Le conseguenze del reato

Le conseguenze del reato

Prima e principale conseguenza che deriva dalla commissione di un reato è l’applicazione di una pena, ossia una sanzione che consegue alla violazione del precetto penale. Tra le caratteristiche della pena troviamo l’afflitività, che consiste nella comminazione della stessa da parte del giudice. Infatti, si tratta di una sanzione pubblica irrogata solamente dalla Pubblica Autorità all’esito di un processo penale.

Il fondamento, la ratio sottesa alla pena può ritrovarsi secondo la teoria della retribuzione nella riaffermazione di un violato principio di giustizia che viene, così, ristorato; secondo la teoria dell’intimidazione o della prevenzione generale risiederebbe nella capacità della pena di fungere da monito per i consociati circa l’astensione dalla commissione di nuovi illeciti; infine, per la teoria dell’emenda o della prevenzione speciale la funzione propria della pena sarebbe quella di impedire che il reo in futuro commetta nuovamente reati. L’art. 27 Cost. conferma che la pena ha sicuramente una funzione di emenda e deve tendere alla rieducazione del condannato proprio per prevenire la commissione di futuri reati.

La pena è innanzitutto personalissima in virtù della personale responsabilità penale (art. 27 Cost.); sottostà al principio di legalità (nulla poena sine lege); è inderogabile, in caso di violazione deve essere applicata; e deve essere proporzionata al fatto di reato commesso dal reo.  Le pene si differenziano macroscopicamente in pene detentive e pecuniarie. Una legge del 1994 ha abolito la pena di morte anche per i reati previsti dal codice militare di guerra e nel 2007 con L. Cost. n. 1 è stato soppresso l’inciso contenuto nell’art. 27 Cost. che la riteneva ammissibile proprio nei casi previsti dal Codice penale militare di guerra.

La pena detentiva maggiormente afflittiva è l’ergastolo: previsione della privazione della libertà personale con obbligo di lavoro diurno e isolamento notturno. Nel caso di ergastolo comminato per reati avulsi dai contesti di terrorismo, criminalità organizzata o eversiva, il condannato può essere ammesso al lavoro all’aperto. L’art. 22 c.p. non esclude che possa applicarsi al minore imputabile ma tale omissione è stata giudicato incostituzionale. Trascorsi 26 anni è possibile la liberazione condizionale. La pena della reclusione consiste nella privazione della libertà personale da un minimo di 15 giorni ad un massimo di 24 anni che può elevarsi sino a 30 in caso di circostanze aggravanti. Infine, l’arresto consiste nella privazione della libertà personale da un minimo di 5 giorni ad un massimo di 3 anni aumentabili sino a 5 in caso di concorso di circostanze aggravanti e 6 in caso di concorso di reati.

Le pene pecuniaria consistono nella multa e nell’ammenda. La prima, comminata per i delitti, prevede il pagamento allo Stato di una somma non inferiore ad euro 50 né superiore a 50 mila. La seconda, comminata per le contravvenzioni, prevede una somma non inferiore a 20 euro e non superiore a 10 mila.

Con il tempo, in virtù di una progressiva affermazione dell’esigenza di rieducare il condannato senza l’irrogazione di pene eccessivamente gravi e in un’ottica deflattiva si sono affermate le misure alternative alla detenzione. Con D.L. 162/2022 il Governo è intervenuto anche in tema di ergastolo ostativo che non permetteva l’accesso a nessun beneficio penitenziario a meno che i rei non collaborassero con la giustizia. Con l’intervento governativo si è previsto una lista ampliata di casi in cui è possibile concedere i suddetti benefici anche in assenza di una vera collaborazione. Nello specifico, è possibile esservi ammessi se si dimostra di aver adempiuto alle obbligazioni civili derivanti da reato e agli obblighi di riparazione pecuniaria ovvero si dimostri che per indigenza assoluta non si è in grado di adempiere. In quest’ultimo caso è possibile allegare documentazione attestante la partecipazione fruttuosa a percorsi rieducativi del condannato e l’assenza di collegamenti in essere con la criminalità organizzata.

La prima misura alternativa alla detenzione è l’affidamento in prova al servizio sociale se il reo viene condannato ad una pena non superiore ad anni 3. Per effetto del decreto svuota carceri tra il 2013 e 2014 si è esteso il limite ai 4 anni di detenzione anche quale pena residua da espiare. Ai sensi del D.lgs. 150/2022 l’esito positivo estingue la pena ed ogni effetto penale tranne le pene accessorie perpetue. Può essere dichiarata estinta dal Tribunale di sorveglianza anche la pena pecuniaria non ancora riscossa. È possibile l’applicazione di misure di sicurezza se ne ricorrono i presupposti. L’affidamento può essere revocato se i comportamenti dell’imputato non sono compatibili con la prosecuzione del percorso. È possibile la detrazione di pena di 45 giorni ogni semestre. È concedibile una sola volta nel caso di condannato con recidiva reiterata. È precluso nel caso di condannato per evasione.

La seconda misura alternativa alla detenzione che andiamo ad analizzare è la semilibertà, di cui agli artt. 48 ss. Della L. 354/1975 e prevede la possibilità di trascorrere parte del giorno al di fuori dell’istituto di carcerazione. È possibile per il condannato alla pena dell’arresto o della reclusione non superiore a mesi 6; per chi abbia espiato metà della pena o i due terzi in caso di particolari delitti; per l’internato è sempre possibile; per chi, in caso di ergastolo, abbia almeno scontato 20 anni. Ancora una volta non è ammissibile per chi è stato condannato per evasione.

La liberazione anticipata è disciplinata dall’art. 45 della L. 354/1975 e prevede una riduzione di pena pari a 45 giorni ogni semestre per i condannati che abbiano dimostrato un’attiva partecipazione all’opera di rieducazione. È possibile anche per gli ergastolani. In occasione del decreto svuota carceri per un periodo che intercorreva dalla sua entrata in vigore sino al 24.12.2017 la detrazione di pena è stata innalzata sino a 75 giorni ogni semestre.

Relativamente alla detenzione domiciliare la normativa di riferimento è l’art. 47 ter della L. 354/1975 e prevede che in caso di condanna alla reclusione non superiore ad anni 4 anche quale rimanente pena da espiare e nei casi di arresto vi è la possibilità di espiare la pena pressa una privata dimora o in un luogo di pubblica cura o assistenza o in case famiglia protette nel caso di madre di prole di età inferiore ai 10 anni convivente; padre di prole inferiore ai 10 anni con madre assente o deceduta o impossibilitata ad occuparsene; persona con problemi gravi di salute; per chi ha superato i 60 anni ed è anche parzialmente inabile; per i minori di anni 21 per esigenze di studio, lavoro, salute e famiglia. Chi abbia compiuto 70 anni e non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza e non sia mai stato recidivo può sempre per ogni reato scontare la propria pena tramite la detenzione domiciliare.

Esiste, anche, la detenzione domiciliare speciale che si applica quando mancano le condizioni generali sopra esposte ma si tratta di condanna ad una madre di prole di età non superiore ad anni 10 se vi è la possibilità di ripristinare una convivenza con i figli se viene espiato almeno un terzo di pena reclusiva o 15 anni in casi di ergastolo. Può essere sempre revocata in caso di comportamenti illeciti o incompatibili con la prosecuzione del beneficio.

La L. 199/2010 previde la possibilità, per le pene detentive non superiori a 12 mesi poi ampliati a 18, di eseguirle presso un privato domicilio.

Quando viene comminata una c.d. pena detentiva breve è possibile applicare delle sanzioni sostitutive. Questa materia è stata oggetto di una sostanziale riscrittura ad opera della riforma Cartabia. In caso di condanna ad una pena detentiva non superiore ad anni 4 è possibile, ai sensi dell’art. 55 della L. 689/1981, essere ammessi alla semilibertà sostitutiva per un massimo di otto ore giornaliere, qualora ricorrano ragioni di studio, lavoro, formazione professionale e qualunque attività di reinserimento sociale. L’UNEP predispone un programma per il condannato, il giudice se lo approva ammette il reo alla semilibertà. È, inoltre, possibile sempre in caso di condanna a pena detentiva non superiore ad anni 4, essere ammessi alla detenzione domiciliare sostitutiva. In questo caso permane un obbligo di trascorrere nel luogo di privata dimora o di pubblica cura o assistenza, oppure in case-famiglia protette, almeno 12 ore giornaliere. Ancora una volta l’UNEP predispone un programma di trattamento che deve essere sottoposto al vaglio di approvazione del giudice, il quale, se nel caso, può prevedere modalità elettroniche di monitoraggio. Qualora venga comminata una pena detentiva non superiore ad anni 3 l’art. 56bis della L. 689/1981 prevede la possibilità di svolgere il lavoro di pubblica utilità sostitutivo. La prestazione di attività a favore della collettività deve essere svolta per minimo 6 ore e massimo 15 settimanali e per non più di otto ore giornaliere. Un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di due ore lavorative. Infine, nel caso di condanna ad una pena detentiva non superiore ad anni 1, in base al dispositivo dell’art. 56quater della L. 689/1981, è possibile la conversione in pena pecuniaria sostitutiva, ove il giudice individua il valore giornaliero, tra i 5 e i 2.500 euro, moltiplicando per il numero di giorni da espiare e tenendo conto delle attuali condizioni economiche del condannato.

Da ultimo analizziamo le pene accessorie, le quali possono essere temporanee o perpetue e vengono automaticamente applicate in caso di condanna penale. In caso di patteggiamento queste non verranno applicate e nemmeno le misure di sicurezza. Partendo da quelle maggiormente afflittive ritroviamo l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, sospensione dall’esercizio di una professione o un arte, sospensione da uffici direttivi di persone giuridiche, decadenza della responsabilità genitoriale, l’estinzione del rapporto di lavoro o impiego per i dipendenti di enti pubblici, interdizione legale, interdizione temporanea dai pubblici uffici o dall’esercizio di una professione o un’arte, e infine, la pubblicazione della sentenza penale di condanna sul sito internet del Ministero della Giustizia per non più di 30 giorni.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Silvia Mallamaci

Latest posts by Silvia Mallamaci (see all)

Articoli inerenti