Le misure protettive nel codice di crisi di impresa: finalità e caratteristiche

Le misure protettive nel codice di crisi di impresa: finalità e caratteristiche

Per misure protettive si intendono le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza. Si dirigono alla protezione di “patrimonio, beni e diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa”, su istanza del debitore sia in pendenza del procedimento di composizione negoziata che nel corso di una trattativa preliminare all’accesso o in corso di una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, fatta eccezione per quella di liquidazione giudiziale. Le misure sono funzionali a consentire l’avvio e la prosecuzione delle trattative con i creditori in una prospettiva non sbilanciata per il debitore (in questo senso anche Trib. Milano, sez. II, 26.01.2022).

Con l’istanza si accede alla composizione negoziata della crisi e alla conseguente nomina di un esperto al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale in cui vi è la sede legale dell’impresa, quando quest’ultima si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.

L’esperto agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento della crisi ed insolvenza.

Ai sensi degli artt. 18 e 19 Codice di crisi di impresa (D.Lgs. n. 14/2019), le misure protettive limitano le possibilità di azione verso l’imprenditore a opera dei creditori e precludono il pronunciamento di sentenze di fallimento o di stato di insolvenza fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, accompagnate da trattative nel corso delle quali l’imprenditore non è sospeso da determinati obblighi (art. 20) e l’azienda resta attiva (art. 21), ma alcuni atti sono soggetti all’autorizzazione del Tribunale (art. 22).

I creditori dell’imprenditore che riceve misure protettive non possono: acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore; iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio.

Su istanza delle parti e acquisito il parere dell’esperto, il tribunale può prorogare la durata delle misure per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative: la durata complessiva delle misure non può comunque superare i 240 giorni.

Le misure possono anche essere revocate e la loro durata abbreviata. Il dies a quo coincide con il momento della pubblicazione nel registro delle imprese dell’accettazione dell’esperto.

La portata delle misure non può essere illimitata, infatti il comma 3 dell’art. 18 stabilisce che «Con l’istanza di cui al comma 1, l’imprenditore può chiedere che l’applicazione delle misure protettive sia limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori. Sono esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori». La norma in questione conferma quanto previsto dalla direttiva UE 2019/1023.

Tuttavia la giurisprudenza è andata più volte a toccare questa esclusione, statuendo che, la formulazione “i diritti di credito dei lavoratori”, seppur molto generica, si debba riferire soltanto ai diritti dei lavoratori subordinati dell’imprenditore (Tribunale di Padova, ordinanza 20 luglio 2022).

Il procedimento per l’attivazione delle misure protettive ha carattere giudiziale ed è attribuita alla competenza del tribunale. Infatti, come per le misure cautelari, anche per le protettive, l’articolo 19 del d.lgs. 14/2019 stabilisce che l’imprenditore con ricorso presentato al tribunale competente ai sensi dell’articolo 27, entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto, chiede la conferma o la modifica delle misure e, ove occorre, l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative. [In tal senso anche Tribunale Brescia, sez. fallimentare, 02/12/2021, il quale afferma che «Affinché gli effetti si consolidino è necessario l’intervento dell’autorità giudiziaria alla quale l’imprenditore già “schermato” si deve rivolgere con ricorso depositato lo stesso giorno della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto, chiedendo la conferma o la modifica delle misure protettive ovvero l’adozione di provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative»].

Il tribunale, entro dieci giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l’udienza.

I creditori non sono ovviamente sprovvisti di tutela. La richiesta di misure protettive formulata dal debitore prima di tutto necessita della notifica del ricorso indistintamente a tutti i creditori sociali (in tal senso Tribunale Ivrea, 11/08/2022).

Il comma 4 dell’articolo 19 del d.lgs. 14/2019 prevede che «Se le misure protettive o i provvedimenti cautelari richiesti incidono sui diritti dei terzi, devono essere sentiti». La giurisprudenza ha statuito poi che le misure protettive possono essere confermate sulla base delle motivate dichiarazioni dell’esperto, sentito in contraddittorio con i creditori concretamente incisi, se si reputi l’esistenza di una ragionevole probabilità di perseguire il risanamento (fumus boni iuris) e si valutino tali misure come funzionali ad assicurare tale risultato (periculum in mora) (Tribunale di Milano, Ordinanza del 17 gennaio 2022; Tribunale S. Maria Capua V. sez. fallimentare, 21/06/2022).

I creditori interessati dalle misure protettive non risultano essere i creditori potenzialmente interessati, ma solo quelli concretamente colpiti dalle misure in questione, i quali hanno perciò lo strumento della richiesta di revoca se la misura appaia sproporzionata rispetto al pregiudizio loro arrecato. Per questo essi devono poter intervenire in contraddittorio.

La legittimazione passiva non può riconoscersi in capo alla massa indifferenziata dei creditori che possano astrattamente promuovere azioni esecutive nei confronti del debitore e che, tuttavia, non abbiano ancora avviato i relativi procedimenti o minacciato di avviarli, con la notifica di un precetto: le parti e il contenuto della fase giurisdizionale del procedimento di composizione negoziata della crisi devono essere specificamente individuati dal ricorrente, in quanto elementi essenziali di una vera e propria domanda giudiziale. Il ricorrente non può imporre genericamente, a tutti i creditori, il divieto di acquisire diritti di prelazione e di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio della società in pendenza della procedura di composizione negoziata della crisi (in tal senso Tribunale Roma sez. fallimentare, 03/02/2022).

Le misure protettive non possono quindi essere confermate se, in base alle informazioni acquisite dal tribunale, non sussiste una ragionevole probabilità di perseguire il risanamento dell’impresa debitrice e conseguentemente di conservare la conoscenza aziendale e i posti di lavoro (così anche Tribunale Ravenna, Ordinanza, 17/03/2023; Tribunale Catanzaro sez. I, 21/06/2022). Quindi al fine di confermare le misure protettive, non è sufficiente la volontà espressa dall’imprenditore di instaurare delle trattative ma è necessario che questo alleghi e dimostri l’esistenza di una finalità di tutela del patrimonio o dell’impresa in una prospettiva di effettivo avvio di un percorso di risanamento (Tribunale Catania, Sez. spec. Impresa, 14/06/2022).

Essendo considerato un procedimento teso a creare un clima collaborativo e di fiducia fra debitore e creditori si nutre del rispetto delle regole di buona fede e correttezza e della loro declinazione nel caso concreto: il debitore ha l’obbligo di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori ed agli altri soggetti interessati all’operazione di risanamento-ristrutturazione, in modo completo e trasparente e di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori. Integra un abuso dell’istituto omettere di informare in merito alle operazioni di straordinaria amministrazione compiute l’esperto ed il Giudice; ciò comporta la revoca delle misure (così Tribunale Milano sez. fallimentare, 16/06/2022).

Viene confermato che nell’effettuare tale valutazione, il Giudice deve operare un delicato bilanciamento, ex ante e in concreto, tra l’interesse del debitore alla soluzione negoziale (e non concorsuale) della propria crisi, e quello dei creditori a non subire un pregiudizio irreparabile dall’applicazione delle misure, i quali hanno l’onere di opporre il danno specifico che deriverebbe dalla conferma di queste (in questo senso Tribunale Bergamo, Sez. II, 05/04/2022).

Debbono essere proporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori e strutturalmente idonee a salvaguardare trattative effettivamente in corso, per il raggiungimento di un risanamento che non risulti, ad un esame obiettivo, manifestatamente implausibile, sulla base di elementi sintomatici, estrinseci (ad esempio l’assenza di iniziative esecutive o liquidatorie in essere da parte di creditori) e intrinseci (chiarezza, ragionevolezza e solidità delle assunzioni alla base della strategia di risanamento e equilibrio economico-finanziario della continuità aziendale prospettata). A tal fine assume un ruolo centrale il parere dell’esperto nominato, il quale deve essere sorretto da un’adeguata, completa e logica motivazione (confermato dal Tribunale Padova sez. I, 02/03/2023).

Quindi in questo caso, la mancanza allegazione da parte dei creditori di uno specifico pregiudizio loro derivante dalle misure adottate non può che fare propendere, nell’ambito del giudizio di bilanciamento spettante al Giudice, la valutazione a favore del debitore. Questi può senz’altro chiedere la conferma di misure protettive erga omnes, spettando ai creditori nei confronti dei quali è stato instaurato il contraddittorio, l’onere di rappresentare le eventuali ragioni ostative alla conferma.

Il Tribunale S. Maria Capua (sez. V fallimentare, 21/06/2022) conferma che il giudice, su istanza di uno o più creditori, può in qualunque momento revocare le misure protettive e cautelari o abbreviarne la durata, quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti. Tale norma descrive, quindi, una tutela posticipata e non preventiva, indicando che in sede di revoca va verificata la funzionalità delle singole misure al buon esito delle trattative, la loro incidenza sui beni strumentali dell’impresa necessari per la prosecuzione dell’attività nella prospettiva del suo risanamento, nonché la loro proporzionalità al sacrificio che ne deriva per il creditore.

Inoltre, ex articolo 21 comma 5, l’esperto, qualora ravvisi che atti di straordinaria amministrazione dell’imprenditore (preventivamente comunicati dallo stesso debitore) possano recare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, prima lo segnala allo stesso, e, nel caso in cui questo continui con la propria condotta, fa istanza di revoca delle misure.

Con le misure protettive non può essere inibita ai creditori la possibilità di ottenere l’accertamento giudiziale del proprio credito, e di munirsi di un titolo esecutivo giudiziale. È stata considerata infatti la procedura in esame «una severa ed ingiustificata compromissione del loro diritto di azione, costituzionalmente garantito, ed essendo sufficiente a preservare la buona riuscita delle trattative disporre il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive individuali nonché di acquisire diritti di prelazione se non concordati con il debitore» (Tribunale Trento, 23/09/2022).

Inoltre, in conformità con quanto previsto dall’articolo 54 dello stesso Codice, nel corso del procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale o della procedura di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione e del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, su istanza di parte, il tribunale può emettere i provvedimenti cautelari, inclusa la nomina di un custode dell’azienda o del patrimonio, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente l’attuazione delle sentenze di omologazione di strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e di apertura delle procedure di insolvenza.


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