Le obbligazioni in capo al creditore che esercita il diritto di ritenzione
Il retentor quale effetto dell’esercizio dello ius retentionis, diventa titolare di una serie di obbligazioni.
Prima fra tutte si pensi al generale obbligo di custodia secondo la diligenza del buon padre di famiglia che grava sul creditore e che deve sussistere per l’integrale durata del periodo durante il quale trattiene presso di sé la cosa oggetto dell’obbligazione principale.
Per di più, è certo che la cosa oggetto di ritenzione necessita di essere restituita in maniera corrispondente allo stato originario cui è stata ricevuta dal creditore; altrimenti detto, il creditore ha l’obbligo di mantenere la cosa nelle stesse condizioni cui si trovava alla nascita dell’obbligazione e di tenerla, per quanto possibile, indenne da accadimenti esterni.
Nell’eventualità in cui si verificasse la distruzione o la perdita della cosa oggetto di ritenzione, non soltanto potrebbe rappresentare una causa di estinzione del diritto in esame, ma sorgerebbe una responsabilità in capo al retentore per mancata custodia della cosa stessa.
Affinché si possa legittimamente chiedere, però, la restituzione della cosa, sarà essenziale fornire la prova dell’avvenuto pagamento del debito oggetto dell’obbligazione principale cui è sottesa la ritenzione. In ogni caso, l’eventuale perdita della disponibilità della res produrrebbe la naturale estinzione del diritto di ritenzione, ad eccezione dell’ipotesi di perdita avvenuta con violenza, nel qual caso il retentore si potrà avvalere delle azioni possessorie.
Il creditore sarà ulteriormente responsabile per gli eventuali danni cagionati dalla cosa a soggetti terzi, ai sensi della generale disciplina di cui all’art. 2051 del c.c. (responsabilità extracontrattuale oggettiva circa i danni prodotti da cose in custodia semplicemente per il fatto che il soggetto ha la materiale disponibilità del bene).
Oltre quanto detto, poiché dal diritto di ritenzione non deriva la produzione di diritti di godimento della res, chi lo esercita non ha alcun diritto di servirsi della cosa, né di fare propri i frutti che, viceversa, dovranno essere restituiti insieme alla cosa oggetto di ritenzione al momento dell’estinzione dell’obbligazione ritentoria e di quella principale cui la prima è collegata.
A tal proposito la Corte di cassazione ha confermato che al creditore retentore non appartengono i frutti della cosa, ciò in quanto- essendo la ritenzione un mezzo di autotutela- il possessore di buona fede ha il potere di rifiutare la consegna della cosa fino al soddisfacimento del credito tutelato, ma non può trarre profitto dalla cosa stessa. In altre parole, ha negato una eventuale imputazione al retentor dei frutti derivanti dalla cosa ritenuta.
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Dott.ssa Chiara Nervoso
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