Le Sezioni Unite si pronunciano in relazione alla possibilità di installare un ripetitore sul lastrico solare
Premessa. Con la recente pronuncia a Sezioni Unite n. 8435 del 2020 la Cassazione si è occupata della questione relativa alla qualificazione giuridica dell’atto con cui un condomino conceda a terzi, dietro il pagamento di un corrispettivo, il diritto di installare sul lastrico solare degli impianti di trasmissione radiotelefonica. In particolare, la questione rimessa alle SU da parte della seconda sezione civile era la seguente: “se è necessario il consenso di tutti i partecipanti, ai sensi dell’art. 1108 c.c., comma 3, per l’approvazione del contratto col quale un condominio conceda in godimento ad un terzo, dietro il pagamento di un corrispettivo, il lastrico solare, o altra idonea superficie comune, allo scopo precipuo di consentirgli l’installazione di infrastrutture ed impianti (nella specie, necessari per l’esercizio del servizio di telefonia mobile), che comportino la trasformazione dell’area, riservando comunque al detentore del lastrico di acquisire e mantenere la proprietà dei manufatti nel corso del rapporto come alla fine dello stesso”. Le questioni che la problematica rilevata pone all’attenzione della corte sono molteplici. Innanzitutto, la corte ha dovuto chiarire il concetto di innovazione ex art. 1120 c.c., nonché la nozione di bene immobile per verificare se un ripetitore rientri tra i beni mobili o immobili, per poi affrontare funditus la natura del contratto con cui il condomino proprietario del lastrico solare consenta ad un terzo di installare, per un interesse proprio, un ripetitore del segnale telefonico. Analisi necessaria al fine di comprendere se la delibera assembleare che autorizzi tale intervento necessiti dell’unanimità ovvero della maggioranza.
La soluzione adottata dalle Sezioni Unite. La questione è di particolare rilevanza, oltre che per gli interessi economici sottesi a simili operazioni, in quanto incide sul regime autorizzativo da parte dell’assemblea condominiale. Più nello specifico, nel caso in cui detto negozio giuridico fosse qualificabile alla stregua di un atto costitutivo di un diritto reale di superficie, occorrerebbe l’unanimità ai sensi dell’art. 1108, co. 3 c.c.; qualora, invece, venisse qualificato alla stregua di un contratto di locazione sarebbe sufficiente, se inferiore ai nove anni, la semplice maggioranza.[1]
La Suprema corte, in prima battuta, chiarisce che nella fattispecie in esame, nonostante la collocazione sul lastrico condominiale di un manufatto infisso nell’impianto rientri nel concetto di innovazione previsto dall’art. 1120 c.c. per la parziale trasformazione della destinazione del lastrico che ne consgue, non trova applicazione la disciplina dettata dalla norma. In particolare, nel caso di specie è dirimente il fatto che l’immutatio loci viene realizzata su disposizione, a spese e nell’interesse del terzo cessionario; non si è in presenza di un’installazione ad opera del condominio e destinata ad un uso comune, ma di un impianto destinato ad un uso esclusivo di un soggetto terzo. Pertanto, “la vicenda va quindi guardata non nella prospettiva dell’approvazione di una innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c., bensì nella prospettiva dell’approvazione di un atto di amministrazione (il contratto con il terzo) ai sensi dell’art. 1108 c.c., comma 3. Si tratta dunque, in sostanza, di verificare se l’atto di amministrazione costituito da un contratto di cessione totale o parziale del lastrico condominiale ad una impresa di telefonia ai fini della installazione di un ripetitore – per un tempo determinato e con la conservazione in capo al concessionario dell’esclusiva disponibilità dell’impianto (col conseguente jus tollendi) rientri tra quelli che dell’art. 1108 c.c., comma 3, sottrae al potere dell’assemblea e, quindi, alla regola maggioritaria.”. Fatta la precisazione di cui sopra e ricondotta la fattispecie nell’alveo dell’art. 1108 c.c., la questione che rileva è allora quella inerente alla qualificazione giuridica del contratto, se ad effetti reali o obbligatori, con cui il proprietario di un lastrico solare attribuisca all’altro contraente, a titolo oneroso, il diritto di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore e di asportarlo al termine del rapporto.[2]
Sempre in via preliminare la Cassazione ha precisato come i ripetitori oggetto di causa costituiscano dei beni immobili ai sensi dell’art. 812, co. 2 c.c, rientrando nell’alveo delle altre costruzioni anche se unite al suolo a scopo transitorio. Tale qualificazione deriva dall’insegnamento per cui la distinzione tra beni mobili e immobili, lungi dall’essere ancorata a criteri naturalistici, debba ispirarsi a criteri economici-sociali, ragion per cui quando la norma parla di incorporazioni tal termine va inteso in chiave funzionale; per cui quel che rileva ai fini della distinzione non è la stabilità o meno dal suolo, ma l’idoneità del bene incorporato al suolo a formare oggetto di diritti non isolatamente considerato ma nella sua dimensione spaziale. In sostanza, il bene immobile in senso giuridico è quello che soddisfa determinati interessi proprio in virtù della sua staticità. È evidente che un ripetitore del segnale telefonico rientra appieno nella nozione di bene immobile appena indicata, trattandosi di un bene naturalisticamente mobile ma che soddisfa un determinato interesse solo se incorporato staticamente al suolo.[3]
Orbene, chiarito che il ripetitore è un bene immobile, il negozio di cui trattasi potrebbe costituire un contratto ad effetti reali costitutivo di un diritto reale di superficie, ovvero un contratto ad effetti obbligatori fonte di un diritto personale di godimento. All’autonomia negoziale delle parti, infatti, non è preclusa la possibilità di perseguire i medesimi risultati socio-economici tramite contratti ad effetti obbligatori costitutivi non di diritti reali. In tal caso, occorrerà individuare in via ermeneutica la reale volontà delle parti. In linea generale, nei contratti costitutivi del diritto reale di superficie prevale l’interesse del beneficiario a realizzare e tenere opere edilizie sul fondo altrui, mentre restano sullo sfondo le altre caratteristiche del regolamento di interessi.
Ciò posto, nel caso di specie il contratto diretto ad installare un ripetitore su lastrico solare appare finalizzato non ad ottenere la possibilità generica di costruire sul suolo altrui ma, al contrario, ad acquisire la disponibilità di un luogo sul quale installare il ripetitore. È la dimensione spaziale e topografica che dà rilevanza ad un ripetitore, non la sua natura intrinseca. Ne deriva, pertanto, che l’interesse principale del beneficiario cade sul godimento dell’area, nonché sulle caratteristiche della costruzione dedotta in contratto, ovverosia il ripetitore e non altri manufatti, sulla durata del rapporto sul il diritto del beneficiario di asportare il ripetitore una volta terminato il rapporto contrattuale.
Alla luce della ricostruzione appena fatta, le Sezioni Unite affermano che il contratto avente ad oggetto la concessione totale, a titolo oneroso, del godimento del lastrico solare allo scopo di consentire al concessionario l’installazione di un ripetitore di segnale, del quale il medesimo concessionario abbia la facoltà di godere e di disporre nonché di asportarlo nel corso del rapporto, costituisce un contratto atipico di concessione ad aedificandum ad effetti obbligatori. Ciò, sempre a condizione che non emerga una volontà delle parti a costituire un vero e proprio diritto di superficie.
Un simile contratto, tuttavia, presenta notevoli profili di somiglianza con la locazione e rende arduo individuare una linea di demarcazione tra i due negozi. Ciononostante, le difficoltà di differenziazione non incidono sull’individuazione della fattispecie applicabile. Infatti, anche ai contratti atipici possono applicarsi le norme che regolano i contratti tipici che presentano analogie. Ragion per cui, la Suprema Corte ritiene applicabile anche al contratto atipico di concessione ad aedificandum sia l’art. 1599 c.c. che l’art. 2643 n. 8 c.c.[4]
Con riferimento all’art. 1599 cc, la Corte afferma che non vi è alcun ostacolo nell’applicare la norma alla fattispecie contrattuale in commento, in quanto si tratta di una concessione a titolo oneroso; ne deriva che l’opponibilità di tale contratto all’acquirente dell’immobile secondo quanto previsto dalla norma indicata concerne sia la pattuizione relativa alla concessione dell’occupazione del lastrico che quella cha attribuisca lo jus tollendi alla compagnia di telecomunicazioni al termine del rapporto.[5]
Le Sezioni Unite chiariscono anche come la locazione costituisce un titolo idoneo ad impedire l’accessione, recependo l’ormai consolidata massima giurisprudenziale per cui “la regola dell’accessione delle opere fatte dal terzo, con materiali propri, su suolo altrui sancita dall’art. 936 c.c. – trova applicazione solo nel caso in cui il costruttore possa effettivamente considerarsi terzo per non essere legato al proprietario del suolo da un vincolo contrattuale o comunque negoziale. Pertanto, nel caso che la costruzione su suolo altrui sia stata oggetto di espressa convenzione fra il proprietario del suolo e il costruttore, non può il giudice di merito ritenere senz’altro avverata l’accessione senza prima esaminare – secondo criteri di corretta ermeneutica – il contenuto di tale convenzione, al fine di escludere che con essa si fosse inteso costituire sia un diritto di superficie, sia una concessione ad aedificandum quale rapporto ad effetti meramente obbligatori, che può trovare sua fonte e sua disciplina in un contratto atipico non soggetto a requisiti di forma e di pubblicità”. A tale pronuncia ha fatto seguito la sentenza n. 2413/1976, secondo cui “la regola dell’accessione di cui all’art. 934 c.c., non ha carattere di assolutezza, ma è limitata alle sole ipotesi in cui non risulti dal titolo o dalla legge che l’opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene ad un soggetto diverso dal proprietario di questo. Pertanto, nell’ipotesi in cui la costruzione sia stata oggetto di espressa convenzione tra il proprietario del suolo e il costruttore, il giudice del merito non può ritenere senz’altro avverata l’accessione se non abbia prima esaminato il contenuto di tale convenzione al fine di escludere che tra le parti si fosse inteso costituire, quanto meno, una concessione ad aedificandum che, essendo un rapporto ad effetti meramente obbligatori, può trovare la sua fonte e disciplina anche in un contratto atipico, non soggetto a requisiti di forma e di pubblicità”
Conclusioni. A conclusione del ragionamento sopra riportato, le Sezioni Unite concludono l’arresto precisando che: il regolamento contrattuale mediante il quale il proprietario di un lastrico solare intenda cedere ad altri la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, con il diritto per il cessionario di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito sia attraverso un contratto ad effetti reali, sia attraverso un contratto ad effetti personali. La riconduzione del negozio nell’uno o nell’altra ipotesi è una questione puramente interpretativa, dalla cui soluzione dipende la necessaria unanimità assembleare, nel caso di diritto reale, o la mera maggioranza nel caso di diritto personale di godimento. In ogni caso, lo schema negoziale realizzato nella fattispecie vagliata dalle Sezioni Unite è il contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell’accessione. Inoltre, detto contratto costituisce, al pari del diritto reale di superficie, titolo idoneo ad impedire l’accessione ai sensi dell’art. 934 c.c., comma 1. Esso è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonchè, per quanto non previsto dal titolo, dalle norme sulla locazione, tra cui quelle dettate dall’art. 1599 c.c. e art. 2643 c.c., n. 8. Il contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale stipulato da un condominio per consentire ad altri la installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, sul lastrico solare del fabbricato condominiale richiede l’approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di nove anni.
[1] Cfr. Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza n. 8434 del 20 aprile 2020, in motivazione: “In effetti, alla luce del disposto dell’art. 1108 c.c., comma 3, è proprio la qualificazione del menzionato contratto – e quindi, in definitiva, la verifica se esso concerna la costituzione di un diritto reale di superficie oppure la concessione di un diritto personale di godimento lato sensu riconducibile al tipo negoziale della locazione – ad orientare la soluzione della questione relativa alla necessità del consenso di tutti i partecipanti al condominio per la relativa approvazione.”
[2] Cfr. Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza n. 8434 del 20 aprile 2020, in motivazione: “Può quindi pervenirsi alla prima, parziale, conclusione che, ai fini dell’approvazione di un contratto avente ad oggetto la concessione temporanea, a titolo oneroso, della facoltà di installare un ripetitore di segnale sul lastrico condominiale, ai sensi dell’art. 1108 c.c., comma 3, non è necessario il consenso di tutti i condomini nel caso in cui tale concessione trovi titolo in un contratto che non abbia ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali e non attribuisca un diritto personale di godimento di durata superiore a nove anni.
Il nodo nel quale si sostanzia la questione di massima proposta dalla Seconda Sezione civile si risolve, allora, nello stabilire se un contratto con cui il proprietario di un lastrico solare attribuisca all’altro contraente, a titolo oneroso, il diritto di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore e di asportarlo al termine del rapporto debba qualificarsi come contratto ad effetti reali o come contratto ad effetti obbligatori; nella prima ipotesi, infatti, ove il lastrico solare appartenga ad un condominio, l’approvazione del contratto richiede, ai sensi dell’art. 1108 c.c., comma 3, il consenso di tutti i condomini.”
[3]Cfr. Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza n. 8434 del 20 aprile 2020, in motivazione: “Va aggiunto che i ripetitori telefonici devono altresì considerarsi – oltre che, genericamente, beni immobili ai sensi dell’art. 812 c.c. – anche “costruzioni” agli specifici effetti tanto dell’art. 934 c.c. (e, dunque, suscettibili di accessione), quanto dell’art. 952 c.c. (e, dunque, suscettibili di costituire oggetto di un diritto di superficie). Supportano tale conclusione le indicazioni, puntualmente sottolineate nell’ordinanza di remissione, che si desumono, per un verso, dal testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001), il quale, nell’art. 3, comma 1, lett. e), punto 4, ricomprende espressamente, fra gli interventi di “nuova costruzione” la “istallazione… di ripetitori per i servizi di telecomunicazione”; per altro verso, dal codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. n. 259 del 2003), il quale, nell’art. 86, comma 3, espressamente assimila alle opere di urbanizzazione primaria le “infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli artt. 87 e 88”, ossia, a mente del D.P.R. n. 259 del 2003, art. 87, comma 1, le “infrastrutture per impianti radioelettrici… e, in specie, l’installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti, di ripetitori di servizi di comunicazione elettronica, di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS, per reti di diffusione, distribuzione e contribuzione dedicate alla televisione digitale terrestre, per reti a radiofrequenza dedicate alle emergenze sanitarie ed alla protezione civile, nonchè per reti radio a larga banda punto-multipunto nelle bande di frequenza all’uopo assegnate.”
[4] Art. 1599 c.c. “Il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente, se ha data certa anteriore all’alienazione della cosa. La disposizione del comma precedente non si applica alla locazione di beni mobili non iscritti in pubblici registri, se l’acquirente ne ha conseguito il possesso in buona fede. Le locazioni di beni immobili non trascritte non sono opponibili al terzo acquirente, se non nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione. L’acquirente è in ogni caso tenuto a rispettare la locazione, se ne ha assunto l’obbligo verso l’alienante.” Art. 2643 n. 8 “Si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione… 8) i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove anni;”.
[5] Cfr. Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza n. 8434 del 20 aprile 2020, in motivazione: “Va peraltro evidenziato come la tendenziale attrazione della disciplina del rapporto fondato su una concessione ad aedificandum di natura personale nel corpus delle regole dettate dal codice civile per il contratto di locazione non pone in discussione la validità della pattuizione che sottragga al proprietario del lastrico il diritto di ritenere le addizioni (il ripetitore) alla cessazione del rapporto e, specularmente, attribuisca lo jus tollendi alla compagnia di telecomunicazioni concessionaria del godimento del lastrico (salvo l’obbligo di ripristino del lastrico medesimo in caso di eventuali danneggiamenti derivanti dalle operazioni di rimozione); il disposto dell’art. 1593 c.c., comma 1 – che attribuisce al locatore lo jus retinendi in ordine alle addizioni eseguite dal conduttore – è infatti norma non imperativa, come reiteratamente affermato da questa Corte nelle sentenze nn. 1126/1985, 192/1991, 6158/1998, 13245/2010.”
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