Le deleghe in assemblea di Condominio
SOMMARIO: 1. La delega – 2. Il contenuto della delega – 3. Il rappresentante legale del condòmino – 4. Il rappresentante dei comproprietari – 5. Il supercondominio – 6. La forma scritta – 7. Le modalità di esercizio della delega previste dal regolamento condominiale – 8. I limiti “quantitativi” – 9. Le regole del mandato – 10. Il falsus procurator – 11. Il conflitto d’interesse – 12. Il divieto di delega all’amministratore del condominio.
1. La delega
La partecipazione delegata in assemblea è disciplinata dall’art. 67 disp. att. c.c., il cui primo comma dispone: “ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta”. Ciascun condòmino può dunque farsi rappresentare in assemblea da altri condòmini o da soggetti terzi conferendo loro il potere di rappresentarlo in assemblea e di esercitare in suo nome il diritto di voto. In tal caso, sarà considerato “presente” ad ogni effetto, con tutte le conseguenze in ordine alla regolare costituzione dell’assemblea, alla legittimazione all’impugnazione della delibera ai sensi dell’art. 1137 c.c. (Trib. Roma, sez. V, 6.4.2009). La funzione della delega è quella di consentire al condòmino che non possa presenziare all’assemblea di parteciparvi ugualmente, per mezzo di una persona dallo stesso volontariamente designata. Tale possibilità spetta in ogni caso, anche in assenza di un impedimento specifico, essendo la partecipazione all’assemblea rimessa alla volontà del singolo
2. Il contenuto della delega
Dal punto di vista giuridico, la delega configura un contratto di mandato, per cui al rapporto tra delegante e delegato, in assenza di disposizioni specifiche, si applicano le norme generali del mandato di cui all’art. 1703 e seguenti c.c., in quanto compatibili (Cass. civ. 25.1.2016, n. 1234). Il delegato ha l’obbligo di attenersi alle istruzioni che gli sono state impartite con la delega (c.d. delega titolata), sia per quanto riguarda le materie sulle quali è abilitato a intervenire e votare (e che possono anche non coincidere con tutte quelle poste all’ordine del giorno), sia per quanto riguarda le posizioni da assumere, cioè il voto da esprimere in assemblea. Ai sensi dell’art. 1711 c.c., infatti, il rappresentante non può eccedere i limiti fissati dal mandato.
3. Il rappresentante legale del condòmino
In alcuni casi, è la legge ad imporre di partecipare all’assemblea per il tramite di un rappresentante, individuato preventivamente dallo stesso legislatore. Si pensi, ad esempio, alla rappresentanza necessaria prevista nei confronti dei soggetti incapaci, cioè privi della capacità di agire (il proprietario minorenne, l’interdetto, l’inabilitato o la persona soggetta a amministrazione di sostegno). Tali soggetti saranno rappresentati in assemblea, rispettivamente, dall’esercente la potestà genitoriale, dal tutore, dal curatore o dall’amministratore di sostegno, se previsto dal decreto di nomina. In tutti questi casi, il rappresentante legale (l’esercente la potestà genitoriale, il curatore e il tutore) avrà a sua volta la facoltà di non partecipare all’assemblea oppure di parteciparvi, di persona o delegando tale incombenza ad un altro condòmino o ad un terzo. In quest’ultimo caso, non si configurerà la fattispecie, vietata, della sub-delega. Lo stesso discorso vale nei casi in cui la qualità di condòmino sia rivestita da una associazione o società, proprietaria di uno o più immobili in condòmino, la quale parteciperà all’assemblea per il tramite del proprio rappresentante legale pro tempore o di soggetto da questi delegato.
4. Il rappresentante dei comproprietari
Un’altra ipotesi di rappresentanza necessaria si ha nel caso di unità immobiliare in proprietà indivisa a più persone. La fattispecie è disciplinata dal secondo comma dell’art. 67 disp. att. c.c., come modificato dalla legge n. 220/2012, ai sensi del quale: “Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo 1106 del codice”. La volontà dei comproprietari si manifesta con un solo voto, espresso dal rappresentante, riferibile all’unità immobiliare oggetto di comunione, con effetti vincolanti nei confronti degli altri proprietari pro indiviso.
Quanto detto finora vale per il voto. In realtà, tutti i comproprietari possono partecipare alla discussione. Al momento del voto, però, eventuali contrasti tra i comproprietari in ordine agli argomenti all’ordine del giorno andranno risolti all’interno del gruppo e la volontà della maggioranza sarà espressa in assemblea dal voto unico del rappresentante, vincolante per tutti i comproprietari, compresi i dissenzienti.
In sintesi, ai sensi del combinato disposto degli art. 67 disp. att. c.c., 1105 e 1106 c.c.:
i comproprietari dell’immobile in condominio nominano un rappresentante (che può essere uno dei comproprietari stessi o un terzo);
il rappresentante è l’unico soggetto legittimato ad esprimere in assemblea un solo voto, che rappresenta la volontà di tutti i comproprietari;
l’art. 67 citato, dopo la legge di riforma, non prevede più il sorteggio da parte del presidente dell’assemblea se i comproprietari non riescono a nominare un rappresentante; la tesi prevalente ritiene tuttavia possibile chiede al giudice la nomina di un rappresentante.
La stessa disciplina opera anche tra i coniugi comproprietari, oppure quando il condòmino è una società di persone con pluralità di soci amministratori, salvo non risultino pattuizione sociali interne attributive del potere di rappresentanza ad un singolo socio.
Delega conferita dal coniuge comproprietario |
La giurisprudenza di merito ritiene che in caso di immobile di proprietà di entrambi i coniugi, la delega a partecipare all’assemblea condominiale conferita da uno dei due coniugi ad un terzo si presume conferita anche dall’altro coniuge comproprietario dell’unità immobiliare (Trib. Milano, 17.11.1988, in Arch. Locazioni, 1989, 726). La prova dell’avvenuto rilascio della delega da parte di uno dei coniugi può essere fornita anche per presunzioni semplici. |
L’usufruttuario dell’immobile in condominio |
Ai sensi dei commi 6 e 7 dell’art. 67 disp. att. c.c., l’usufruttuario può partecipare all’assemblea ed esercitare il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni (Cass. civ. 4.7.2013, n. 16774). Nelle altre deliberazioni il diritto di voto spetta invece al nudo proprietario, salvi i casi in cui l’usufruttario intenda avvalersi del diritto di cui all’art. 1006 c.c., ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli artt. 985 e 986 c.c. In entrambi i casi, l’usufruttuario può partecipare all’assemblea ed esercitare eventualmente il voto per mezzo di un delegato. Quindi, l’usufruttuario ha diritto di partecipare all’assemblea e di votare allorquando all’ordine del giorno vi siano delibere afferenti all’ordinaria manutenzione, in relazione alle quali egli ha gli stessi poteri del condòmino, compreso quello di farsi rappresentare in assemblea da un terzo. Lo stesso principio vale per il titolare del diritto di abitazione. |
5. Il supercondominio
La legge di riforma del condominio ha introdotto una disciplina specifica per regolamentare le assemblee del supercondominio con più di 60 partecipanti. Il nuovo comma 3 dell’art. 67 disp. att. c.c. dispone che nei casi di cui all’art. 1117-bis c.c. (“tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117”), quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all’art. 1136, quinto comma, c.c., il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, il giudice provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all’autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condòmini.
6. La forma scritta
Ai sensi del nuovo comma 1 dell’art. 67 disp. att. c.c., il delegato deve essere munito di “delega scritta”. In difetto di forma scritta, la delega non è valida (è nulla o, secondo alcuni, addirittura inesistente), con la conseguenza che il condòmino che ha conferito delega non può considerarsi presente in assemblea.
Prima della legge di riforma, la norma non specificava la forma della delega. In linea generale, salvo diverse disposizioni del regolamento condominiale, nulla escludeva che tale delega potesse essere conferita anche in forma orale (anche per telefono, ad esempio), salvo precisare la necessità del mandato scritto ogni volta si deliberasse su rapporti per i quali fosse prescritto, ad probationem o ad sustantiam, l’atto scritto (ad esempio, l’acquisto di immobili, dovendo anche la delega possedere gli stessi requisiti formali della deliberazione).
L’attuale art. 67 disp. att. c.c., come modificato dalla legge n. 220/2012, richiede sempre la forma scritta per la delega, senza alcuna distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione. Pertanto, dopo l’entrata in vigore della riforma, ogni condòmino può intervenire in assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Diversamente le delibere devono considerarsi annullabili. Altresì nulle devono considerarsi le norme del regolamento di condominio che eventualmente consentano forme di delega diverse da quella scritta. Analogamente a quanto previsto per l’avviso di convocazione, la delega potrebbe essere, oltre che consegnata al delegato, spedita per raccomandata o anche conferita via fax o come allegato “scansionato” via e-mail (meglio se con posta elettronica certificata). La legge, infatti, non vieta di poter utilizzare questi mezzi. L’importante è che lo si faccia prima dell’inizio dell’assemblea.
7. Le modalità di esercizio della delega previste dal regolamento condominiale
L’art. 67 disp. att. c.c., primo comma, è dichiarato espressamente inderogabile dall’art. 72 disp. att. c.c. Pertanto, sono nulle le eventuali clausole del regolamento condominiale, anche contrattuale, che escludano la possibilità di conferire delega per partecipare all’assemblea o che limitino il potere di delega al punto da pregiudicarne l’esercizio.
L’inderogabilità della norma, tuttavia, attiene esclusivamente alla facoltà del condòmino di conferire apposita delega, nel senso che non può essere escluso il diritto di partecipare all’assemblea per il tramite di un rappresentante. È ben possibile, invece, disciplinare le modalità di esercizio della facoltà di delega, ad esempio:
per evitare l’accumulo eccessivo delle deleghe in capo ad una sola persona;
per prevenire o evitare l’attuale e potenziale conflitto di interessi (quindi vietando il conferimento di deleghe a determinati soggetti);
più in generale, per imporre forme più rigorose a tutela della certezza dei diritti.
8. I limiti “quantitativi”
Ferme restando le modalità di esercizio del potere di delega eventualmente contemplati dal regolamento di condominio, il nuovo art. 67 disp. att c.c. introduce due limiti al potere di conferimento della delega.
Il comma 1 stabilisce che “se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale”. Questo limite, di carattere oggettivo, è stato introdotto al fine di limitare il fenomeno, abbastanza diffuso, della concentrazione di deleghe in capo ad un unico soggetto.
La ratio di tale previsione va rinvenuta nell’esigenza, da un lato, di incentivare la personale e diretta partecipazione in assemblea e, dall’altro, di evitare la concentrazione di deleghe in capo al soggetto e prevenire situazioni di conflitto d’interessi. Il delegato, infatti, benché rappresentativo della volontà dei deleganti, talvolta è portatore soltanto di un suo personale interesse in grado di condizionare fortemente l’esito della votazione.
Il divieto introdotto dalla legge 220/2012 riguarda solo i condominii con almeno 21 condòmini.
9. Le regole del mandato
Come abbiamo anticipato all’inizio, in assenza di norme specifiche, i rapporti tra il soggetto delegato intervenuto personalmente in assemblea ed il condòmino che ha conferito la delega sono disciplinati in base alle norme generali sul contratto di mandato (artt. 1703 e seguenti c.c.) in quanto compatibili. Ai sensi di quanto disposto dall’art. 1711 c.c., il mandatario-rappresentante non può eccedere i limiti fissati dal mandato. Ne consegue pertanto che il delegato dovrà attenersi alle indicazioni impartitegli dal condòmino-delegante, anche se, in linea generale, eventuali eccessi di delega produrranno effetti all’interno del rapporto tra mandante e mandatario, senza coinvolgere la validità delle decisioni prese in assemblea.
La dottrina distingue tre diverse situazioni.
-il delegante non ha fornito al delegato indicazioni di voto lasciando ampia libertà di decisione (c.d. delega in bianco). In tal caso la delibera assunta con il voto favorevole del delegato vincolerà a tutti gli effetti il delegante; questi non potrà in nessun modo impugnarla, nemmeno nell’ipotesi in cui sia completamente contrario alla scelta di voto operata dal suo delegato, non potendo essere considerato dissenziente.
-il delegato non si limita a votare, secondo le indicazioni dategli, sui punti all’ordine del giorno, ma esprime il voto anche su argomenti non all’ordine del giorno, dei quali il delegante non poteva, ovviamente, fornirgli alcuna indicazioni (c.d. eccesso di potere). In tal caso, il voto espresso dal delegato deve ritenersi inefficace per il delegante il quale, conseguentemente, potrà impugnare la delibera. Il vizio relativo alla incompletezza dell’ordine del giorno ritenersi sanato dalla partecipazione al voto di soggetto privo di potere rappresentativo in relazione agli argomenti esorbitanti dall’ordine del giorno stesso.
Proprio in applicazione delle norme sul mandato è vietata la sub-delega, in quanto si presuppone l’esistenza di un rapporto fiduciario tra i due soggetti (delegane-delegato) che verrebbe meno nel caso di “cessione” della delega ad altra persona.-il delegato, pur avendo ricevuto specifiche indicazioni di voto su tutti gli argomenti all’ordine del giorno, non vi si attiene votando difformemente rispetto alle indicazioni dategli. Anche siffatta ipotesi configura un eccesso di delega con analoghe conseguenze (TRIOLA R., ANDRIGHETTI FORMAGGINI M., L’assemblea di condominio, Milano, 2006, 130 ss.).
10. Il falsus procurator
Può accadere che in assemblea partecipi, in qualità di rappresentante di un condòmino, un soggetto a cui in realtà non è stata conferita alcuna delega (c.d. falsus procurator). In questi casi, non avendo il condòmino conferito alcun potere rappresentativo, l’attività posta in essere dal falso rappresentante nell’ambito dell’assemblea è inefficace nei confronti dello stesso condòmino, che, pertanto, sarà considerato assente e potrà impugnare le deliberazioni adottate nella stessa assemblea.
L’operato del falso delegato nel corso dell’assemblea è inefficace nei confronti del solo delegante fino ad un’eventuale ratifica di questi; tale inefficacia (temporanea) non è tuttavia rilevabile d’ufficio, ma solo su eccezione del condomino pseudo-rappresentato (Cass. civ., 27.3.2003 n. 4531).Il condòmino falsamente rappresentato ben potrà in un secondo momento accettare (anche per comportamenti concludenti) e, dunque, ratificare l’operato svolto dal falsus procurator.
La presenza del falsus procurator, inoltre, oltre a rilevare ai fini della validità delle deliberazioni, potrebbe inficiare la valida costituzione dell’assemblea in riferimento alla formazione del quorum costitutivo. Si renderà pertanto necessaria la c.d. prova di resistenza, ossia verificare se in assemblea si sia ugualmente raggiunto il quorum richiesto anche escludendo dal computo le quote del condòmino “falsamente” rappresentato (Cass. civ., 8.8.2003, n. 11943).
11. Il conflitto d’interesse
Un condomino è in conflitto con il condominio quando il suo interesse individuale è in contrasto, sia pur ipotetico e potenziale, con l’interesse collettivo, che è sempre orientato alla gestione corretta e trasparente delle cose comuni.
Il codice civile non contiene una disciplina particolare per le situazioni di conflitto d’interesse in assemblea condominiale, e la legge di riforma non ha colmato questo vuoto normativo. Come si accennava prima, i limiti numerici al conferimento delle deleghe possono certamente costituire uno strumento utile per contenere il fenomeno dell’accentramento di deleghe, situazione in cui tipicamente può sorgere un conflitto tra interessi comuni dell’ente condominiale e interessi personali del singolo. Tuttavia, situazioni di conflittualità possono verificarsi anche oltre questi casi.
In assenza di disposizioni specifiche, la giurisprudenza ritiene che al conflitto d’interessi in condominio si applica la disciplina societaria prevista dall’art. 2373 c.c. Il primo comma della norma testé citata recita: “La deliberazione approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma dell’articolo 2377 qualora possa recarle danno”. Nello specifico la Corte di Cassazione, con orientamento oramai uniforme e consolidato, fa in più occasioni affermato che: ai fini del detto computo, non si debba tener conto del voto del condomino (o dei condomini) titolari (in relazione, sempre, all’oggetto della deliberazione) d’un interesse particolare contrastante, anche solo virtualmente, con quello degli altri condomini” (Cass. civ. 22.7.2002, n. 10683). Dunque, il condòmino in conflitto sarà considerato ai fini della regolare costituzione dell’assemblea ma non potrà partecipare alla votazione in relazione a quei punti nei quali la sua posizione è in conflitto con quella del condominio.
La delibera votata dal condòmino in conflitto è da ritenersi annullabile, in quanto viziata in relazione ai quorum deliberativi (cfr. Cass. SS.UU. n. 4806/05) qualora il voto espresso dallo stesso sia stato determinante per l’approvazione della delibera stessa. La deliberazione potrà essere impugnata nei modi e termini di cui all’art. 1137 c.c. Chi impugna deve dimostrare:
l’esistenza del conflitto d’interesse
che il voto del condòmino in conflitto è stato determinante per l’approvazione della delibera impugnata, sicché non è annullabile la delibera presa con il voto del condomino in conflitto se questi è ininfluente (si tratta della c.d. prova di resistenza)
che la delibera impugnata gli ha recato un danno.
A questo punto ipotizziamo che il condòmino in conflitto è stato delegato da altri condòmini a partecipare all’assemblea per loro conto. Che cosa accade se il delegante non è in conflitto ma lo è il delegato che per lui esprime il voto? La posizione di conflitto si estende automaticamente?
Su questo punto, la Corte di Cassazione ha affermato che: “Qualora il condomino in conflitto di interessi sia stato delegato da altro condomino ad esprimere il voto in assemblea, la situazione di conflitto che lo riguarda non è estensibile aprioristicamente al rappresentato, ma soltanto allorché si accerti, in concreto, che il delegante non era a conoscenza di tale situazione, dovendosi, in caso contrario, presumere che il delegante, nel conferire il mandato, abbia valutato anche il proprio interesse – non personale ma quale componente della collettività – e lo abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato” (Cass. civ. 10.8.2009, n. 18192).
In pratica, si presume, fino a prova contraria, la validità del voto espresso dal delegato in conflitto d’interessi. Ne consegue che l’applicazione dell’art. 2373 c.c. non si estende automaticamente a quelle fattispecie in cui il voto dei condòmini, presenti per delega, è espresso dal condòmino in conflitto.
In particolare:
la situazione di conflitto di interessi del delegante non si estende al condomino delegato. Se, dunque, Tizio, in conflitto di interessi, delega il condomino Caio, non potrà essere computato il voto dato da Caio quale delegato di Tizio, ma sarà validamente espresso il voto dato da Caio a nome proprio;
qualora, invece, sia il delegato a trovarsi in situazione di conflitto di interessi, l’invalidità del voto espresso in proprio dal delegante non si estende necessariamente ed aprioristicamente al voto espresso quale delegato, occorrendo indagare volta per volta se la situazione di conflitto fosse nota o meno al delegante: solo nel secondo caso, quando, cioè, la delega sia stata conferita da chi non fosse a conoscenza del conflitto, il voto del delegante non è validamente espresso.
12. Il divieto di delega all’amministratore del condominio
Prima della legge di riforma, i casi più frequenti di conflitto d’interessi riguardavano la persona dell’amministratore di condominio.
In assenza di disposizioni specifiche, infatti, si riteneva ammissibile che l’amministratore potesse essere destinatario di delega a partecipare all’assemblea del condominio per conto di uno o più condòmini. I maggiori dubbi sulla legittimità delle deleghe all’amministratore riguardavano i casi in cui l’assemblea era chiamata a discutere su temi inerenti alla carica dell’amministratore stesso o al suo operato. In questi casi, infatti, era evidente il pericolo di un conflitto di interessi. Si pensi, ad esempio, all’approvazione del rendiconto, in cui l’amministratore partecipava (e votava) all’interno dello stesso organo (l’assemblea, appunto) che doveva controllare e deliberare sulla sua gestione.
La legge di riforma del condominio ha eliminato ogni dubbio introducendo un divieto assoluto di delega nei confronti dell’amministratore. Il nuovo art. 67, comma 5, disp. att c.c. dispone infatti che: “all’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea”. Oggi, dunque, la delega all’amministratore è sempre illegittima e la relativa delibera votata anche dall’amministratore-delegato è da considerarsi annullabile nei tempi e modi previsti dall’art. 1137 c.c., indipendentemente dalla sussistenza o meno del conflitto d’interessi. Ne consegue che il condòmino che intende agire per l’annullamento della delibera dovrà dimostrare che la stessa è stata illegittimamente votata dall’amministratore e che tale voto è stato determinante per l’approvazione della delibera stessa (c.d. prova di resistenza). Non è più necessario, invece, dimostrare l’esistenza in capo all’amministratore di una situazione di conflitto d’interessi, in quando l’invalidità della delibera è legata esclusivamente alla violazione del divieto di delega ex art. 67, comma 5, disp. att. c.c. Ciò comporta una facilitazione probatoria non indifferente. La competenza per l’impugnazione della delibera è del Tribunale (Cass. civ., n. 13552/2011).
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Giuseppe Nuzzo
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