Le Leggi provvedimento alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 2020

Le Leggi provvedimento alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 2020

Il provvedimento costituisce l’atto conclusivo del procedimento amministrativo. Esso ha carattere particolare e concreto, producendo effetti diretti nella sfera giuridica di soggetti determinati.

Le modalità di azione della Pubblica Amministrazione seguono pertanto lo schema “norma – potere – effetto”: una norma di legge attribuisce alla P.A. il potere di agire per il perseguimento di un fine pubblico prestabilito che si concretizza con l’emanazione, da parte della stessa P.A., di un provvedimento idoneo a modificare la realtà giuridica.

L’atto legislativo, invece, è dotato dei caratteri sostanziali della generalità ed astrattezza, rivolgendosi esso ad un numero indeterminato di soggetti senza disciplinare direttamente la situazione concreta. Si parla di atto formalmente e sostanzialmente legislativo in quanto, oltre ad essere emanato da organi cui compete istituzionalmente la potestà legislativa, ha un contenuto generale e astratto nel senso sopra esplicitato.

Caratteristiche del tutto peculiari si riscontrano nelle c.d. leggi-provvedimento. Queste, pur essendo atti formalmente legislativi, hanno un contenuto particolare e concreto alla stregua di un provvedimento amministrativo, incidendo direttamente sulla sfera giuridica dei singoli destinatari.

L’ammissibilità delle leggi-provvedimento può porsi in contrasto con le esigenze di tutela giurisdizionale dei singoli consociati alla luce degli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione.

Vengono in rilievo, quale parametro interposto ai sensi dell’art. 117, comma primo, Cost., anche gli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, i quali sanciscono il diritto ad un processo equo e ad un ricorso effettivo per la tutela dei propri diritti.

Mancando un momento amministrativo di esercizio del potere, la tutela dei privati destinatari di una legge-provvedimento può esercitarsi solo tramite il sindacato costituzionale delle leggi ai sensi dell’art. 134 Cost. e secondo le modalità stabilite dalla Legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

Per i privati il giudizio costituzionale delle leggi è attivabile solo in via incidentale e in presenza di determinati presupposti stabiliti dall’art. 23 della Legge sopra riportata. Un primo presupposto attiene alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale ai fini della risoluzione di una controversia giudiziale in corso. Un altro presupposto richiede invece che tale questione non sia manifestamente infondata.

Il passaggio da una tutela giurisdizionale piena dinanzi al Giudice amministrativo ad una tutela in via incidentale dinanzi al Giudice delle leggi non deve comportare alcuna compressione del diritto di difesa dei privati coinvolti. La Corte costituzionale, infatti, ritiene che il sistema di giustizia costituzionale sia ampiamente idoneo a tutelare le istanze dei soggetti destinatari di una legge-provvedimento, a condizione che quest’ultima venga sottoposta ad un sindacato più rigoroso sotto i profili della non arbitrarietà e non irragionevolezza della scelta compiuta dal Legislatore (sul punto, si vedano, le sentenze Corte cost. n. 114 del 2017, n. 64 del 2014, n. 20 del 2012).

Sotto altro profilo, per la giurisprudenza costituzionale non è ricavabile dal sistema della Costituzione una riserva di potere amministrativo, ossia un autonomo spazio riservato all’azione della P.A.

Il Legislatore, dunque, può discrezionalmente prevedere e disciplinare casi specifici sottraendo all’Amministrazione il relativo potere, senza per questo porsi in contrasto con la Costituzione.

In questo quadro, ampiamente consolidato nella giurisprudenza costituzionale, si inserisce una recente pronuncia della Corte che, ribadendo i principi già esposti sopra, pone dei limiti più stringenti all’ammissibilità delle leggi-provvedimento.

Su ricorso del TAR Molise, con la sentenza n. 116, pubblicata in G.U. il 24/06/2020, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34-bis del Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96.

La norma dichiarata incostituzionale riguarda l’approvazione del programma operativo straordinario (POS) per la Regione Molise relativamente al triennio 2015-2018.

Nella pronuncia in commento si attribuisce una precisa valenza all’istituto della partecipazione procedimentale, quale strumento di garanzia e trasparenza dell’azione amministrativa.

Il procedimento amministrativo, infatti, rappresenta la sede nella quale l’interesse pubblico viene posto in relazione con gli interessi dei privati coinvolti, i quali possono apportare il loro “punto di vista” in un’ottica di collaborazione con i pubblici poteri, come garantito in generale dagli articoli 7 e seguenti della Legge 7 agosto 1990, n. 241.

Secondo la Corte, pur non sussistendo una riserva di amministrazione, il procedimento di adozione di un atto amministrativo che preveda la necessaria partecipazione dei privati non può essere sostituito da un atto legislativo che, per sua natura, risulta privo delle medesime garanzie partecipative. Nella pronuncia in commento si legge che “se è vero che in linea di principio la tutela giudiziaria non viene meno per il trasferimento del contenzioso alla giurisdizione costituzionale (…), è anche vero che non può non considerarsi che in casi come quello in esame vengano in rilievo mancanze, quali il difetto di partecipazione degli interessati, che non si potrebbero addebitare all’atto legislativo, in quanto fisiologicamente estranee al relativo procedimento“.

Da quanto riportato si evince che l’atto legislativo non può sempre e comunque sostituirsi alla valutazione compiuta nella sede amministrativa.

In tal modo si afferma la centralità del procedimento e degli strumenti di partecipazione, i quali concorrono alla definizione del provvedimento finale sulla base di una necessaria ponderazione in concreto con l’interesse pubblico di riferimento.

Pertanto, le garanzie partecipative, se previste ex ante dal Legislatore per la conclusione di un determinato procedimento, non possono essere private di operatività ex post con un provvedimento dello stesso Legislatore che decida di avocare a sé la decisione finale.

Alla luce di quanto brevemente esposto, si può affermare che il nuovo indirizzo della Corte costituzionale pone un preciso limite all’ammissibilità delle leggi-provvedimento, che viene individuato nella sussistenza di garanzie partecipative riconosciute ai cittadini coinvolti in un determinato procedimento che, per sua intrinseca natura, non può che svolgersi nella sede amministrativa.


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