Le riforme del Sistema Sanitario Nazionale

Le riforme del Sistema Sanitario Nazionale

Il 2020 è sicuramente un anno storico.

Un anno che verrà trascritto e tramandato nei libri di storia dei nostri posteri, ove le parole “pandemia”, “virus”, “Covid19” e “Servizio Sanitario Nazionale” saranno predominanti per spiegare, al meglio, l’orrore di una “guerra invisibile”, che ha piegato il mondo intero, insieme alle sue vittime.

Da un punto di vista sanitario, l’Italia rappresenta, verosimilmente, lo Stato che ha fronteggiato al meglio “l’emergenza Covid-19”, all’interno dell’Unione Europea.

Ma che cos’è il Servizio Sanitario Nazionale (SSN)? Quali sono le sue origini?

Secondo la legge (art.1, L. 833/78), il Servizio sanitario nazionale è costituito “dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzioni di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del Servizio”

Non tutti, però, sono a conoscenza del fatto che, solo nel 1958 fu realizzato un ministero della sanità pubblica col compito di gestire le funzioni della programmazione sanitaria nazionale e regionale.

Prima di allora, la sanità era gestita dalla “mutua” (questo il nome popolare dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro le malattie – INAM) dei cui servizi usufruivano i lavoratori ed i loro familiari; in questo modo chi lavorava poteva fruire di una assicurazione sanitaria in modo tale da poter provvedere alle cure mediche e ospedaliere anche della famiglia. Tale assicurazione era finanziata con i contributi versati dagli stessi lavoratori e dai loro datori di lavoro.

Il Servizio sanitario nazionale, venne ufficialmente istituito ex L. 833/78, in attuazione dei principi contenuti segnatamente nell’ art. 32 della Costituzione per il quale “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Tale riforma legislativa, segnò il passaggio ad modello “universalistico”, cioè in grado di garantire a tutti i cittadini l’assistenza sanitaria, con finanziamenti ricevuti sia dallo Stato (attraverso le imposte dirette) sia dalle aziende sanitarie con il pagamento di un ticket.

Aziendalizzazione

La legge 833/78 mise in luce una serie di problematiche inerenti le modalità di gestione della sanità, come la complessità istituzionale in sede di attuazione della riforma sanitaria, la carente gestione del personale sanitario e la distinzione poco netta tra S.S.N. e settore privato.

Tali deficit, indussero il Governo ad emanare, negli anni, tre successive riforme sotto la spinta di due forti   motivazioni: 1. una di tipo strutturale: la sanità aveva oramai raggiunto dimensioni tali da renderla ingestibile con gli strumenti di allora; 2. una di tipo gestionale: il sistema avrebbe potuto sopravvivere solo se fossero state messe in atto politiche gestionali miranti all’ efficienza.

L’aziendalizzazione vide l’avvio il 23 Ottobre 1992 allorché fu emanata la Legge 421/92 che prevedeva criteri di revisione e razionalizzazione della disciplina in materia sanitaria.

Successivamente il 30 Dicembre 1992, fu emessa la 1°riforma del SSN (Dlgs 502/92), la quale, si occupò del riordino funzionale del SSN, di guisa che da una concezione di assistenza pubblica illimitata ed incondizionata si passò ad una concezione di assistenza in cui la spesa sanitaria doveva essere proporzionata alla effettiva realizzazione delle entrate e non poteva più rapportarsi unicamente alla entità dei bisogni.

La 2° riforma (Dlgs 517/93) ridimensionò il ruolo dei fondi sanitari extra-SSN, istituendo un unico fondo integrativo rispetto al SSN.

La 3° riforma (Dlgs 229/99) segnò un deciso riavvicinamento al modello della L. 833/78, ridimensionando la discrezionalità sia del livello regionale che delle aziende sanitarie, privilegiando la pianificazione e l’unitarietà degli interventi ispirati oltre che al principio dell’economicità, soprattutto a quello dell’appropriatezza e della garanzia dei livelli essenziali di assistenza (c.d. LEA).

Infine, il D.Lgs. n. 229/1999 introdusse norme per accentuare la connotazione aziendalistica delle aziende sanitarie, specialmente in merito all’autonomia imprenditoriale.

I cambiamenti più significativi: riconoscimento di una maggiore autonomia alle Regioni (cd. regionalizzazione); creazione di molti sistemi sanitari locali disomogenei tra di loro, ma omogenei nella struttura di base; Aziende Sanitarie rivolte si all’erogazione di servizi, ma altrettanto attente alla gestione delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie di cui dispone; le USL diventarono aziende dotate di personalità giuridica pubblica e trasformate in Aziende Sanitarie Locali (ASL); gli ospedali di importanza nazionale, di alta specializzazione e di riferimento alla rete di servizi di emergenza, furono dotati di personalità giuridica, di funzioni autonome e trasformati in Aziende Sanitarie Ospedaliere (A.O.); il cambiamento rispondeva all’esigenza di seguire caratteri di efficacia ed efficienza relativamente alle attività svolte, al fine di contenere il più possibile gli sperperi dovuti alla mancata managerialità di chi amministrava.

Tra gli ultimi aggiornamenti, è necessario citare la riforma del titolo V della Legge Costituzionale n. 3/2001. Si parla di legislazione esclusiva statale sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale in merito alla tutela della salute.

Gli organi dell’U.S.L.

Gli organi della U.S.L. sono due: il Direttore generale ed il Collegio dei revisori.

Sono altresì individuati con funzioni di coadiuvamento del Direttore generale, il Direttore amministrativo ed il Direttore sanitario.

Il Direttore Generale, posto al vertice dell’organigramma aziendale, è nominato dalla Regione e rappresenta legalmente l’Azienda Sanitaria. E’ titolare di tutti i poteri gestionali e altresì responsabile dei risultati conseguiti dalla struttura.

Il Collegio dei Revisori poi divenuto Collegio Sindacale (Dlgs 229/1999), è composto da cinque membri: due designati dalla Regione, uno dal Dicastero del Tesoro, uno dal Dicastero della Sanità e l’ultimo dalla Conferenza dei Sindaci. I compiti di tale collegio sono relativi al controllo amministrativo degli atti ed al controllo aziendale da un punto di vista economico.

Il Direttore Amministrativo è colui che, insieme al Direttore Sanitario, coadiuvava la gestione dell’Azienda con funzioni di dirigere i servizi amministrativi delle ASL conferendo potere al Direttore Generale sugli atti relativi alle materie di competenza.

Il Direttore Sanitario, infine, svolge le funzioni di direzione dei servizi sanitari fornendo supporto al Direttore Generale sugli atti di competenza


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