Le priorità della giustizia per accelerare i tempi del processo sono le risorse: assumete gli assistenti giudiziari
Il primo gennaio 2020 è entrata in vigore la riforma della prescrizione, pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 16 gennaio 2019, che blocca i termini prescrizionali dopo la sentenza di primo grado.
Una riforma voluta dall’attuale Ministro della Giustizia del governo giallorosso Alfonso Bonafede. Una riforma che ha raccolto critiche bipartisan sia dall’alleato di governo che dall’opposizione, che non piace alle categorie professionali (magistrati e avvocati) che già dall’anno che si è appena concluso l’hanno aspramente criticata.
Il testo della riforma rubricato: “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici” mira nell’obiettivo benevolo ad accelerare i tempi della giustizia e dare certezza da parte dello Stato della tutela dei diritti ai cittadini che si ritrovano imputati, persone offese, danneggiati a seconda dei casi, che fermo restando il principio insindacabile della presunzione di innocenza fino a condanna definitiva, si ritrovano loro malgrado nel groviglio della macchina della giustizia per anni in attesa della definizione del giudizio medesimo.
L’istituto penalistico di cui all’art 157 c.p. recita infatti, testualmente: “estingue il resto” una volta “decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e quattro se si tratta di contravvenzione ancorché puniti con la sola pena pecuniaria“.
La prescrizione inizia a decorrere inoltre dalla commissione del reato (dalla consumazione) o per il reato tentato dalla cessazione dell’attività del colpevole.
La ratio della norma negli anni oggetto di vari interventi riformatori mira a stabilire una garanzia a tutela cittadino contro l’irragionevole durata dei processi, per evitare che il cittadino sia perseguibile dallo Stato non oltre il tempo stabilito dalla legge.
Inoltre, è bene ricordare che il legislatore ha previsto anche che l’imputato rinunci espressamente alla prescrizione (comma 6 dell’art.157 c.p.).
La lentezza dei tempi del processo ricondotta solo alla prescrizione in realtà non è completamente corretta, posto che è stata fortemente ridotta negli ultimi anni grazie all’applicazione della legge Pinto e la possibilità di richiedere indennizzo allo Stato per irragionevole durata dei processi, sulla scorta delle diverse condanne dell’Italia da parte della Corte Europea dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali di Strasburgo per violazione dell’art. 6 della Cedu, che tuttavia non ha aiutato a ridurre l’arretrato soprattutto civile.
La lentezza dei tempi del processo penale in realtà avviene anche gioco forza per i meccanismi processuali previsti dal legislatore che consentono – ai difensori, legittimamente – di dilazionare, procrastinare i tempi del processo dietro la garanzia della difesa; in tema di sospensione della prescrizione, il codice penale già prevede i casi di sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini custodiali, nei casi si autorizzazione a procedere, dalla data del provvedimento con cui il PM presenta la richiesta sino al giorno in cui l’autorità competente l’accoglie; la sospensione per impedimenti delle parti e dei difensori, ovvero su richiesta dell’imputato e del suo difensore; la sospensione del procedimento penale , ai sensi dell’ art. 420 c.p.p. ; nelle ipotesi di rogatorie all’estero, dalla data del provvedimento che dispone la rogatoria sino al giorno in cui l’autorità richiedente riceve la documentazione; rimane, altresì, sospeso dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado (art. 544 c.p.p.) e secondo grado art. 544 n.2 c.p.p. anche se emessa in sede di rinvio.
A questi si aggiungono i tempi troppo lunghi delle indagini preliminari a rendere eterni i processi successivi al primo grado anche perché, dopo che il reato cade in prescrizione si potrebbe perdere di fatto – come giustamente sostengono alcuni – l’interesse a procedere con un secondo grado di giudizio.
Secondo l’ex Presidente dell’Anm ma anche per molti giuristi, il blocco della prescrizione non basterà ad assicurare il legittimo andamento della giustizia e a salvare quanto stabilito in primo grado, “bisogna anche rafforzare i riti alternativi, depenalizzare molti reati ed aumentare le risorse” poiché per le croniche carenze di risorse e mezzi con cui gli Uffici giudiziari devono fare i conti tutti i giorni dopo anni di spending review e di blocchi del turnover ed assunzioni di cancellieri, assistenti giudiziari, funzionari con il contagocce è inevitabile che si arrivi al collasso.
Molti giuristi, avvocati, associazioni come quella diretta in particolare dall’UnIone Camere penali e dal suo Pres. pro tempore Giandomenico Caiazza hanno indetto infatti a partire dal rientro dalle festività natalizie astensioni dalle udienze penali per continuare la protesta che l’associazione nazionale dei penalisti ha intrapreso con vigore da mesi in quanto – a loro dire – l’abolizione della prescrizione rappresenta una sconfitta della civiltà giuridica, per cui in primis sono saliti sulle barricate per denunciare al Ministro della Giustizia quello che è e rappresenta una disfatta del nostro sistema penale garantistico per antonomasia.
Tra le tante proposte provenienti dalle Associazioni forensi per accelerare i tempi della giustizia appare condivisibile quella finalizzata ad aumentare le dotazioni di uomini e mezzi necessari al buon funzionamento della Giustizia. Si dovrebbe finalmente dare corpo a quel piano straordinario di assunzioni, mai viste, chiesto da tempo dalle rappresentanze sindacali dei dipendenti ed anche più volte soltanto dal Ministro della Giustizia. Occorre, tuttavia, adottare il criterio del fabbisogno (di cui peraltro si fa menzione nella riforma Madia per le assunzioni del pubblico impiego), anziché quello superato della pianta organica (inadatto rispetto al carico attuale degli uffici giudiziari più grandi, come il Tribunale di Roma che è il più grande di Europa con una carenza di oltre 400 unità di personale).
L’immissione di nuove risorse è vitale per i Tribunali e le Procure italiane accomunate da una situazione di malessere generale, con problemi di organico, di collocamento a riposo per raggiungimento dell’età per il pensionamento ordinari e della nuova opportunità offerta da quota 100.
Sono stati indetti concorsi dal Ministero della giustizia, sono state autorizzate assunzioni dalla Corte dei Conti. Ci sono graduatorie ancora valide (come quella ultima del concorso a 800 posti Assistente Giudiziario indetto nel 2016). Ci si chiede, allora, perché il Ministro della Giustizia non acceleri il piano straordinario di assunzioni secondo il fabbisogno, considerato anche le nuove scadenze temporali delle graduatorie dei concorsi stabilite dalla legge di bilancio 2019, che invece di rimanere vigenti “per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione” lo saranno per “due anni dalla data di approvazione”; una disparità di trattamento evidente dal momento che sia le graduatorie più vecchie sia quelle dei concorsi approvate nell’anno 2018 e 2019 durano tre anni.
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