Le prescrizioni presuntive in costanza della dichiarazione di fallimento del debitore
Sommario: 1. Introduzione alla tematica della prescrizione presuntiva – 2. La problematica della formazione delle prescrizioni presuntive secondo la Corte di Cassazione e il dispositivo dell’art. 2934 c.c. – 3. La decisione della Corte di Cassazione: la valenza della natura delle prescrizioni presuntive e la ‘‘rigidità’’ della regolamentazione fallimentare. – 4. Conclusioni e conseguenze.
1. Introduzione alla tematica della prescrizione presuntiva. A norma dell’art.2734 c.c., con il termine ‘‘prescrizione’’ si intende l’istituto giuridico di diritto privato che, secondo un primo orientamento esegetico[1], realizza l’estinzione di diritti che non siano stati esercitati dal titolare in un periodo di tempo previsto ex lege, assicurando la c.d. certezza dei rapporti giuridici nella dimensione temporale dell’ordinamento. Tuttavia il predetto concetto non riempie esaurientemente la categoria giuridica in esame: tra le varie declinazioni dell’istituto si rinvengono le fattispecie di cui agli artt. 2954, 2955 e 2956 c.c., le quali sono generalmente definite come prescrizioni presuntive e sono idonee a produrre nel tempo una mera ‘‘presunzione di estinzione’’ del diritto[2]. Nello specifico la tipizzazione di tali figure trae origine dalla deduzione secondo cui il decorso di un certo periodo di tempo presumerebbe l’avvenuto pagamento del debitore e, pertanto, l’estinzione del diritto di credito; in pratica l’ordinamento giuridico intende indagare sul reale interesse dell’avente diritto giacché la sua inerzia non può che confermare due scenari distinti e alternativi: nel primo caso si presume che non abbia agito nei confronti dell’obbligato inadempiente per mancanza di interesse, invece nel secondo caso si presume che abbia ottenuto soddisfazione poiché, decorso il termine ex lege, è più ragionevole reputare che non si sia verificato alcun inadempimento. Contestualmente la rilevanza della categoria giuridica esaminata si concentra nelle dinamiche del rapporto processuale tra le parti; in effetti il decorso del termine prescrizionale impone un’inversione dell’onere della prova per cui il creditore, parte processuale ordinariamente tenuta alla mera e semplice allegazione dell’inesattezza dell’adempimento[3], sarà gravato, a fronte dell’esperimento dell’eccezione di prescrizione presuntiva ad opera della controparte, dall’onere probatorio relativo alla mancata soddisfazione del diritto nel periodo di tempo oramai decorso[4].
2. La problematica della formazione delle prescrizioni presuntive secondo la Corte di Cassazione. Tanto premesso, recentemente la Cass. Civ. Sez.I n.16123/2019 si è soffermata sulla tematica inerente all’interruzione e alla formazione delle prescrizioni presuntive ex artt.2954, 2955 e 2956 c.c. in costanza della declaratoria di fallimento del debitore; in particolare la Corte, pronunciandosi nell’interesse della legge (ex art.363 co.3 c.p.c.), afferma il postulato secondo cui l’apertura del fallimento determina un arresto del tipico meccanismo presuntivo delle suddette ipotesi prescrizionali in ragione della loro natura e della specifica regolamentazione da seguire in materia fallimentare. Nondimeno la disciplina dell’interruzione della prescrizione, dettata dal dispositivo dell’art.2943 c.c., non include la dichiarazione fallimentare tra le cause della sua verificazione; contemporaneamente non si rinviene alcun precedente giurisprudenziale in grado di giustificare un qualsiasi schema riconduttivo in cui si associa la declaratoria di fallimento all’alveo della norma predetta o ad una qualche ipotesi di arresto della decorrenza prescrizionale, salvo la Cass. n.11966/2018 in cui si ammetteva, in conformità al dispositivo dell’art.94 L.fall., l’interruzione della prescrizione a seguito della proposizione della domanda di insinuazione allo stato passivo in quanto produttiva degli stessi effetti della domanda giudiziale ex art.2943 c.c..
3. La decisione della Corte di Cassazione: la valenza della natura delle prescrizioni presuntive e la ‘‘rigidità’’ della regolamentazione fallimentare. Ciononostante, al fine di comprendere le conclusioni della pronuncia esaminata, è opportuno approfondire la differenza ontologica tra la prescrizione estintiva (perfettamente duttile alla normativa suddetta in ordine all’interruzione) e la prescrizione presuntiva: nello specifico la prima ipotesi, in quanto idonea a elidere rapporti giuridici preesistenti, tende a ‘‘sanzionare’’ il disinteresse dell’avente diritto una volta che sia decorso un certo periodo di tempo; diversamente la seconda, in assenza di qualsivoglia intervento del creditore, mira a ‘‘ipotizzare’’ (o ancor meglio ‘‘presumere’’) il perfetto adempimento del debitore in un momento antecedente alla scadenza dei termini prescrizionali, giacché si tratta di fattispecie che non sono in grado di incidere direttamente sul diritto sostanziale atteso che rappresentano una mera forma di ‘‘prescrizione di avvenuto pagamento’’ avente rilievo probatorio e, di conseguenza, inquadrabile in un livello intermedio tra le presunzioni iuris et de iure e quelle iuris tantum; tanto acclarato, va da sé che l’inquadramento delle due forme di prescrizione debba involgere soluzioni altrettanto distinte in sede fallimentare, ossia in un momento di insolvenza e di crisi dell’imprenditore commerciale a causa del quale la massa creditoria rischia di rimanere totalmente o parzialmente insoddisfatta. Difatti la ragione basilare della decisione in oggetto riconduce alla portata della dichiarazione di fallimento nei confronti della sfera giuridico-patrimoniale del debitore/fallito e dunque di ogni rapporto giuridico dello stesso con terzi creditori (comprese le categorie di diritti di cui agli artt. 2954-2956 c.c.): al riguardo le disposizioni degli artt.44, 52 e 93 ss. della Legge Fallimentare statuiscono, conformemente al c.d. principio della parcondicio creditorum ex art.2740 c.c., l’inefficacia dei pagamenti effettuati dal fallito in seguito alla sentenza di fallimento affinché si evitino pregiudizi per la massa creditoria; pertanto, partendo da tali premesse, in materia di prescrizioni presuntive il Giudice di Legittimità rileva che la revocabilità delle transazioni del fallito impedisce certamente la formazione del fenomeno presuntivo posto alla base della funzione giuridica tipica delle particolari fattispecie di prescrizione di cui agli artt. 2954 – 2956 c.c..
4. Conclusione e conseguenze. In conclusione la soluzione prospettata si basa sul bilanciamento tra le caratteristiche ontologico-funzionali delle prescrizioni presuntive e i canoni normativi della procedura concorsuale fallimentare comprendenti limiti ai quali i creditori dell’imprenditore fallito debbono far fronte[5]. Infine, alla luce dei motivi forniti dalla Corte, urge anche sottolineare le conseguenze della rilevanza del nuovo principio di diritto[6] con un breve richiamo alle ragioni e ai fatti sottesi al ricorso introduttivo del giudizio cassazionista in questione: orbene la controversia sottoposta all’attenzione dei Giudici di Piazza Cavour, aveva luogo a causa del rigetto della domanda di insinuazione allo stato passivo di un professionista/creditore e dell’accoglimento della eccezione – esperita in sede di opposizione dalla curatela fallimentare – di prescrizione presuntiva formatasi in seguito alla declaratoria fallimentare e prima della proposizione della domanda di insinuazione; tenuto conto delle conclusioni nella pronuncia esaminata, l’applicazione del principio suddetto impedirà l’accoglimento della predetta eccezione (proponibile dalla curatela fallimentare in sede di opposizione al rigetto della domanda di insinuazione al passivo) in tutte quelle fattispecie concrete simili o equivalenti a quella appena descritta, ossia caratterizzata dal decorso di una frazione del termine prescrizionale in seguito alla dichiarazione fallimentare ancorché prima il creditore non abbia presentato la domanda di insinuazione allo stato passivo, in modo tale da assicurare effettivamente la partecipazione (e l’eventuale soddisfazione) del creditore nel contesto delle fasi della procedura concorsuale senza alcuna preoccupazione in ordine alla formazione di presunzioni a discapito del diritto vantato.
[1] Cfr. C. M. Bianca, Diritto civile, Vol.7, Giuffré Editore, 2012, pp. 518 ss. Secondo il dispositivo dell’articolo suddetto ‘‘ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge’’. Conseguentemente l’orientamento summenzionato si riferisce all’istituto in esame quale causa determinante l’elisione di rapporti e situazioni giuridiche; tuttavia un secondo orientamento reputa che la conseguenza primaria della prescrizione non sia l’estinzione del diritto interessato, ma piuttosto quella del diritto di agire al fine di esercitare e far valere le proprie pretese. In tal senso si pone anche il dispositivo dell’art.2940 c.c. secondo cui il pagamento del debito estinto non genera alcuna ipotesi di indebito; d’altro canto se effettivamente la prescrizione producesse l’estinzione, la consecutio del pagamento ex 2940 c.c. non potrebbe che determinare una forma di indebito oggettivo ex art.2033 c.c. poiché l’unica ragione giustificativa della transazione, ossia il diritto prescritto, sarebbe definitivamente elisa.
[2] V. Roppo, Diritto Privato: Linee essenziali, Giappichelli Editore, 2014, p.9. Il concetto di presunzione è descritto nel dispositivo dell’art.2727 c.c. secondo cui si riferirebbe ‘‘alle conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignoto’’.
[3] V. Cass. Civ. Sez.III, sent. 20 gennaio 2015, n.826. Il riparto dell’onere della prova si basa sulla massima secondo cui ‘‘Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento’’ oppure ‘‘l’impossibilità sopravvenuta della prestazione derivante da causa a lui non imputabile e quindi l’incolpevolezza’’ (v. F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Edizioni Scintifiche Italiane, 2013, p.637).
[4] V. Cass. Civ. Sez.II, sent. 15 aprile 2014 n.8735. In ordine all’inversione dell’onere della prova e alle prescrizioni presuntive urge il richiamo al principio di diritto secondo cui ‘‘In tema di prescrizione presuntiva, infatti, mentre il debitore, eccipiente, è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l’obbligazione non è estinta’’.
[5] Cfr. A. Cetra, M. Cian e AA.VV., Diritto commerciale-Vol. II: Diritto della crisi d’impresa, Giappichelli Editore, 2018, p.97 ss. A titolo esemplificativo si richiama il contenuto dell’art. 93 L.fall. In cui si chiede l’osservanza di norme specifiche per la proposizione della domanda di insinuazione allo stato passivo: precisamente il quarto comma, nn.2 e 3, prevede che il ricorso debba indicare ‘‘la determinazione della somma che si intende insinuare’’ e ‘‘la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda’’, nonché il comma 5 in cui si descrive la disciplina dell’inammissibilità della domanda per omissione o assoluta incertezza dei requisiti del co.4, nn.1,2 e 3. Si pensi anche alla regola della certezza della data per le scritture private: come ribadito dalla Cass. Civ. SS.UU., sent. 20 febbraio 2013, n.4213, il curatore fallimentare nella procedura concorsuale non assume la veste di parte, bensì quella di ‘‘gestore’’ del patrimonio del fallito in posizione di terzietà, pertanto la norma da seguire in materia di scritture private poste a fondamento del credito è quella descritta dall’art.2704, co.1 c.c. (e non quella dell’art.2710 c.c.) in sede di esame delle domande di insinuazione e di formazione del progetto dello stato passivo.
[6] V. Cass. Civ. Sez.I n.16123/2019, (p.9). ‘‘Le prescrizioni presuntive di cui agli artt.2954 ss. c.c. sono fenomeni di natura probatoria, sostanziandosi in presunzioni di ‘‘avvenuto pagamento’’; non dà luogo a prescrizione presuntiva la fattispecie in cui una frazione del tempo stabilito dalla norma di legge fondante la stessa sia decorsa dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, pur se prima che il creditore abbia presentato domanda di insinuazione nel relativo passivo’’.
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Emilio Mancuso
Tirocinante presso la Sezione civile I del Tribunale ordinario di Cosenza.Laureato in giurisprudenza con votazione 110lode/110 con tesi in diritto privato comparato presso l'Università della Calabria.
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