e figli naturali e ha modificato l’assetto dei rapporti familiari, l’autore ne analizza le conseguenze applicative con specifico riferimento al diritto successorio e le maggiori sfere di libertà concesse al figlio che risulta così essere protagonista di specifici provvedimenti legislativi. In tal senso dapprima, è proposta una riflessione sui concetti di parentela, famiglia e successioni, nello specchio dell’unico stato di filiazione; in seguito, evoluta un’analisi della nuova disciplina, vengono affrontati i temi del trattamento successorio dei figli non riconoscibili e della retroattività delle nuove regole, sulla base della disciplina transitoria dettata dall’art. 104, d. lgs. n. 154/2013.
[4] Cfr. Cass. Civ. 20 giugno 1967, n. 1458, in Giust. Civ., 1967, I, p. 2032 ss.; Cass. Civ., 5 aprile 1975, n. 1217, in Rep. For. It, 1975, voce Successione ereditaria, c. 2735, n. 50.
[5] In questi termini, cfr., Cass. Civ., 23 novembre 1982, n. 6339, in Foro it., I, 1652.
[6] Così la Suprema Corte (25 maggio 2012, n. 8352) dichiara: “il disporre di cui all’art. 587, comma 1 c.c., può dunque includere, non solo una volontà attributiva e istitutiva, ma anche una volontà ablativa e, più esattamente, destitutiva”.
[7] Cfr. L. Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, in tratt. Dir. civ. comm. Cicu – Messineo – Mengoni, XLIII, 2, 4° ed., Milano, 2000, p. 94; P. Laghi, voce Diseredazione, in Dig. Disc. Priv., sezione civile, Torino, 2016, p. 212 ss.
[8] Cfr. A. Mendola, Il superamento dell’incompatibilità tra successione necessaria e diseredazione alla luce dell’art. 448 bis c.c., in Nuova giur. Civ. comm., 2016, p. 1535.
[9] Per questa soluzione, cfr., M. Paradiso, Status di filiazione e diritti successori nella riforma, in La parificazione degli status di filiazione, Atti del convegno di Assisi, a cura di R. Cippitani – S. Stefanelli, 23-24 maggio 2013, p. 250, nota n. 29.
[10] Cfr. M. Sesta, Stato unico di filiazione e diritto ereditario, in Riv. dir. civ., 2014, p. 17; v. anche G. Castellani, Esclusione dalla successione ex art. 448 c.c. e diseredazione. Spunti di riflessione, in Autonomia della famiglia e controlli. Prime riflessioni, op. cit., p. 257.
[11] Cfr. G. Castellani, Esclusione dalla successione ex art. 448 c.c. e diseredazione. Spunti di riflessione, in Autonomia della famiglia e controlli. Prime riflessioni, op. cit., p. 259.

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