L’autorizzazione paesaggistica e la recente giurisprudenza in materia
Sommario: 1. Premessa – 2. Costituzione e Convenzione europea del Paesaggio – 3. Autorizzazione paesaggistica: iter procedimentale, rapporto con il Permesso di costruire ed efficacia – 4. Gli interventi che sono esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata (d.P.R. 31/2017)
1. Premessa
Il presente contributo intende approfondire i principali profili riguardanti l’istituto dell’autorizzazione paesaggistica, esaminando, dapprima, la nozione di paesaggio e, nel prosieguo, la normativa rilevante alla luce di alcune recenti pronunce giurisprudenziali rese in materia.
2. Costituzione e Convenzione europea del Paesaggio
La Costituzione appresta una specifica tutela per il paesaggio a cui dedica il 2° comma dell’art. 9 secondo cui la Repubblica «Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Al riguardo, il Consiglio di Stato ha precisato che tale disposizione, novellata dalla Legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 è volta a garantire una «maggiore, e non minore, tutela dei valori ambientali e paesaggistici nell’ottica della salvaguardia delle generazioni future e dello sviluppo sostenibile», circostanza da cui pertanto consegue che «l’ interpretazione delle disposizioni che disciplinano i procedimenti in materia di ambiente e paesaggio dovrebbe essere orientata nel senso di conseguire tale obbiettivo di fondo e quindi accrescere e non diminuire il livello di protezione effettiva di tali valori (Cons. St. 2836/2023)» (Cons. St., Sez. VII, 05 luglio 2023, n. 6578).
Ciò posto, la nozione di paesaggio è stata soggetta, nel tempo, ad una progressiva interpretazione – che potremmo definire – estensiva: con detto termine si sarebbe dovuto, infatti, intendere il paesaggio in senso più dinamico, dal momento che comprende anche valori che originano dal rapporto di interazione tra l’uomo e l’ambiente[1].
Tale impostazione è, in qualche misura, conseguita alla sottoscrizione della Convenzione europea del paesaggio dalla quale si evince, tra l’altro, che il paesaggio «has an important public interest role in the cultural, ecological, environmental and social fields, and constitutes a resource favourable to economic activity and whose protection, management and planning can contribute to job creation». (cfr. Preamble).
In buona sostanza, da una lettura integrale del testo in questione emerge una visione più articolata e più estesa di paesaggio, tanto è vero che lo stesso è definito quale «an area, as perceived by people, whose character is the result of the action and interaction of natural and/or human factors» (cfr. art. 1 Definitions).
Trattasi di una impostazione che risulta assolutamente coerente con quella fornita dal Legislatore italiano che all’art. 131 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (i.e. D. Lgs. 22 gennaio 2004; n. 42, di seguito «Codice») ha definito il paesaggio come «il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni» (comma 1°) e per il quale ha previsto una «tutela…relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali» (comma 2°).
Nel presente contributo, come anticipato in premessa, si intende approfondire l’Autorizzazione paesaggistica (di seguito anche «Autorizzazione») che, come meglio indicato nel prosieguo, viene rilasciata al fine di legittimare, ove ricorrano i requisiti/presupposti, opere o interventi in aree paesaggisticamente tutelate.
In tal senso, secondo l’art. 134 del Codice sono da considerarsi beni paesaggistici (i) «gli immobili e le aree di cui all’art. 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141», (ii) le “Aree tutelate per legge” indicate all’art. 142, (iii) «gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell’articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156.».
3. Autorizzazione paesaggistica: iter procedimentale, rapporto con il Permesso di costruire ed efficacia
Ciò detto, l’art. 146 del Codice disciplina l’istituto in esame e, segnatamente, l’iter procedimentale che conduce al rilascio (eventuale) dell’Autorizzazione.
In particolare, ove ci si trovi in aree sottoposte a tutela paesaggistica, «I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157», non solo (i) «non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.» (comma 1°) ma (ii) «hanno l’obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall’avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione.» (comma 2°).
In questi ultimi casi, l’Amministrazione competente deputata alla funzione autorizzatoria in materia di paesaggio (che di regola è la Regione, salvo deleghe in favore di altri enti ) [2], istruisce la relativa istanza attraverso le attività meglio indicate nell’articolo in esame (e che, in questa sede, non ripercorriamo per ragioni di sinteticità espositiva) e trasmette, ove ricorrano i presupposti, una «proposta di provvedimento» (comma 7°) alla Soprintendenza[3], dando «comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento e dell’avvenuta trasmissione degli atti al soprintendente, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo» (comma 7°). La Soprintendenza, dunque, ove non ricorra l’ipotesi di «parere negativo», da cui conseguirebbe la comunicazione ai soggetti interessati del «preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241»[4], è tenuta a rendere un parere in vista del provvedimento finale di competenza della Regione (o di un ente delegato).
Del resto, «Come noto, l’art. 146, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 attribuisce all’Autorità competente alla gestione del vincolo (di regola il Comune, delegato dalla Regione) la competenza al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, acquisito il parere della Soprintendenza (obbligatorio e vincolante). In base a tale ricostruzione, appare dunque evidente la distinzione tra il provvedimento autorizzativo finale e il parere vincolante della Soprintendenza, con la conseguenza che il provvedimento autorizzatorio in esame dovrebbe più propriamente qualificarsi come pluristrutturato.» (T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 28 maggio 2024, n. 472, Massima redazionale, 2024).
Esaminato tale profilo, occorre poi rilevare che intercorre una netta differenza tra l’Autorizzazione paesaggistica ed il Permesso di costruire in quanto provvedimenti tesi, potremmo sostenere, alla tutela di interessi pubblici distinti, anche se la prima «costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio.» (comma 4°). Sul punto, il Consiglio di Stato chiarisce che «L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo rispetto agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio. Infatti, i due atti di assenso, quello paesaggistico e quello edilizio, operano su piani diversi, essendo posti a tutela di interessi pubblici diversi, seppur parzialmente coincidenti. La mancata preventiva acquisizione della autorizzazione paesaggistica, di cui all’art. 146 del D.Lgs. n. 42 del 2004 , incide sull’efficacia, non sulla legittimità, del titolo edilizio; l’autorizzazione paesaggistica, si atteggia quindi alla stregua di una condizione di efficacia, con la conseguenza che i lavori non possono essere iniziati, finché non intervenga il parere della Sovrintendenza, parere rispetto al quale l’amministrazione comunale ha solo un potere di conformazione.» (Cons. St., Sez. IV, 04 settembre 2023, n. 8150, Massima redazionale, 2023).
Fermo quanto sopra, è opportuno, in ultimo, precisare che l’Autorizzazione in esame ha una efficacia quinquennale e «La ragione legislativa del limite dei cinque anni di durata della autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 , comma 4 D.Lgs. n. 42 del 2004 risiede nella esigenza di consentire all’autorità preposta la verifica paesaggistica, nel caso in cui l’interessato non abbia ancora concluso le opere progettate in quell’arco temporale, nel quale potrebbero essersi verificate sopravvenienze tali da giustificare una diversa valutazione paesaggistica. L’amministrazione, in sede di valutazione della suddetta richiesta, deve quindi effettuare una nuova valutazione sulla compatibilità dell’opera non ancora ultimata, quale permanente tutela degli interessi coinvolti e nella sua funzione immanente. In tale evenienza, dunque, è necessaria l’indizione di una nuova conferenza di servizi, tenuto conto che vengono in rilievo il rilascio di una nuova autorizzazione paesaggistica e un nuovo e autonomo procedimento amministrativo che, conseguentemente, deve seguire tutti gli step procedimentali per lo stesso contemplati dalla legge.» (T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 23 novembre 2022, n. 1576, Quotidiano Giuridico, 2023).
4. Gli interventi che sono esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata (d.P.R. 31/2017)
In base all’entità degli interventi proposti, il d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (di seguito anche «Decreto») ha poi previsto determinate ipotesi in cui (i) alcuni interventi e opere non sono soggetti al rilascio di relativa autorizzazione paesaggistica o (ii) sono sottoposti ad una procedura autorizzatoria semplificata.
Ai sensi dell’art. 2 del Decreto gli interventi e le opere non soggetti al rilascio di autorizzazione paesaggistica sono quelli previsti (i) dall’Allegato «A» e (ii) dall’articolo 4, secondo cui determinate «categorie di interventi ed opere [che sono espressamente indicate nel corpo di tale disposizione] sono esonerate dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata» laddove «nel provvedimento di vincolo, ovvero nel piano paesaggistico, siano contenute le specifiche prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione e la tutela del bene paesaggistico».
Ai sensi dell’art. 3, opera il procedimento autorizzatorio semplificato, illustrato nel Capo II del Decreto, per «gli interventi ed opere di lieve entità elencati nell’Allegato «B»».
Per evidenti ragioni di sinteticità espositiva, si rinvia integralmente alla lettura di tali Allegati che individuano le tipologie di interventi sopra descritti, potendo sin d’ora rilevare che se, da una parte, la differenza intercorrente tra gli interventi e le opere di cui agli Allegati A e B – da cui conseguono due regimi distinti – pare risiedere, perlopiù, nella entità e nella natura del progetto di intervento prospettato, d’altra parte, entrambi gli Allegati paiono accumunati da una ratio legislativa tesa, quanto più possibile, alla semplificazione della materia in questione, anche sotto un profilo procedimentale.
[1] Si veda Margiotta S., Valutazioni e autorizzazioni ambientali e paesaggistiche, Legislazione tecnica, Roma, 2023, pp. 480 ss.
[2] Si precisa che secondo l’art. 146 «Sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente…» (comma 5°); in particolare, l’Amministrazione regionale (i) «esercita la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali», ma (ii) «Può tuttavia delegarne l’esercizio, per i rispettivi territori, a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull’ordinamento degli enti locali, agli enti parco, ovvero a comuni, purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia.» (comma 6°).
[3] Caringella F., De Luca U. (a cura di), Manuale dell’edilizia e dell’urbanistica, DIKE Giuridica Editrice, Roma, 2017, pp. 402 ss.
[4] Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che «Nell’ambito del procedimento ex art. 146, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, il provvedimento finale conclusivo del procedimento è in realtà quello da emanarsi da parte della Regione o del Comune da questa delegato: infatti il “parere” soprintendentizio, ove reso entro il termine perentorio di 45 giorni (tenuto conto che la comunicazione dei motivi ostativi “sospende” i termini di conclusione del procedimento, che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione del preavviso di rigetto – art. 10-bis L. n. 241 del 1990), non ha affatto natura consultiva, ma assume carattere vincolante e propriamente decisorio, determinando il contenuto del successivo diniego: tanto ciò è vero che la giurisprudenza lo reputa autonomamente impugnabile, in quanto immediatamente lesivo della sfera giuridica del destinatario.» (T.A.R. Liguria Genova, Sez. II, 29 giugno 2024, n. 470, Massima redazionale, 2024).
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