Le nuove tipologie di accesso ai documenti amministrativi. Il cosiddetto “FOIA”
È notorio che in tema di accesso ai documenti amministrativi l’intervento “massiccio” del legislatore italiano abbia apportato profondi e significativi mutamenti alla disciplina delineata ex ante dalla legge sul procedimento amministrativo (L.90/241). In particolare, l’input riformatore è stato realizzato nell’ottica di una visione comparata del diritto di accesso, avendo avuto riguardo, il legislatore italiano, non solo o non soltanto alla disciplina comunitaria in materia (art.15 del Trattato e artt.41 e 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE) ma, altresì, ai sistemi anglosassoni e, nella sub specie, al sistema dei FOIA (Freedom of Information Act).
È pacifico che il diritto di accesso trovi fondamento e ratio giustificatrice nell’art.97 Cost., che assicura il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione nonché tra i principi generali governanti il diritto amministrativo, primo tra tutti quello di trasparenza. Ad oggi, nell’ordinamento italiano, possono riconoscersi, generalmente, tre diverse e coesistenti tipologie di accesso. In primo luogo nella L.90/241 è prevista quella dell’accesso c.d. “procedimentale” tradizionale che garantisce ai sensi dell’art.10 (in ambito dei diritti dei partecipanti al procedimento) ai soggetti indicati nell’art.7 (destinatari della comunicazione dell’avvio del procedimento) e a quelli intervenuti di cui all’art.9, il diritto di prendere visione degli atti del procedimento, nonché quello di presentare memorie scritte e documenti all’amministrazione. Sulla scorta di tale previsione la dottrina maggioritaria ha individuato l’applicazione del principio di trasparenza in una duplice valenza: quella garantista per il privato ammesso ad un contraddittorio cartolare con la pubblica amministrazione; quella funzionale all’esercizio corretto dell’attività amministrativa nella cura degli interessi collettivi, perseguendo i fini predeterminati dalla legge con il minor sacrificio possibile degli interessi privati (F.G. Scoca, M.S. Giannini).
Nell’accesso procedimentale svolge un ruolo preminente per l’indubbia centralità sistematica l’art.22 della legge sul procedimento. Tale norma, infatti, sancisce che il diritto di accesso, inteso come il «diritto di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi», possa essere esercitato da «tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso». Numerosi dubbi interpretativi sono sorti riguardo alla qualificazione giuridica di cui si connoterebbe il diritto espresso negli artt.22 e seguenti. Un primo orientamento (Ad. Plen. Cons. Stato n.16 del 1999) aveva ritenuto che il diritto in questione, alla stregua di un interesse legittimo. Una seconda presa di posizione del Consiglio di Stato (Ad. Plen. nn. 6 e 7 del 2007), con una interpretazione letterale del dato normativo, ritenne che il diritto di accesso dovesse essere considerato parimenti ad un “diritto soggettivo perfetto”. Sulla questione, infine, l’Adunanza Plenaria del 2012 ha statuito che il diritto del titolare all’accesso debba correttamente qualificarsi come situazione giuridicamente rilevante come tale tutelata dall’ordinamento ed alla quale deve aggiungersi un collegamento necessario tra la documentazione richiesta e l’istante.
Sul lato passivo l’art.23 prevede che il diritto di accesso si eserciti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori dei pubblici servizi, dei soggetti privati, limitatamente alla loro attività svolta di interesse pubblico. Per quanto concerne l’oggetto, invece, la lett. c) dell’art.22 accoglie una nozione ampia di documento amministrativo, definendolo come «ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica o elettromagnetica o di qualunque altra specie» del contenuto di atti detenuti da una pubblica amministrazione ovvero da una stessa riprodotti, nello svolgimento di una attività di pubblico interesse. Quanto alle modalità di esercizio, l’art.25 della L.90/241 prevede che il diritto di accesso si esercita gratuitamente, con un’istanza presentata all’amministrazione, che può provvedere motivatamente con un provvedimento di rifiuto, di differimento o di limitazione del diritto di accesso. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, la stessa deve ritenersi respinta. In questo caso di diniego all’accesso, espresso o tacito, ovvero di differimento ai sensi dell’art.24, comma 3, il richiedente può presentare ricorso al Tar; in alternativa e in riferimento agli atti amministrativi degli enti locali, regionali, e provinciali, può adire al difensore civico territorialmente competente.
Con il D. Leg. 13/33, con l’introduzione di una nuova tipologia di accesso , cioè quella dell’accesso civico, viene data attuazione concreta, sul piano sostanziale e positivo, al principio generale di trasparenza. Attraverso l’adozione di un meccanismo di “proactive disclosure” viene previsto un obbligo di pubblicazione per tutte le amministrazioni pubbliche (compresi gli enti pubblici economici, gli ordini professionali, le società commerciali, nei limiti stabiliti dalla lett. c) dell’art. 2-bis del D. Leg. 13/33, le società partecipate e controllate) di tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico. Novità di assoluto rilievo sono state inserite all’interno dell’ordinamento con l’introduzione della disciplina sull’accesso civico. Innanzitutto, la possibilità per chiunque di prendere visione e di estrarre copia dei documenti amministrativi in possesso delle pubbliche amministrazioni, anche telematicamente, con una procedura, quindi, snella a basso costo, che garantisce un controllo diffuso sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche. Inoltre, la previsione che l’istanza di accesso civico non richiede alcuna motivazione. Un’ulteriore significativa novità è la previsione della pubblicazione dei dati in formato open data, che consente l’accessibilità anche mediante ricerca web, nonché il riutilizzo dei dati pubblicati nei siti istituzionali.
Fondamentale, per circoscrivere la portate del diritto di accesso civico sono i limiti di cui all’art.5-bis del D. Leg. 13/33. Pertanto bisogna distinguere tra i limiti volti alla tutela di interessi pubblici c.d. “limiti assoluti” (che comprendono la sicurezza pubblica, la sicurezza nazionale, la difesa e le questioni militari, le relazioni internazionali, la politica monetaria, la conduzione delle indagini dei reati) e limiti per cui l’accesso è rifiutato se il diniego è necessario ad evitare un pregiudizio alla tutela di interessi privati (quali la protezione dei dati personali, la libertà e la segretezza della corrispondenza, gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, compresa la proprietà intellettuale, i diritti d’autore ed i segreti commerciali). Il comma 3 dell’art.5-bis prevede, inoltre, che il diritto di accesso è escluso nel caso di segreto di Stato.
Orbene, con il D. Leg. 16/67, attuativo della legge Madia (L. 15/124), viene disciplinata una terza tipologia di accesso, quella dell’accesso generalizzato. Il legislatore italiano, prendendo a modello il sistema delineato in altri ordinamenti del Freedom of Information Act, ha attualizzato e concretizzato un meccanismo di “reactive disclosure”, cioè di accesso totale alla documentazione amministrativa da parte dei cittadini. Nell’accesso generalizzato l’amministrazione può far uso di due criteri al fine di valutare di concedere la facoltà di accesso del cittadino ai documenti amministrativi. In ausilio delle amministrazioni, infatti, possono essere utilizzati i criteri FOIA del “test del danno” ovvero “harm test” e il “test dell’interesse pubblico” o “public interest test“. Quanto al primo, esso consente all’amministrazione di valutare la possibilità di concessione dell’accesso al richiedente sulla base di una valutazione di danno e di pregiudizio della persona privata. Il secondo criterio attiene invece ad una valutazione correlata al pregiudizio dell’interesse pubblico a conoscere quel dato o quello specifico documento amministrativo.
Il parere del Consiglio di Stato ha delineato, vista la coesistenza di variegate tipologie di diritto di accesso (parere n. 515 del 2016) la differenze strutturali e sostanziali tra il diritto di accesso tradizionale ed il diritto di accesso civico (anche alla luce del nuovo accesso generalizzato di cui al D. Leg. 16/97). Il Consiglio anzitutto distingue il diritto di accesso civico prendendo in considerazione la sua portata soggettiva estesa a chiunque da quello tradizionale concesso solo ai soggetti di una situazione giuridica rilevante. Sul piano sostanziale il Consiglio mette in evidenza la tutela differenziata tra le due tipologie di accesso. Nell’un caso la violazione dell’obbligo dell’amministrazione del diritto di accesso comporta una violazione sul piano processuale che può essere tutelata con l’art.117 del codice del processo amministrativo (D. Leg. 10/104). Nel caso di violazione del diritto di accesso civico (rectius generalizzato) la tutela processuale che può essere aziona dall’interessato è quella stabilita dall’art. 31 commi 1. 2 e 3 c.p.a.
FONTI:
F.G. SCOCA, Diritto Amministrativo, 2017.
F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, 2017.
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Enrico Sericola
Laureato in Giurisprudenza cum laude presso l'Alma Mater Studiorum di Bologna. Tirocinante ex art. 73 D.L. 69/2013 presso il Tribunale di Milano. Specializzando presso la Sspl "E. Redenti" di Bologna.
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