Le arene deliberative 2.0
Abstract: Modern democracies are looking for partecipation tools that go beyond representation. The delegitimization of political istitutions places need for a democratizazion of public authorities and therefore the opening of decision- making to civil society to avoid populist drifts. Is the technological civil partecipation?
Sommario: 1. La democrazia partecipativa di nuova generazione nei sistemi rappresentativi moderni tra globalizzazione e democrazia nell’epoca dell’online – 2. La democrazia partecipativa nell’Unione europea e nei Paesi di civil law – 3. La democrazia partecipativa nei Paesi del common law – 4. La rivoluzione informatica e la partecipazione civica – 5. Le arene deliberative e le spinte verso l’ ” istituzionalizzazione”: alcune considerazioni
1. La democrazia partecipativa di nuova generazione nei sistemi rappresentativi moderni tra globalizzazione e democrazia nell’epoca dell’online
La globalizzazione ha introdotto una dimensione spaziale nuova che riduce la capacità di agire per la risoluzione dei problemi collettivi amplificando l’incapacità della democrazia rappresentativa, nata in corrispondenza di una sfera di azione solo statale, nel risolvere, a fronte delle nuove dimensioni globali, i problemi; difficoltà queste che tendono così a sminuirla favorendo forme di autogoverno della società.
Opportuno e necessario è il ricorso ad un coinvolgimento dei cittadini per ricucire questo rapporto di fiducia tra governati e governanti, nella speranza di migliorare la qualità delle scelte pubbliche attraverso un dialogo che arricchisca la fase preparatoria delle proposte legislative e realizzi forme di vigilanza democratica.
Si assiste con sempre maggior frequenza alla proliferazione di pratiche ed esperienze finalizzate ad una consultazione avanzata dei consociati durante la fase decisionale con nuovi strumenti di inclusione civica rispetto alla semplice delega elettorale ed ai tradizionali moduli partecipativi.
Le democrazie moderne perciò cercano strumenti di partecipazione che vadano oltre la rappresentanza[1]. La delegittimazione, infatti, delle istituzioni politiche pone l’esigenza di una democratizzazione dei pubblici poteri e specificatamente l’apertura dei processi decisionali alla società civile al fine di dare una più intensa attuazione al principio della sovranità popolare e prevenire derive populiste.
La Costituzione italiana prevede la rappresentanza quale modalità di organizzazione dell’unità politica e come primaria modalità di esercizio della sovranità popolare tant’è vero che essa prescrive il dovere di eliminare ogni ostacolo che impedisca il pieno coinvolgimento dei consociati nell’organizzazione politica, economica e sociale del Paese facendo così intrecciare il principio partecipativo con quello dell’uguaglianza sostanziale.
Sappiamo che la partecipazione è una pietra miliare dei sistemi rappresentativi moderni utilizzata attraverso il sistema della delega elettorale. E’ vero poi che la sovranità appartiene al popolo e che questo la esercita non direttamente, tranne che in pochi casi, ma attraverso i propri rappresentanti eletti nei parlamenti; quindi il voto costituisce sicuramente lo strumento principe del sistema rappresentativo. La crisi della democrazia ha però messo in crisi, dicevamo, la rappresentanza politica e ha svuotato la delega elettorale, per questo appare necessario aggiungere al sistema della delega elettorale altri strumenti quale quello della consultazione civica telematica perché permette di valorizzare e proteggere gli interessi dei più deboli[2]
Il meccanismo della rappresentanza politica è tipico non solo del nostro ordinamento ma di gran parte del sistema europeo. Esso presenta però un punto debole nelle sue Istituzioni e conseguentemente anche in Europa è sempre più avvertito il bisogno di una democratizzazione dell’azione pubblica attraverso un diffuso coinvolgimento dei cittadini nel policy making.
Ecco perché la partecipazione civica è divenuta negli anni un aspetto di sempre maggiore diffusione data la sua capacità di potenziare e legittimare l’agire istituzionale, espletare cosi compiti di cittadinanza attiva e vigilanza democratica attraverso questa forte interazione tra autorità e cittadini[3].
La partecipazione va rintracciata nel nostro ordinamento costituzionale all’articolo 3, comma 2 in una duplice veste: quella di partecipazione come principio finalistico volta a descrivere il rapporto tra Stato e società, ma anche quella di strumento di trasformazione sociale.
La partecipazione individua infatti la posizione del cittadino nel processo di formazione della volontà politica- economica e sociale dello Stato e la colloca nell’ambito di un principio di uguaglianza sostanziale espresso appunto dall’articolo 3 del dettato costituzionale.
Se un lato questa norma è sicuramente bastevole a dare fondamento costituzionale alle pratiche partecipative nel contesto dei processi decisionali pubblici, parte della dottrina però ha lamentato l’assenza di regole procedurali che indichino modi e forme e ha ritenuto, perciò, che questo potesse costituire un ostacolo al riconoscimento della legittimità costituzionale della democrazia partecipativa.
E’ intervenuta però in merito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 235/2018 con la quale, nell’ affrontare la disciplina regionale pugliese sul dibattito pubblico , ne ha sancito il fondamento quale libertà d’espressione[4]
Tale paradigma permette, infatti, di conoscere il pensiero e gli interessi anche di coloro che sono solitamente esclusi dalle votazioni quali minorenni, stranieri o apolidi nonché di estendere l’area di partecipazione a qualunque soggetto, e non solo ai portatori di situazioni giuridiche differenziate, attraverso uno spostamento del focus dalla decisione all’iter di formazione della stessa.
Ancora con una sua pronuncia, la Corte ha sancito lo strumento della partecipazione come l’unica fonte di legittimazione dal basso delle Autorità Indipendenti tanto da individuarne un vero e proprio principio. Il riferimento è alla sentenza della Corte costituzionale del 7 aprile 2017, n. 69[5] laddove è ribadito che seppur è vero che “il legislatore deve indicare compiutamente l’oggetto della prestazione, l’eventuale indeterminatezza dei contenuti essenziali della legge può ritenersi compensata dalla previsione di forme procedurali aperte alla partecipazione dei soggetti interessati e di organi tecnici” così, valutando oltremodo la partecipazione degli stakeholders, ha riconosciuto la possibilità di colmare addirittura le lacune della norma primaria attraverso l’intervento nel procedimento regolatorio delle Autorità e confermando così la tesi che, l’indizione di una consultazione, in qualche modo, si sostituisca alla previsione costituzionale rappresentata dalla riserva di legge.
La discussione nasceva, com’ è intuibile, a seguito della diffusione del cd. regolatory state, ossia con la nascita delle Autorità di regolazione prima in America e poi, su questo modello anche in Europa. Si è posto, infatti, il problema di legittimare la loro attività nei confronti dei cittadini elettori e della altre autorità legittimamente previste in seno anche alla Carta costituzionale.
Tale problematica ha assunto dimensioni di notevole rilievo in Italia; in particolare la dottrina ha evidenziato una vera e propria dicotomia tra il modello delle Autorità e le previsioni costituzionali. Abbiamo detto, infatti, che le Autorità non sono contemplate nella nostra Costituzione, anzi a parere di alcuni autori, esse sarebbero in contrapposizione con il modello tipico di rapporti tra amministrazioni e vertice esecutivo, così come previsto dall’articolo 95 della Costituzione. Tale tensione è stata però risolta ricorrendo allo strumento della partecipazione come l’unica fonte di legittimazione dal basso.
Anche la giurisprudenza amministrativa, dal canto suo, considera la consultazione un passaggio essenziale del procedimento regolatorio delle Autorità, sanzionando infatti con l’annullamento quegli atti di regolazione che siano adottati senza garantire agli interessati la possibilità di partecipare
Per questo motivo già dal 1997, in primis la EGG, l’Autorità garante per l’elettricità e il gas, e di poi altre autorità, hanno previsto le prime forme embrionali di partecipazione ai procedimenti regolatori e poi forme più articolate e regolamentate: tra queste merita di essere attenzionata quella della Autorità nazionale anticorruzione (Anac). Questa autorità si è data nel 2018 un apposito regolamento relativo ai procedimenti di regolazione proprio per favorire la massima partecipazione e quindi procurarsi una ampia legittimazione. Possiamo però dire che, visto il disinteresse della politica verso una maggiore definizione dei limiti entro i quali tali l’autorità devono esercitare i loro poteri regolatori, sicuramente è auspicabile un ampliamento delle garanzie partecipative che costituisce l’unico modo per assicurare la maggiore trasparenza dei processi decisionali delle stesse. E’ auspicabile, ancora, rafforzare l’obbligo di motivazione negli atti laddove siano stato disattesi i contenuti conseguenti ai procedimenti di partecipazione
2. La democrazia partecipativa nell’Unione europea e nei Paesi di civil law
Plurimi gli strumenti utilizzati dai Governi in diversi paesi, in Europa ed oltre, per attuare questi paradigmi interattivi.
La Rete è sicuramente un acceleratore di questi processi democratici, in particolar modo sul versante della partecipazione.[6]Essa è uno spazio di esercizio di diritti e libertà perché oltre a migliorare gli aspetti inerenti la comunicazione e l’informazione potenzia anche la possibilità di partecipare alla fase decisionale grazie alla sua caratteristica interattività, tanto da profilarsi quella che possiamo definire una democrazia partecipativa digitale. E’ di certo il processo inesorabile della cosiddetta e democracy che ridisegna il costituzionalismo moderno attraverso una sempre più ampia partecipazione civica. Essa può costituire, in nuce, la possibile realizzazione del paradigma della democrazia classica con una soddisfacente realizzazione della sovranità in capo al popolo e una risposta all’attuale crisi democratica.
La Rete si è prestata a questo utilizzo, quale tool partecipativo, ed oggi non è più solo una infrastruttura comunicativa, ma assume diverse valenze che possono essere studiate da prospettive diverse: giuridica, informatica, sociologica, politica[7]e potrebbe costituire un acceleratore di forme partecipative tra le più utilizzate quali, a titolo solo esemplificativo : debat ed enquete publique, citizens’assemblies, focus group, consensus conference, public engagement, deliberative opinion poll.
L’archetipo di queste forme di consultazione è sicuramente l’esperienza francese del debat public, utilizzato negli avvii procedimentali delle grandi opere pubbliche[8]. Esso ebbe una primissima iniziazione nella seconda metà del secolo scorso , a seguito della progettazione della linea ferroviaria ad alta velocità tra Lione e Marsiglia, quando, per rinvigorire il rapporto tra decisori e cittadini, furono coinvolti tutti i cittadini nella pianificazione, così come non era mai successo prima. Successivamente è stata istituita la Commission Nationale du debat public che ha il compito di gestire tutte le fasi procedimentali non avendo la norma delineato tempi e modalità dell’istituto. Esso interviene nella fase iniziale della ideazione ed è perciò in grado di condizionare, con le sue riflessioni, la realizzazione, o meno, dell’opera.
Sono un centinaio i dibattiti pubblici sinora tenuti in Francia spesso permettendo di apportare delle migliorie all’opera da realizzare e, financo condurre, alla sua mancata realizzazione. Sicuramente negli anni queste iniziative hanno positivamente infittito i rapporti tra le diverse Istituzioni, a livello locale e nazionale, ma non sempre ciò ha condotto ad una decisione agile e pienamente condivisa.
Anche in Italia con l’approvazione del Codice degli appalti – Dlgs 50/2016-all’art 22 -è stato previsto il dibattito pubblico in caso di progettazioni di opere “ di grande impatto, sociale, economico, ed ambientale” Il Dpcm 76/2018[9] ha dettagliato le tipologie di opere, e le soglie dimensionali fisiche e di importo lavori, per i quali le amministrazioni aggiudicatrici devono svolgere un confronto tra gli interessati. L’amministrazione procedente trasmette alla Commissione Nazionale per il Dibattito Pubblico ( CNDP) un dossier di progetto e la comunicazione che intende avviare la procedura.
Sul territorio interessato si svolgono una serie di incontri di informazione ed approfondimento e si prosegue raccogliendo le proposte di cittadini, associazioni e istituzioni. Il Coordinatore predispone una relazione conclusiva . Quanto agli esiti del dibattito, il decreto prevede solamente che l’AA ( amministrazione aggiudicatrice) o l’EA ( ente aggiudicatore) tengano conto del dossier conclusivo nelle successive fasi e procedure e che i risultati delle consultazioni siano pubblicati sul web e siano trasmessi all’autorità competente per la presentazione dell’istanza di valutazione ambientale”[10]
In sempre più ordinamenti europei è in atto una progressiva implementazione dello strumento consultivo ampliando sempre di più i procedimenti decisionali ai contributi della società civile, anche mediante il ricorso ad inchieste pubbliche, specie in ambito urbanistico. Tale istituto non ha un paradigma unico nei diversi Paesi che vi ricorrono anche se presenta dei caratteri costanti [11] In Gran Bretagna, ad esempio, dove le origini della public inquiry risalgono al XIX secolo, essa si configura come un’ampia consultazione civica prioritariamente, si diceva, nell’ambito dei procedimenti di formazione degli strumenti urbanistici o di localizzazione di opere pubbliche; ha una natura duplice perché combina profili amministrativi, nonostante la non vincolatività dei contributi rispetto all’esito della partecipazione, e giurisdizionali visto che, nell’ambito del due process of law, è considerata fondamentale tale dialettica tra amministrazione e cittadini anche se le tutele processuali, già in sede procedimentale, operano non per tutti i momenti consultivi.
A livello regionale, il potenziamento degli strumenti di democrazia partecipativa si focalizza sugli statuti di “ultima generazione” che si prefiggono di rivitalizzare l’istituto della rappresentanza attraverso nuovi spazi di osmosi tra la collettività ed i cittadini riguardo all’esercizio di funzioni pubbliche. In special modo si vuole garantire la partecipazione dei gruppi più deboli ed emarginati e non più solo quelli strutturati in sindacati, partiti o altre soggetti organizzati aprendosi, viceversa, a tutti i residenti[12]
Attenzionando, poi, le strategie comunitarie, si evidenzia che, mancando nei rapporti politici dell’ Unione europea quei legami ed osmosi con la collettività, tipici invece di ogni ordinamento politico interno, mancano istituti tipici quali quelli della cittadinanza, delle elezioni, della rendicontazione politica e quindi è evidente una forte distanza tra noi cittadini europei e gli organismi comunitari; da qui l’impegno delle Istituzioni europee negli anni, e sempre di più negli ultimi anni, di incrementare sempre di più il ricorso a consultazioni massicce grazie alle nuove modalità offerte dalla tecnologia; in principal modo da parte della Commissione.
Il richiamo normativo su cui si poggia il ricorso alla consultazioni è quello dell’articolo 10 e 11 del TUE, nonché l’articolo 11 del Protocollo numero 2 che riconoscono ai cittadini degli Stati membri la facoltà di partecipare alla vita democratica dell’Unione, alla formazione di decisioni aperte ed inclusive e ciò spiega perché la Commissione proceda periodicamente a consultazioni delle parti interessate, sia prima di proporre un atto legislativo ma anche per assicurare la trasparenza delle sue politiche. Lo strumento utilizzato è il sito www.ec.europa.eu. Obiettivo primario, come dicevamo prima, è quello di superare il deficit democratico dell’Unione europea.
Introdotte nel 2000, sono diverse, negli anni, le consultazioni telematiche proposte dalla Commissione. Esse prevedono un’ampia pubblicizzazione sul web di quelli che sono gli esiti del confronto così da dettare l’agenda del legislatore, degli interessati e dell’opinione pubblica. Esse hanno una funzione prettamente consultiva perché intervengono in un momento precedente l’ attivazione dei processi decisionali o comunque sempre in una fase in cui possono avere ancora un significativo. Si riferiscono principalmente a proposte legislative, a programmi di spesa .
L’esperienza comunitaria in tema di consultazioni pubbliche online, non a caso, è tra le più complete e le più efficienti. Dal 2016 la Commissione ha utilizzato la piattaforma Your voice, per poi optare successivamente per una pagina dedicata del sito web della Commissione e, da ultimo, con l’utilizzo della piattaforma “Di la tua” . Essa contiene una serie di iniziative di consultazione sia su proposte di legge ma anche su leggi già in vigore, nonché su una serie di iniziative già esperite e raccolte in un apposito archivio.
Al visitatore viene data la possibilità di comporre un questionario online per un periodo di tempo che va dalle 4 alle 11 settimane, in diverse lingue tra cui anche l’italiano. La sintesi di queste proposte viene raccolta, e molte volte anche elaborata, per essere inviata al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione. E’ possibile inviare proposte anche su leggi già in vigore attraverso il portale Come ridurre la burocrazia
Momento essenziale della pratica partecipativa è sicuramente quello della informazione consistente sia nell’informare il pubblico dell’indizione della consultazione, ma anche di fornire il materiale adeguato e sufficiente per la formazione di un’opinione in merito all’oggetto della stessa
La modalità più utilizzata è quella della “notice and comment” che prevede la possibilità di raccogliere giustappunto dei commenti, delle osservazioni su nuove disposizioni di legge. Il valore giuridico di queste consultazioni non ha un carattere vincolante riguardo alla decisione finale anche se bisogna, in caso di non adeguamento, darne una motivazione indicando le ragioni del mancato recepimento. Ma quali sono le tutele del cittadino a fronte di una di una decisione adottata senza tener conto delle indicazioni fornite in una consultazione? L’articolo 11 non prescrive un’apposita disciplina attuativa; per cui le consultazioni non essendo regolate da fonti legislative, ma solo da accordi internazionali, ciò comporta che la violazione dell’obbligo di consultazione non è di fatto sanzionabile non essendo qualificato come un inadempimento e perciò la Corte di giustizia non può nemmeno accogliere un’eventuale azione di annullamento .
In conclusione possiamo dire che le consultazioni indette a livello europeo hanno una certa coerenza organizzativa, infatti sono svolte sempre con le medesime modalità e cioè con la sottoposizione di un questionario a risposta aperta o multipla o a tendina. Per quanto riguarda invece l’oggetto esse mirano a una better regulation dei lavori della Commissione . Si configurano come un momento di dialogo con i destinatari delle norme al fine di ottenere la migliore produzione legislativa. Sono utilizzate sia come strumento di valutazione dell’impatto iniziale ma anche di controllo sugli atti comunitari
Lo scopo del portale europeo delle consultazioni- ridurre la distanza tra istituzioni e cittadini- non sempre però è stato raggiunto in modo soddisfacente. Sicuramente non sono stati ancora raggiunti gli attesi risultati in termini di partecipazione sia per un discorso di difficoltà linguistica, in quanto non sempre ci sono questionari in tutte le lingue dell’Unione, ma anche perché molte consultazioni hanno carattere tecnico e ciò impedisce il pronunciamento di chi non ha una specifica esperienza in quel settore
Quanto sopra è emerso anche da un lavoro del centro studi del Parlamento europeo a febbraio 2020 ha pubblicato un rapporto sull’impatto dello sviluppo delle tecnologie digitali nelle democrazie occidentali.
Il primo riguarda i cambiamenti demografici. I dati hanno evidenziato che, nei Paesi occidentali, il divario tra coloro che avranno tempo e risorse da spendere per partecipare ai processi decisionali è destinato a crescere. Per un verso, una popolazione più anziana è, potenzialmente, una popolazione più incline alla partecipazione, seppure con limiti più marcati dal punto di vista della dimestichezza con l’uso delle tecnologie digitali. Per altro verso, la quota di cittadini più giovani e meno abbienti, è potenzialmente meno interessata alle forme di partecipazione tradizionale (voto, volontariato) e più orientata a forme di impegno civico “soft” (la condivisione di contenuti politici online, ad esempio).
Il secondo evento analizzato dal rapporto riguarda l’impatto della tecnologia sulla società. Due conseguenze fondamentali: anzitutto, i movimenti e partiti politici degli ultimi anni già integrano nel loro modus operandi le tecnologie digitali; ancora le nuove forme di interazione e cooperazione sono divenute il simbolo dell’era dei social.
Infine, il terzo fattore determinante per , l’evoluzione delle democrazie occidentali riguarda la diffusione e consumo delle informazioni. La produzione e consumo di informazioni, con l’avvento dei social media sono passati da una struttura verticale (il cd. “broadcast model”, in cui il lettore fruisce passivamente delle informazioni diffuse dai media) a una struttura orizzontale, nella quale chiunque è potenzialmente un broadcaster, che diffonde le notizie alle proprie cerchie di contatti, spesso includendo la propria opinione. Questi cambiamenti nella diffusione e consumo delle informazioni hanno una conseguenza importante: ci si riferisce al generale impoverimento della qualità e della attendibilità delle notizie.
Il Rapporto avanza alcune proposte per il regolatore europeo; tra queste: aumentare gli incentivi alla partecipazione civica, migliorando il design delle procedure partecipative e delle interazioni cittadini-pubbliche amministrazioni; introdurre regole più stringenti per le piattaforme digitali sulle quali avviene la condivisione di contenuti di natura politica. Infine, investire sulla formazione, soprattutto dei più giovani, circa l’uso corretto dei canali di informazione.
Certo, a livello del singolo Stato, essendo garantita una multicanalità delle pratiche partecipative, si notano di sicuro risultati migliori; questo perché se è vero che le nuove tecnologie, come le piattaforme, sono uno strumento indispensabile per accorciare le distanze è anche vero che dove le procedure consultive vengono svolte parallelamente ad incontri fisici i risultati, in termini di partecipazione, sono sicuramente migliori.
Da più parti, perciò, si evidenzia la necessità del riconoscimento di una fonte di vincolo per le consultazioni pubbliche[13]; anche se bisognerebbe poi risolvere il problema della sovrapposizione tra le consultazioni della Commissione e quelle dell’iter legislativo interno ad ogni singolo Paese. In tal caso naturalmente la Corte di giustizia potrebbe essere destinataria di impugnative per deficit di consultazione.
3. La democrazia partecipativa nei Paesi del common law
Volendo analizzare le esperienze in Paesi di common law, l’attenzione non può che convergere sugli Stati Uniti ed al “public engagement”
Nel corso dell’ultimo secolo diversi sono stati gli innesti, in seno alla democrazia costituzionale americana, di strumenti di democrazia diretta col fine di adeguare la struttura decisionale pubblica ai bisogni di una società sempre più diversificata nonché, anche oltreoceano, per superare crisi di legittimità rappresentativa che le istituzioni si trovano ad affrontare. Inizialmente si è pensato che il referendum fosse lo strumento per affrontare tali crisi, poi sono state sempre più incrementate le possibilità di ricorso al civic engagement nell’ambito dei processi di decision making.[14]
Un nutrito gruppo di esperienze è costituito dal bilancio partecipativo, ma anche le deliberative polling, dove un gruppo di cittadini appartenenti al medesimo bacino elettorale deve deliberare su una specifica problematica, oggi sono la modalità di partecipazione più utilizzata.
Si prevede che i cittadini si esprimano in apertura e chiusura sulla tematica oggetto della procedura. Tra questi due momenti ci sono delle sessioni informative da parte di esperti per approfondire le conoscenze sulla tematica in questione cosi da avere opinioni fondate e motivate. Purtroppo però non c’è una sufficiente divulgazione dei documenti riassuntivi. Tale empasse ha trovato risoluzione nell’esperienza del 21st century town meeting che raccoglie individui appartenenti allo stesso bacino elettorale e, utilizzando le tecnologie informatiche, facilita molto i processi di comunicazione in seno ad ampi gruppi di persone. Accade così che grazie a queste ultime migliaia di persone , suddivisi in piccoli sottogruppi e collegati tramite computer e grandi schermi e potendo così conoscere in tempo reale[15]
4. La rivoluzione informatica e la partecipazione civica
Lo scenario descritto come si è visto, e meglio si dirà a breve, si avvantaggia dell’utilizzo delle nuove tecnologie che stanno aggiornando le dinamiche comunicative tradizionali permettendo di assicurare un’ampia partecipazione di tutti al policy making.
Un’attenzione particolare meritano, infatti, le sperimentazioni e le esperienze, oramai collaudate, di piattaforme per le cennate consultazioni utilizzate in diversi contesti politico governativi. Segnalo tra le tante la piattaforma Decidim utilizzata in Spagna dalla città di Barcellona. Essa può definirsi una piattaforma di terza generazione in quanto è stata pensata dopo quelle commerciali e quelle sociali ( facebook e twitter, per intendersi) . Essa è infatti una rete politica e si caratterizza per tre potenzialità in particolare: in essa il prosumer- produttore e consumatore di dati- è un attore politico; ancora esse permettono la costruzione di intelligenza, volontà e azione, non a caso è stata chiamata Decidim , e non si limitano a raccogliere o aggregare gusti e preferenze. Tali gusti e preferenze sono connesse al piano collettivo. Non è perciò interpellato il singolo, ma un noi decidente che viene poi connesso all’Istituzione politica per partecipare alle decisioni della stessa. Infatti Decidim ha l’obiettivo di diventare un dispositivo di appoggio ai processi di democratizzazione in fieri in ambito economico, sociale, politico Le reti politiche naturalmente sono costruite nel rispetto della qualità democratica, per cui nel rispetto di principi quali la partecipazione, l’uguaglianza, la qualità dell’informazione, la condivisione della decisione e non di certo per un benefit economico quali quelle commerciali.
A Taiwan, la piattaforma sperimentale di consultazione vTaiwan consente ad un ampio pubblico di partecipare ad un processo continuo di identificazione e discussione di problemi quali: la regolamentazione, la telemedicina, il telelavoro, l’istruzione. Parimenti in Islanda c’è la piattaforma Better Reykjavik finalizzata alla generazione di idee, alla discussione e presentazione di idee relative a servizi e proposte per la città. Almeno il 20% della popolazione islandese la utilizza.Piattaforme di wikidemocracy esistono in Brasile, Francia , Estonia, Finlandia, Uk.
5. Le arene deliberative e le spinte verso l’ ” istituzionalizzazione”: alcune considerazioni
In questo periodo storico di sempre maggior crisi del sistema democratico in termini di partecipazione, di fiducia, e di un futuro a sempre più alta intensità tecnologica ci troviamo in quella che alcuni filosofi chiamano “ uno spazio bianco” ( Carlo Sini), un momento di crisi del precedente sistema concettuale e della necessità di disegnarne e regolamentare uno nuovo scrivendo le regole di una nuova democrazia digitale e dei rapporti tra politica e tecnologia Sempre maggior rilievo, si è visto, hanno assunto le consultazioni pubbliche per un confronto ampio e immediato[16]
Tale potenziamento della consultazione civica certo non deve sostituire il sistema rappresentativo ne marginalizzare oltremodo le Istituzioni rappresentative[17], ma svolgere un ruolo servente, di impulso e legittimazione non sostituendo perciò cardini costituzionali quali quello della responsabilità e quello del controllo che necessità di una alterità tra controllore e controllato non salvaguardati in una democrazia partecipativa decidente.
La Rete, in una visione costituzionalmente orientata, è solo un moltiplicatore di esperienze partecipative in un’ottica di rimodulazione degli schemi della rappresentanza per cui tra questi ultimi ed il primo si debbono instaurare relazioni di interazione, osmosi, e di aggiornamento degli strumenti di esercizio della sovranità popolare. Esso cioè introduce il cittadino in un foro di discussione e partecipazione al fine di svolgere compiti di cittadinanza attiva e vigilanza democratica. In altre parola la Rete può offrire un fattivo contributo alla rivitalizzazione della partecipazione democratica in questa fase di costante cronicizzazione della sfiducia dei confronti delle Istituzioni.
In conclusione le consultazioni hanno sicuramente l’indubbio vantaggio di avvicinare il cittadino al decisore politico con notevole allargamento della platea e della possibilità di quest’ultima di monitorare l’andamento e verificare i risultati con la tecnica dell’Open Exchange che è sicuramente il sistema più efficace per acquisire informazioni in ordine alla consultazione ed uno strumento per verificare successivi report e le scelte del decisore sulle tematiche affrontate . Questa ondata partecipazionista, nata alla fine del XX secolo, favorisce di sicuro il passaggio da una democrazia, spesse volte solo formale e alternata, ad una sostanziale e senza soluzioni di continuità, grazie alla nuove tecnologie, perché la democrazia è partecipazione[18]
Per quanto è sicuramente vero che sempre di più oggi parlare di inclusione sociale significa garantire l’inclusione digitale, essendo il diritto di accesso ad internet uno strumento di cittadinanza attiva con cui ogni cittadino si confronta con l’Autorità di volta in volta interessata, aggiornando cosi gli schemi della democrazia rappresentativa oltre i classici moduli, è anche vero però che non vanno sottaciute le difficoltà a cui questa modalità partecipativa espone e tra esse, come in parte già evidenziato, due in particolare vanno attenzionate: mi riferisco, in primis, al cd digital divide ossia il gap esistente tra chi non incontra difficoltà alcuna a connettersi e coloro invece che sono impediti da limiti di ordine economico, sociale , culturale o infrastrutturale.
Un secondo limite è connesso una difficile accauntability. Questa in effetti presuppone una diversità tra il soggetto esaminato e chi fa valere tale responsabilità, in parole povere tra rappresentato e rappresentante. Per far valere con il voto la mancata realizzazione di quanto promesso durante il mandato elettorale c’è necessità, infatti, di tale alterità.
[1] A. Barbera, La rappresentanza politica: un mito in declino? In Quaderni costituzionali n. 4/2008, p 853 e ss
[2] G. Moschella, L’incerta prospettiva della democrazia rappresentativa tra crisi della sovranità, dello Stato e tendenze populistiche, in Federalismi.it, n. 12/2019;
[3] G.Pepe, Il modello della democrazia partecipativa tra aspetti e profili applicativi. Un’analisi comparata, Wolters Kluver, Cedam,2020, pag.21 “ Nel quadro della democrazia partecipativa, quindi, un’ampia consultazione degli stakeholders risulta preordinata al duplice obiettivo di conferire, da un lato, una legittimazione supplementare al sistema della rappresentanza e di incrementare, dall’altro, l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa nell’ottica di un migliore soddisfacimento dell’interesse pubblico di volta in volta perseguito”
[4] Il giudice delle leggi si pronuncia per la prima volta su tale innovativo istituto definendolo “prezioso strumento di democrazia partecipativa” Citazione tratta dal punto 6.1 del Considerato in diritto, ove la Corte afferma altresì che il dibattito pubblico risulta una “ tappa fondamentale nel cammino della cultura della partecipazione” proprio per l’importanza dello stesso bisogna però anche evitarne “ abusi”;
[5] E già prima nella pronuncia del 5 maggio del 1988 n. 507;
6 S.Rodotà, Tecnopolitica: la democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, IIed. Roma, 2004, passim;
[7]F.Marcelli,P. Marsocci, M.Pietrangelo( a cura di), La rete internet come spazio di partecipazione politica in “ Questioni contemporanee, ESI, 2015 pag55 e ss
[8] La disciplina del debat publique si trova nella legge n. 95-101 del 2 febbraio 1995 ed in leggi successive tra cui la legge n. 2018-148. Su tale istituto,Y. Mansillon, L’esperienza del “debat publique” in Francia , in Democrazia e diritto, n. 3 2006;
[9] D.Anselmi , Lo stato di attuazione del dibattito pubblico in Italia dopo il correttivo al Codice degli appalti: riflessioni sullo schema del D.P.C.M. recentemente proposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in Astrid Rassegna , 21,2016;
[10] M. Trettel, La democrazia partecipativa negli ordinamenti composti studio di diritto comparato sull’incidenza della tradizione giuridica nelle democratic innovations” ESI,2020, p.121
[11] S. Cassese, La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche. Saggio di diritto comparato, Ricerche IRPA,2007in www.irpa.it si auspica il ricorso alla partecipazione pubblica, ma cum grano salis per evitare un indebolimento dell’ amministrazione.
[12] P. Vipiana, La legislazione regionale sul dibattito pubblico anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 235/2018, in Osservatorio sulle fonti, 3,2018;
[13] Uno studio del Parlamento europeo- European parlamentary research service del giugno 2020- indica nella politicizzazione dei processi partecipativi una direttrice importante per comprendere il futuro della democrazia. La tecnologia riveste un ruolo importante, che può essere sintetizzato così: nel momento in cui un governo, avvalendosi di tecnologie digitali, è in grado di mobilitare un numero consistente di cittadini sollecitandoli a offrire un’idea o un parere su temi di ampia portata (l’ambiente, la sicurezza, la salute pubblica), a quali conseguenze va incontro nel momento in cui è chiamato a dare conto degli esiti delle consultazioni? Se, in altre parole, la tecnologia rende possibile ciò che fino a pochi anni fa era molto difficile: un coinvolgimento diretto di ampie fasce di popolazione, a quale costo offre questo risultato? Il rapporto è esplicito nell’ammonire i regolatori pubblici nell’uso di tecnologie digitali per scopi puramente politici. Incassato il consenso politico, l’amministratore pubblico è chiamato a rendere conto delle decisioni prese, rischiando l’effetto contrario rispetto a quanto auspicato. Si pensi, tra i casi più recenti, al Gran Debat National francese e alla European Citizen Initiative dell’Unione europea.
[14] Nella dottrina statunitense per definire queste forme di democrazia partecipativa si è ricorso a formule tipo “ civic engagement, democratic esperimentalism, democratic innovations” dove per direct public engagement si intende “ in person and on line processes that allow members of the public (…)to personally and actively exercise voice such that their ideas, concernes, needs,interests, and value are incorporated into governmental decision making” C. Sirianni, Investing in democracy. Engaging citizens in collaborative governance , Washingthon, Brookings Institution Press, 2009;
[15] Tra le esperienze più rilevanti e conosciute si segnala il 21st century town meeting che si è espressa sulla ricostruzione dell’area di Ground Zero dopo l’attentato del l’11 settembre 2001” Il progetto partecipativo della durata di Washingthon, Brookings Institution Press ,2009; due giornate e intitolato “ Listening to the City” ha coinvolto nei lavori deliberativi quattromilacinquecento cittadini selezionati nei registri elettorali secondo il metodo del campionamento casuale, successivamente divisi in piccoli gruppi da dieci-dodici persone l’uno e guidati da moderatori professionali. Le discussioni vertevano su sei progetti definiti in precedenza attorno ai quali si è andato ad imperniare l’intero processo deliberativo”in M. Trettel, La democrazia partecipativa negli ordinamenti composti studio di diritto comparato sull’incidenza della tradizione giuridica nelle democratic innovations” ESI,2020, pag 168
[16] R.Nannucci, M.A.Biasiotti, Verso nuove forme di democrazia partecipativa: esperienze, metodologie e prospettive dell’ e- Democracy in Informatica e diritto, XXX annata,vol XIII, 2004, p 67
[17] M. Cuniberti, Tecnologie digitali e libertà politiche, in Diritto dell’informazione e dell’informatica n. 2 /2015
[18] Allegretti U., Democrazia partecipativa, in Enc. Dir., Annali, IV,
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Rosalba Ambrosino
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