Le “qualifiche” nel pubblico impiego e il regime della prescrizione

Le “qualifiche” nel pubblico impiego e il regime della prescrizione

Questione molto dibattuta e risolta, spesso, con esiti contrastanti è l’applicabilità del regime della prescrizione al diritto all’esatto inquadramento del dipendente pubblico nel ruolo organico della P.A., vista l’assenza di una prassi giurisprudenziale sufficientemente consolidata a supporto delle diverse soluzioni prospettabili. Il punto controverso riguarda, infatti, la portata degli artt. 2934 c.c. e ss. quanto, in particolare, al diritto del dipendente ad essere correttamente inserito nell’organizzazione della struttura pubblica di appartenenza dopo essere risultato vincitore di concorso per assunzione del personale. L’orientamento a lungo favorevole all’affermazione della compatibilità della prescrizione con i “diritti di stato”(Cassaz. 7116/2005, 14140/2006, 13046/2006, 9662/2001) sembra essere, di recente, contraddetto da un’impostazione diversa del problema sviluppatasi, in particolare, nel Tribunale e nella Corte d’Appello di Napoli.

Per comprendere i termini della questione, occorre premettere che ogni Amministrazione Pubblica dispone di propri ruoli organici all’interno dei quali il personale è inquadrato secondo qualifiche professionali in cui sono indicati i profili, le mansioni ed i corrispondenti livelli retributivi unitari articolati in modo da valorizzare la professionalità e le responsabilità dei dipendenti. Qualifica è, dunque, espressione con cui, nel sistema positivo, viene sinteticamente indicato un insieme di profili professionali per i quali è previsto un determinato livello retributivo fissato dagli accordi sindacali. La ratio iuris è costituita dalla necessità di avvicinare la disciplina del pubblico impiego a quella del lavoro privato mettendo in risalto la professionalità oggettiva del lavoratore con particolare attenzione alla qualità del lavoro e, dunque, alle conoscenze specifiche di mestiere, al livello di esperienza, all’autonomia nello svolgimento della prestazione, alla responsabilità del risultato da ottenere nello svolgimento delle mansioni. In base al sistema di distribuzione delle materie tra le fonti di disciplina del rapporto di impiego pubblico, i criteri per la determinazione dei profili professionali sono fissati con legge, mentre la loro identificazione è rimessa alla disciplina negoziata anche se, in concreto, tale identificazione è affidata dalla legge ad apposite commissioni.

Alla luce di queste precisazioni, la giurisprudenza prevalente individua, nell’ esatto inquadramento all’interno del ruolo organico secondo le qualifiche professionali, un autonomo diritto soggettivo afferente alla più ampia categoria dei cd. diritti di stato giuridico, unitamente ad altre situazioni concernenti, in maniera più specifica, il diritto all’assegnazione a mansioni corrispondenti alle qualifiche stesse ed altri diritti accomunati dalla loro natura non patrimoniale (diritto alle ferie, alla stabilità del rapporto, al riposo settimanale, alla conservazione del posto di ruolo, ecc.).  Le mansioni, in particolare, costituiscono l’insieme dei compiti e delle operazioni concrete che il lavoratore è tenuto a eseguire, diversamente dalle qualifiche, le quali, come si è visto, designano lo status professionale del lavoratore, esprimendo il tipo e la figura lavorativa inserita all’interno dell’organizzazione. Mansioni e qualifiche costituiscono, dunque, concetti diversi, non sovrapponibili tra loro, benché riconducibili entrambi al genus  dei diritti di stato giuridico. Questi ultimi si differenziano dai diritti di stato economico attinenti non tanto agli aspetti tecnico-giuridici, ma ai profili patrimoniali  come la retribuzione, le indennità o la previdenza in cui maggior peso è riconosciuto alla contrattazione collettiva. Al di là delle distinzioni di fondo, il tratto comune si incentra nell’applicabilità del regime giuridico dei “diritti soggettivi” in cui fondamentale importanza deve riconoscersi all’istituto della prescrizione regolato dagli artt. 2934 e ss. del Codice Civile, in quanto vicenda inerente all’esercizio ed alla durata nel tempo dei diritti disponibili. Ne consegue che il dipendente pubblico, ove intenda contestare l’erroneo inquadramento nella qualifica funzionale di appartenenza, dovrà farlo nel termine decennale, in virtù della regola generale stabilita dall’art. 2946 c.c., con azione rivolta al Giudice Ordinario in funzione di Giudice del Lavoro.

Spetterà, allora, al debitore (datore di lavoro) eccepire la prescrizione dell’azione  e provare in maniera puntuale i fatti su cui l’eccezione si fonda in virtù del principio dell’onere della prova ex. art.  2697 cpv c.c., a mente del quale, colui che eccepisce l’estinzione dei fatti che costituiscono il fondamento di un diritto deve offrirne la prova in giudizio. Oggetto della suddetta prova dovrà essere ravvisato nei presupposti tipici della prescrizione riassumibili nel decorso del termine, nell’ azionabilità del diritto di cui il soggetto è titolare e nell’inerzia intesa come mancato esercizio del diritto stesso nel periodo di tempo stabilito esclusivamente dalla legge, essendo la prescrizione istituto di ordine pubblico, tendente ad assicurare la certezza nelle situazioni giuridiche in omaggio al principio di auto-responsabilità. Ai sensi dell’art. 2935 c.c., il termine comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Bisognerà, pertanto, accertare l’eventuale presenza di sospensioni o di interruzioni, le cui cause ed i cui effetti sono tassativamente regolati dagli artt. 2941-2945 c.c..

Se questo è quanto affermato dall’orientamento tradizionale, va segnalata una recente tendenza,  ancora “in via di sviluppo” nelle Corti di merito, che ha cercato di mettere in discussione questi consolidati assunti. Sebbene si tratti  perlopiù di sentenze di primo o secondo grado, non si esclude che l’orientamento in esse seguito possa essere agevolmente condiviso, nell’auspicio di un prossimo intervento chiarificatore ad opera della Suprema Corte. La vicenda oggetto di analisi ad opera del Tribunale e della Corte d’Appello di Napoli (sent. n. 4482/14) riguardava l’erroneo inquadramento di alcuni dipendenti pubblici della Regione Campania, la quale non teneva conto dei criteri di re-inquadramento del personale già in organico contenuti in numerose deliberazioni emesse dalla Regione negli anni 1997 – 1998. Tali criteri avrebbero consentito ai ricorrenti il riconoscimento di qualifiche funzionali o dirigenziali più favorevoli con vantaggi economico-professionali decorrenti dalla  data di costituzione del rapporto d’impiego. A seguito dell’istruttoria svoltasi poco dopo l’emissione delle delibere e conclusasi con esito negativo dinanzi alla Regione stessa, i dipendenti decidevano solo in tempi recenti di tutelarsi dinanzi al Giudice Ordinario contestando l’erroneo inquadramento e chiedendo la corresponsione delle differenze retributive non corrisposte medio tempore, nonché il risarcimento del danno per perdita di chances favorevoli avendo essi svolto di fatto funzioni dirigenziali. Sull’eccezione di prescrizione sollevata, allora, dalla Regione Campania, il Giudice adìto, distinguendo il diritto alle mansioni dal corretto inquadramento nella qualifica professionale, osservava che l’eccezione di prescrizione non vale per il diritto alla qualifica, non vertendo il thema decidendum sul riconoscimento di mansioni superiori (a cui va, invece, riferito il termine di prescrizione decennale), ma su situazioni ben diverse che risultano, dunque, incompatibili con la disciplina giuridica degli artt. 2943 e ss. del Codice Civile.

L’orientamento sopra esposto sembra contraddire la canonica distinzione tra diritti di stato economico e diritti di stato giuridico atteso che la qualifica funzionale, riconoscendo non un diritto soggettivo, ma uno “status”, non determina la prescrizione dell’ azione finalizzata all’ accertamento dell’erroneo inquadramento. Il Diritto Privato, infatti, come anche il Diritto Amministrativo, assegna al diritto soggettivo sicuramente un ruolo privilegiato, ma lo fa senza escludere la rilevanza di altre situazioni giuridiche quali, ad esempio, le potestà, i diritti potestativi, le aspettative, gli interessi diffusi, le chances ed, infine, le qualità giuridiche e gli status.

Lo status, nello specifico, esprime la posizione di un soggetto nei confronti di altri individui nell’ambito di una collettività organizzata. Nell’ordinamento giuridico è possibile distinguere status pubblicistici o privatistici a seconda che la fonte di riconoscimento debba individuarsi nella legge o nella stessa collettività organizzata riconosciuta, pur sempre, dalla legge (a tal proposito non potrebbe costituire uno stato giuridicamente rilevante, lo status di mafioso, da cui l’insussistenza ribadita dalle Sezioni Unite in ambito penalistico della presunzione “semel mafioso, semper mafioso” ai fini dell’applicabilità delle misure di prevenzione, le quali necessitano, anche nei confronti di soggetti già condannati per associazione mafiosa, “dell’ attualità della pericolosità del proposto” ). Appartengono alla prima classificazione, lo status civitatis, lo status familiae e lo status libertatis, in quanto espressioni della posizione del singolo nell’ambito della collettività nazionale o della famiglia. Gli status di carattere privatistico trovano, invece, il loro sviluppo nei gruppi intermedi tra individuo e Stato (enti, imprese o associazioni anche di fatto) e trovano il loro fondamento nell’art. 2 Cost.. Emerge, allora, che se la qualifica funzionale del dipendente pubblico non è altro che uno status privatistico, questa non potrà acquisirsi per usucapione, né potrà estinguersi per prescrizione, incidendo il mancato esercizio solo sui singoli “diritti derivati”, ossia su quei diritti soggettivi originati dal riconoscimento dello stato giuridicamente rilevante. Oltre ad essere situazione giuridica autonoma, infatti, lo status è anche fonte di altri diritti e doveri, soggetti, perciò solo, alle vicende modificative-estintive testé citate. Tale rapporto di “derivato-derivazione” – utilizzato spesso dalla logica formale per risalire alle cause degli eventi naturalistici-  potrà ravvisarsi nella relazione che lega le qualifiche alle mansioni individuandosi nelle prime la fonte da cui scaturiscono le seconde. Soltanto alle mansioni e non alle qualifiche andranno, perciò, riferite le complesse norme disciplinanti l’istituto della prescrizione, con tutte le conseguenze che ne derivano in punto di maggior tutela per il dipendente pubblico.

 

 


BIBLIOGRAFIA GENERALE

Digesto delle Discipline Pubblicistiche Quarta Edizione – voce “Impiego Pubblico” vol. VIII, pagg. 158-161, Torino,1993.

Mansioni, qualifiche e categorie in www.studiocataldi.it

Gazzoni F., Manuale di Diritto Privato, pagg. 70-73, XVIII edizione, Napoli, 2017.


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Alessandro Baker

Laureato presso l'Università di Napoli Federico II con 110/110 e lode, praticante avvocato ed ex-tirocinante di giustizia ex. art. 73 D.L. 69/2013 nonché collaboratore presso la cattedra di Diritto Pubblico dell'Economia dell' Università Federico II.

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