Le rette dei ricoveri in RSA dei malati di Alzheimer. Prestazioni di natura sanitaria e di natura socio-assistenziale
Con il D.Lgs n. 502/1992 i livelli essenziali delle prestazioni assistenziali assicurate dallo Stato sono fissati non solo in relazione ai bisogni di salute ma anche dell’economicità nell’impiego delle risorse assegnate al Servizio Sanitario Nazionale.
L’attuazione dei principi di uniformità nell’accesso alle prestazioni del SSN è assicurata da un procedimento che prevede una definizione dell’entità annuale di spesa sanitaria, dei criteri per la sua ripartizione e dei Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria (LEA), i quali comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni relative alle aree di offerta individuate dal Piano Sanitario Nazionale e garantite in misura eguale su tutto il territorio nazionale.
La programmazione delle attività di assistenza sanitaria, che risale alla legge istitutiva del SSN, è declinato oggi dall’art. 1 del D.Lgs n. 502/1992 riservandolo al Piano Sanitario Nazionale, strumento adottato dal governo, su proposta del Ministro della Salute, sentite le commissioni parlamentari competenti per materia, nonché le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative (1) .
Con l’approvazione della L. 05.05..2009 n. 42 recante “delega al Governo in materia di federalismo fiscale” veniva compiuto il primo passo verso il riconoscimento dell’autonomia di entrata e di spesa di Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni, in modo da sostituire gradualmente per tutti i livelli di governo il criterio della spesa sanitaria.
All’interno dei più ampi confini della programmazione della spesa sanitaria l’erogazione delle prestazioni in favore della singola persona fisica può essere, come noto, a titolo gratuito per gli “indigenti” o con partecipazione alla spesa, nei limiti fissati dalle leggi vigenti.
La giurisprudenza ha elaborato un concetto “relativo” e non assoluto di “indigenti” intendendo come tali non soltanto chi versa in stato di povertà, ma anche coloro che non possono permettersi le cure di cui avrebbero bisogno.
Il cittadino non in condizioni di indigenza conserva il diritto ad essere curato dalle strutture del SSN pubblico o private autorizzate, ma l’esplicazione di tale diritto può essere condizionata tanto da una sua contribuzione alla spesa, quanto alle scelte economiche del legislatore nazionale e regionale.
Le prestazioni sanitarie possono essere erogate con diverse modalità, sia da strutture pubbliche che da strutture private, nel rispetto di quanto previsto dalla legislazione in vigore, che richiede il possesso di requisiti minimi determinati, a fronte dei quali la struttura ottiene l’autorizzazione necessaria all’esercizio di attività sanitarie, l’esito positivo di un procedimento di verifica che comporta l’accreditamento istituzionale della struttura e, infine, la stipulazione con le aziende e unità sanitarie locali di accordi contrattuali, che permettono al soggetto accreditato di porre i costi delle attività di assistenza svolte a carico del SSN.
Fatte tali premesse, volendoci addentrare nel tema delle rette che il malato di Alzheimer si trova a dover sostenere per il suo ricovero in RSA, ed in tal senso comprendere quale dovrebbe essere la quota di spesa coperta dal SSN, occorre sin d’ora evidenziare che le prestazioni da lui usufruite in tali strutture sono sia di tipo sanitario quanto assistenziale-residenziale.
Il malato di Alzheimer, forma più comune di demenza, infatti, comporta un progressivo decadimento delle funzioni cognitive, a cominciare dalla memoria, nonché diversi problemi psicofisici degenerativi che comportano una perdita progressiva della propria autonomia ed indipendenza, richiedendo un tipo di assistenza via via totalizzante.
I fattori che aumentano il rischio di sviluppare tale patologia sono svariati: l’età avanzata, la familiarità, traumi cranici, l’età avanzata, stile di vita e condizioni che comportano problemi ai vasi sanguigni e pur non esistendo ad oggi una cura per l’Alzheimer, tuttavia vi sono trattamenti che consentono di alleviare i sintomi e talvolta di rallentare la progressione della malattia.
Attesa la grande diffusione di tale patologia, si voglia evidenziare che l’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito l’Alzheimer – e le demenze in generale – tra le priorità globali di sanità pubblica (2).
Orbene, come visto più sopra, il SSN si prende carico delle prestazioni di tipo sanitario (erogate tramite le ATSS di appartenenza, restando a carico del paziente la quota di prestazione non coperta dal medesimo – ed eventualmente a carico dell’amministrazione pubblica competente ove sia previsto ed allorquando il soggetto sia indigente (cd. quota sociale-alberghiera, determinata in base all’Isee), e quasi sempre tali quote sono suddivise rispettivamente al 50%.
Tuttavia nel caso della persona degente in RSA affetta da Alzheimer, ella necessita sì di prestazioni tanto di natura sanitaria quanto di natura non sanitaria (socio-assistenziali, residenziali,…), ma quest’ultime – essendo il paziente sottoposto a terapie continue e assistenza sotto ogni aspetto – risultano avere un carattere marginale ed accessorio rispetto alle prime, tanto da risultare in esse assorbite, con la conseguenza che in caso di Alzheimer la retta di degenza nelle RSA dev’essere considerata totalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Tuttavia talvolta – come testimoniato da alcuni procedimenti legali intrapresi da parenti di soggetti affetti da Alzheimer ricoverati in RSA nei confronti dei Comuni o delle RSA – i primi sono stati costretti indebitamente a pagare le quote sociale-alberghiera del parente indigente.
Finalmente di recente è intervenuta la Cassazione che con varie pronunce conformi ha stabilito – seppur limitatamente ai casi di Alzheimer – che le rette devono rimanere a carico del Servizio Sanitario Nazionale e non possono essere addossate sul paziente – o sui parenti del paziente non abbiente.
In tal senso l’organo nomofilattico ha chiarito che “appare quindi evidente che, ove sussista quella stretta correlazione, nel senso sopra evidenziato, fra prestazioni sanitarie e assistenziali, tale da determinare la totale competenza del servizio sanitario nazionale, non vi sia luogo per una determinazione di quote, nel senso invocato dal Comune ricorrente (con riferimento al D.P.C.M. 8 agosto 1985, art. 6, u.c., e della L.R. Veneto n. 55 del 1982, art. 3), che presuppongono una scindibilità delle prestazioni, non ricorrente in ipotesi, come quella in esame [paziente affetto di Alzheimer], di stretta correlazione con netta prevalenza degli aspetti di natura sanitaria” (3).
In tal senso nessuna rivalsa può essere avanzata nei confronti del paziente o dei suoi parenti, i quali hanno diritto alla restituzione delle rette eventualmente versate.
Importante è evidenziare infatti che tali considerazioni sono fondate sugli stessi principi legislativi (le norme sui LEA, Livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria) in base ai quali le persone non autosufficienti (soggetti con handicap intellettivo grave e limitata o nulla autonomia, anziani cronici non autosufficienti, malati colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile, ecc.) hanno il diritto pienamente e immediatamente esigibile alle prestazioni residenziali senza limiti di durata, di cui si è accennato in premessa e che consiste ratio fondante del nostro sistema sanitario.
1. Manuale di Diritto Sanitario – Wolters Kluwer – 2019
2. http://www.salute.gov.it
3. Ex multiis, Cassazione, sent. n. 4558 del 22 marzo 2012
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Jessica Beschi
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