Le polizze linked: contratti assicurativi o strumenti finanziari?
Negli ultimi anni la dottrina e la giurisprudenza, anche per effetto dell’influenza del diritto comunitario, hanno concentrato la loro attenzione sulle polizze linked e sulla loro natura giuridica.
Allo stato dell’arte, le polizze linked non possono essere inquadrate in una categoria contrattuale determinata, poiché presentano caratteri del tutto peculiari.
Se il contratto di assicurazione sulla vita, la cui definizione si rinviene nell’art. 1882 c.c., persegue il fine di garantire un sostegno economico in connessione con eventi attinenti alla vita umana e si caratterizza per il cd. rischio “demografico” che è assunto dall’assicuratore, nelle polizze linked, invece, vi è un accumulo di capitale per massimizzare il ritorno economico e un contestuale accollamento in capo all’assicurato/investitore del rischio di dissipazione del capitale in caso di cattivo andamento del mercato finanziario.
Le polizze linked prevedono il pagamento del premio in una unica soluzione all’inizio del rapporto in vista degli investimenti da effettuare, e ciò è, senza dubbio, un indizio della natura finanziariadel contratto.
La giurisprudenza comunitaria prediligendo un approccio di tipo formale, qualifica le polizze linked alla stregua di contratti assicurativi, a prescindere dalla funzione previdenziale o meno.
La dottrina e la giurisprudenza nazionale, invece, sono più caute rispetto alla qualificazione giuridica delle polizze linked, infatti, optano per una lettura di tipo sostanziale, che non prescinde mai dalla funzione previdenziale, che è un indice sintomatico della natura assicurativa.
La giurisprudenza di legittimità, soprattutto nell’ultimo periodo, ritiene necessaria la sussistenza della funzione previdenziale, poiché se questa manca o è irrisoria si è in presenza di un mero prodotto finanziario, non di un contratto assicurativo.
Solo in presenza di una funzione previdenziale, le polizze linkedpotranno beneficiare della impignorabilità e insequestrabilità, sancita dall’art. 1923 c.c. che è una norma fortemente derogatoria del principio di universalità della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c.
Laddove, invece, vi sia la totale assenza del rischio demograficosi è al cospetto di uno strumento finanziario, con la conseguenza che ad esso devono essere applicate le norme relative al contratto di intermediazione finanziaria, in particolar modo l’art. 23 T.U.F. che prevede la forma scritta a pena di nullità e l’art. 21 T.U.F. che impone all’intermediario e al promotore il rispetto, non solo della regola di buona fede, ma anche delle regole di condotta.
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Michela Falcone
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