Le misure di prevenzione patrimoniali: la confisca di prevenzione a carico dei beni formalmente intestati a persona diversa dal proposto
La confisca di prevenzione, insieme al sequestro, rientra nel genus delle misure di prevenzione patrimoniali, le quali hanno il precipuo scopo di sottrarre al circuito criminoso mafioso beni di provenienza illecita.
Le misure di prevenzione sono provvedimenti special-preventivi, che hanno come finalità quella di evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti considerate socialmente pericolose.
Principale caratteristica è la loro applicazione ante delictum, indipendentemente dalla commissione di un precedente reato, a differenza delle misure di sicurezza che si applicano post delictum.
Attualmente il D.lgs n. 159 del 2011 rappresenta il principale punto di riferimento normativo in tema di misure di prevenzione.
Il D.lgs n. 159 del 2011, che ha promulgato il c.d. Codice Antimafia, ha rivisitato la materia delle misure di prevenzione patrimoniali, novellando l’ intera disciplina in un testo che tiene conto del precedente dibattito dottrinale e dei più recenti arresti giurisprudenziali in materia .
In particolar modo il Titolo II del libro I di questo decreto è dedicato alle misure di prevenzione patrimoniali, segnate dai differenti effetti prodotti sul patrimonio del soggetto inciso dal provvedimento.
Il sequestro e la confisca costituiscono le principali misure di prevenzione di carattere reale. Queste due misure sono strettamente connesse tra loro: il provvedimento cautelare, con funzione tipicamente provvisoria, è prodromico alla misura ablatoria con cui il bene, oggetto del provvedimento giudiziario, è trasferito coattivamente al patrimonio dello Stato.
L’ art. 16 del citato D.lgs 159 del 2011 indica il novero dei soggetti nei cui confronti si applicano le misure di prevenzione patrimoniali. Si tratta di soggetti indiziati di appartenere alle associazioni di cui all’art. 416 bis del codice penale ; soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’ art. 51, comma 3 bis del c.p.p. o del delitto di cui all’art. 12-quinquies, comma 1, del D.L n. 306 del 1992; coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l’ ordine dello Stato o alla commissione di reati con finalità di terrorismo anche internazionale.
Alla luce del quadro normativo in materia si può affermare che la confisca ed il sequestro preventivi non sono tanto volti a colpire il soggetto socialmente pericoloso che ha illegittimamente acquisito il bene nel proprio patrimonio, quanto a sottrarre definitivamente i beni di origine illecita dal circuito economico del soggetto e dell’ associazione in cui è inserito.
Ai fini dell’applicazione di queste misure patrimoniali preventive bisogna riscontrare la sussistenza di un presupposto soggettivo e determinati presupposti oggettivi.
Ai sensi dell’art. 18 del D.lgs 159 del 2011 il presupposto soggettivo consiste nella riferibilità del bene, oggetto della misura, ad un soggetto nei cui confronti sia irrogabile o sia stata irrogata una misura di prevenzione personale e dunque sia accertabile o sia stata accertata la sua pericolosità sociale.
I presupposti di carattere oggettivo sono: la disponibilità diretta o indiretta del bene da parte del proposto, ovvero il soggetto nei cui confronti viene instaurato il procedimento di prevenzione; nella sussistenza di sufficienti indizi, primo fra tutti quello della sproporzione tra il valore dei beni e i redditi dichiarati e l’attività economica svolta , tali da far ritenere detti beni frutto di attività illecita o il reimpiego di questa stessa.
In seguito al decreto legislativo del 2011 è consentito al giudice di applicare le misure di prevenzione patrimoniale, prescindendo dalla verifica del perdurare della pericolosità del proposto al momento della decisione.
Il Tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona, nei cui confronti è instaurato il procedimento, non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica e giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscono il reimpiego.
Nella confisca di prevenzione, la cui fonte normativa risale alla L. 575 DEL 1965 e poi con la L. 646 DEL 1982, che ne sancisce l’ingresso nel nostro ordinamento, viene in rilievo la spinosa e delicata questione dell’incidenza della confisca su diritti e interessi dei terzi.
Particolare attenzione viene riservata all’applicabilità della confisca di prevenzione nei confronti degli intestatari fittizi o solo formali di beni nella disponibilità sostanziale del soggetto responsabile.
Il problema dell’incidenza dei diritti dei terzi sui beni sottoposti a misure di prevenzione rappresenta un’ occasione privilegiata per individuare il punto di equilibrio che l’ordinamento ha inteso stabilire tra l’interesse pubblicistico alla repressione del fenomeno criminale e l’esigenza di tutelare situazioni giuridiche di soggetti estranei al reato.
E’ terzo rispetto alla confisca di prevenzione colui che sia considerato dall’ accusa intestatario formale di quel bene che si ritiene nell’effettiva disponibilità del preposto.
Le categorie di terzi suscettibili di rimanere pregiudicati dall’adozione di un provvedimento di confisca risultano essere tre: i titolari formali del bene, ovvero proprietari e comproprietari; i titolari di diritti reali di godimento o di garanzia sui beni oggetto di confisca; i creditori chirografari del proposto che fanno affidamento sui beni da confiscare, quale generica garanzia del proprio debitore.
Pertanto il giudice della prevenzione deve dimostrare l’effettiva disponibilità del bene da parte del proposto, soggetto nei cui confronti viene instaurato il procedimento di prevenzione.
Bisogna però precisare che rimane fermo il diritto del terzo di fornire elementi idonei ad inficiare la ricostruzione accusatoria e di introdurre temi e tracce di prove utili ai fini della decisione.
Il legislatore ha introdotto un’espressa disciplina per i terzi titolari di diritti reali di godimento o di garanzia sui beni oggetto di confisca o di sequestro, conferendo loro la stessa possibilità d’intervenire nel procedimento di prevenzione, già riconosciuta ai terzi , ai quali i beni sequestrati risultassero formalmente appartenenti.
L’apparente titolarità del terzo deve essere dimostrata con un’ indagine rigorosa, intensa ed approfondita, avendo il giudice l’ obbligo di spiegare le ragioni dell’avvenuta interposizione fittizia sulla base di circostanze non solo di carattere indiziario, ma di elementi fattuali connotati dai requisiti della concordanza, gravità e precisione.
La questione della confisca di prevenzione a carico di beni formalmente intestati a persona diversa dal proposto viene fotografata in maniera peculiare dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 47983 del 2012.
La questio iuris sottoposta alla Suprema Corte era se i beni formalmente intestati a terzi potessero essere oggetto di confisca di prevenzione, in quanto venivano ritenuti nella disponibilità sostanziale del proposto.
La fattispecie in questione aveva ad oggetto un bene, acquistato formalmente dalla moglie in epoca antecedente al matrimonio e poi ristrutturato a spese di quest’ultimo in costanza del rapporto coniugale.
La Corte, dopo aver esaminato la fattispecie e le valutazioni rese in primo grado dal Tribunale di Napoli e confermate dalla Corte d’ Appello in secondo grado, ha enunciato il principio secondo cui, in tema di confisca di prevenzione, su beni intestati a terzi, l’immissione di capitali privi di legittima provenienza da parte del soggetto socialmente pericoloso in direzione di un cespite formalmente ed anche sostanzialmente di proprietà di un terzo determina la disponibilità sostanziale dello stesso in capo al proposto, utile a giustificare l’ablazione in prevenzione, laddove gli investimenti si rivelino assorbenti in tutto o in gran parte rispetto al valore del bene.
Gli Ermellini sono arrivati all’enunciazione del principio di diritto esposto, esaminando analiticamente le valutazioni effettuate dal Tribunale di Napoli in primo grado sulla base dei riscontri evinti da perizie e consulenze tecniche e confermate dalla Corte d’Appello.
Dai riscontri effettuati si evincevano l’assenza di una disponibilità finanziaria utile a giustificare l’acquisto in capo alla moglie del proposto e l’incapacità reddituale del padre della terza interessata a sostenere un tale acquisto.
Occorre evidenziare che l’immobile, del quale il soggetto terzo in questione si riscontrava essere formale intestatario, risultava acquistato in un momento che per forza di cose vedeva già in essere il rapporto tra i due interessati.
La motivazione della sentenza n. 47983 del 2012 appare indubbiamente condivisibile, in quanto perfettamente aderente alla ratio normativa di riferimento, volta a colpire non solo e non tanto il soggetto socialmente pericoloso, che ha illecitamente acquisito i beni nel proprio patrimonio, ma soprattutto a sottrarre definitivamente i beni medesimi al circuito criminoso del soggetto e dell’associazione criminosa cui aderisce.
Non può inferire in senso contrario una prospettazione costituzionalmente orientata, secondo cui il terzo intestatario di beni, oggetto del procedimento di confisca, verrebbe leso nel suo diritto, considerato l’art. 27 della Costituzione, che sancisce il principio di personalità della responsabilità penale. Infatti va evidenziato che la misura adottata è tesa a salvaguardare il superiore interesse pubblico e che in ogni caso il terzo può ricevere la tutela, in quanto egli può intervenire nel procedimento di prevenzione.
Di particolare rilievo è la finale identificazione operata dalla Corte tra intestazione formale dei beni e concreta disponibilità degli stessi in capo al preposto, alla luce degli elementi probatori agli atti, tutti convergenti nel far ritenere l’effettiva disponibilità dell’utilità d’interesse al soggetto pericoloso e dunque sufficienti a giustificare l’ablazione in prevenzione.
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Giuseppina Del Rosario
Praticante avvocato abilitato, diploma di specializzazione in professioni legali presso l'Università degli studi di Roma Guglielmo Marconi, tutor in materie giuridiche e umanistiche, esami abilitativi per l'insegnamento della classe A046 e dei 24 Cfu, certificazione linguistica livello d'inglese C1 e certificazione informatica Eipass