L’avvalimento premiale tra vecchio e nuovo Codice dei contratti pubblici

L’avvalimento premiale tra vecchio e nuovo Codice dei contratti pubblici

L’avvalimento è l’istituto per il quale i partecipanti alle gare indette dalle Pubbliche Amministrazioni, possono, ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti economico-finanziari, tecnico-professionali richiesti dalle Stazioni Appaltanti, per un determinato appalto, fare, legittimo affidamento sulle capacità di altri soggetti (denominati Ausiliari), mediante la presentazione di un loro formale impegno a tal fine.

L’istituto trova origine nell’ambito dell’ordinamento comunitario, ad opera dell’elaborazione giurisprudenziale della corte di Giustizia[1]. Come presumibile dalla nozione stessa, è uno di quegli strumenti aventi finalità di favor partecipationis: tramite esso si vuole allargare la platea di coloro che possono partecipare alla gara di appalto.

L’avvalimento nel d.lgs. 50/2016 era regolato dall’articolo 89, mentre nel c.d. Nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023) dal 104. La prima norma recitava testualmente che «L’operatore economico, singolo o in raggruppamento di cui all’articolo 45, per un determinato appalto, può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’articolo 83, comma 1, lettere b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara, e, in ogni caso, con esclusione dei requisiti di cui all’articolo 80, avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche partecipanti al raggruppamento, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi». Già dalla disposizione si comprendeva il perché non venisse ammessa l’applicabilità a tale disciplina del c.d. avvalimento premiale, quello cioè, il cui scopo sia esclusivamente di conseguire una migliore valutazione dell’offerta.

Infatti la norma, laddove recitava l’inciso “per partecipare ad una procedura di gara”, sembrava puntualizzare che si potesse utilizzare l’istituto in questione soltanto ai fini dell’acquisizione dei requisiti minimi per poter prendere parte alle competizioni di appalto, negando quindi il c.d. avvalimento premiale.

A riguardo la ratio della tesi giurisprudenziale contraria si fondava sul rilievo che il mero prestito dei requisiti, mezzi e risorse non funzionali alla partecipazione, rischiasse di alterare la par condicio fra i concorrenti, consentendo l’attribuzione di un punteggio incrementale all’offerta di un operatore economico, al quale potrebbe non corrispondere, in fase esecutiva, un effettivo livello di qualificazione imprenditoriale.

A fondamento inoltre, le decisioni in questione richiamavano la stessa funzione dell’istituto che “si specifica in relazione alla sua attitudine a dotare un operatore economico (che ne fosse privo) dei requisiti economico-finanziari, delle risorse professionali e dei mezzi tecnici necessari per partecipare ad una procedura di gara[2]. Si affermava quindi che l’avvalimento si potesse applicare soltanto per l’operatore in difetto di requisiti: fare altrimenti avrebbe portato ad un abuso di avvalimento, che lo avrebbe trasformato, di fatto, in un mero escamotage per incrementare il punteggio ad una offerta cui nulla ha concretamente da aggiungere la partecipazione ausiliaria.

Queste sono state la basi del divieto dell’avvalimento premiale, il cui scopo sia esclusivamente quello di conseguire (non sussistendo alcuna concreta necessità dell’incremento delle risorse) una migliore valutazione dell’offerta, in quanto l’istituto in questione avrebbe alterato (e non implementato) la logica concorrenziale[3].

Anche in questo caso delle spinte esterne, provenienti a dire il vero più da coloro che esercitano la professione forense che dai giudici, hanno convinto il legislatore a cambiare rotta.

L’articolo 104 comma 4 del d.lgs. 36/2023 (c.d. Codice dei contratti pubblici) ha introdotto infatti una doppia possibilità nell’istituto dell’avvalimento, stabilendo che l’operatore economico deve specificare se intende avvalersi delle risorse altrui per acquisire un requisito di partecipazione o per migliorare la propria offerta.

La norma in questione è stata considerata la “formalizzazione” dell’avvalimento premiale puro[4]. L’ultimo comma dell’art. 104 puntualizza che, nei soli casi in cui l’avvalimento (come previsto dal comma 4) sia finalizzato a migliorare l’offerta, non è consentito che partecipino alla medesima gara l’impresa ausiliaria e quella che si avvale delle risorse da essa messe a disposizione. In tal modo il legislatore ha confermato l’apertura ad un avvalimento solo premiale, ponendovi delle limitazioni nell’interesse della stazione appaltante.

Si è ovviamente negata l’applicazione retroattiva di tali disposizioni normative alle gare già bandite e svolte sotto il regime del pregresso codice appalti. Questo in quanto, muovendosi in senso opposto si compierebbe una lesione della par condicio dei concorrenti, avendo la stazione appaltante regolato la gara, in parte qua, con riferimento espresso nella lex specialis all’art. 89 del D. Lgs 50/2016, ed ai connessi limiti con cui lo stesso è stato applicato nel diritto vivente, disciplina sulla base della quale tutti i concorrenti hanno calibrato la propria offerta[5].

 

 

 

 

 

[1] L’istituto è stato affermato per la prima volta dalla Corte di Giustizia nella sentenza relativa alla causa n. C-389/92.
[2] TAR Palermo, Sez. II, 25/07/2022, n. 2378; Cons. Stato, Sez. V, 25/03/2021, n. 2526.
[3] Cons. Stato, Sez. V, 16/03/2020, n. 1881.
[4] TAR Napoli, Sez. III, 04/08/2023, n. 4756.
[5] Ibidem.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News

Articoli inerenti