Le Sezioni Unite sul riparto di giurisdizione, breve analisi

Le Sezioni Unite sul riparto di giurisdizione, breve analisi

Con la sentenza n. 22834 del 21/07/2022, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sul ricorso ex art. 360 c.p.c. n.1 inerente al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il caso di specie riguardava la richiesta di condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno a causa di errori nell’espletamento di analisi tecniche di controllo sui prodotti commercializzati dalla ricorrente; oggetto del ricorso per Cassazione era la sola giurisdizione. Nel declinare la giurisdizione del giudice amministrativo a favore di quello ordinario, le Sezioni Unite, in riforma della sentenza di rito emessa in appello, muovono dalla tesi per cui la domanda risarcitoria proposta dalla società attrice vedeva la propria causa petendi dall’attività di analisi eseguita non solo in modo erroneo ma anche senza le dovute abilitazioni tecniche, non lasciando spazio ad alcuna controdeduzione attinente ai concetti di discrezionalità amministrativo o potere autoritativo della pubblica amministrazione.

Prima di addentrarsi nelle motivazioni alla base della pronuncia, è opportuno capire perché è di vitale importanza la definizione del giudice munito di giurisdizione.

La giurisdizione, ai nostri fini, può essere definita tanto come il complesso di poteri che un giudice è in grado di esercitare nella risoluzione di una controversia quanto il perimetro entro cui questi poteri possono essere esercitati[1]. Definire i contorni applicativi della giurisdizione significa rispondere ad esigenze di garanzia per le parti processuali e di certezza del diritto. Essa, infatti, può essere ricondotta al novero delle garanzie che permettono lo svolgimento del giusto processo ex. art. 111 Cost., a mente del quale è giusto quel il processo regolato dalla legge che si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale e con una durata ragionevole. Infatti, solo i magistrati possono esercitare la funzione giurisdizionale (tale affermazione, riportata all’art. 101 Cost., deve essere calibrata nel senso che le controversie posso essere devolute anche a soggetti che, pur non essendo formalmente magistrati, abbiano le caratteristiche di terzietà e imparzialità richieste dalla norma costituzionale, come nel caso dell’arbitrato ex artt. 806 c.p.c. e ss.) e questi ultimi sono soggetti solo alla legge. Chiarito questo passaggio, è fondamentale stabilire che la corretta individuazione del giudice munito di giurisdizione è propedeutica allo svolgimento di un processo equo e paritario. Infatti, la Costituzione è granitica nell’affermare che non possono essere istituiti giudici straordinari, ossia giudici che vengono istituiti ad hoc, dopo che il fatto illecito sia stato commesso ed appositamente per quel fatto, e che i giudici speciali, in contrapposizione con quelli ordinari, possono essere istituiti dalla legge solo per determinate materie (art. 102 Cost.). Le parti che si accingono ad affrontare un processo devono conoscere il giudice munito di giurisdizione sulla controversia, essendo costui il giudice individuato in base a criteri garantistici e predeterminati, e quindi il giudice più idoneo alla sua risoluzione nelle modalità previste dalla legge. Attraverso questo principio, cristallizzato nell’art. 25 Cost. comma 1, si rinviene la necessità di designare il “giudice naturale precostituito per legge” in base a criteri certi ed oggettivi, individuati prima rispetto al fatto oggetto di giudizio. Tali criteri fanno capo alla materia del contendere, al territorio sul quale si è svolto il fatto (si parla di giurisdizione del giudice italiano in contrapposizione alla giurisdizione del giudice straniero), ma anche ai poteri processuali di cui il giudice può servirsi nella definizione della controversia, funzionali proprio alla risoluzione di un determinato tipo di controversie e non anche di altre di diversa tipologia (si pensi, in riferimento al caso di specie, ai più penetranti poteri del giudice amministrativo rispetto al giudice ordinario, idonei a statuire in controversie in cui rileva lo stato di soggezione del privato nei confronti della pubblica amministrazione che esercita un potere amministrativo, configurando in capo al primo un interesse legittimo). La norma in questione prevede che nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, e si raccorda con i principi precedentemente menzionati dell’imparzialità e della terzietà del giudice, nonché al divieto di istituzione di giudici straordinari. La preponderanza della determinazione della giurisdizione può essere rinvenuta anche nel codice di rito in alcune norme sintomatiche: il difetto di giurisdizione può essere rilevato anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo (art. 37 c.p.c.); le parti possono proporre regolamento preventivo di giurisdizione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (“vertice della giurisdizione”) finché la causa non sia definita nel merito in primo grado (art. 41 c.p.c.), fatti salvi gli ordinari mezzi di impugnazione; le pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sopravvivono all’estinzione del processo e vincolano l’eventuale riproposizione della domanda (art. 310 c.p.c.). Pertanto, (anche) dall’individuazione del giudice munito di giurisdizione dipende il corretto espletamento della funzione giurisdizionale, considerata un servizio nei confronti della comunità. Questo, in definitiva, non può non dipendere dall’individuazione di quell’apparato di regole predeterminate che permettono alle parti di esperire con il massimo grado di effettività possibile le proprie prerogative processuali (art. 24 Cost.)

Con questa pronuncia, le Sezioni Unite dimostrano di tenere fede al principio per cui il criterio di riparto in tema di giurisdizione non risieda nella natura di pubblica amministrazione o meno dei soggetti in causa, ma nella natura della materia del contendere, ovvero a seconda che si tratti di diritti soggettivi o interessi legittimi. Lo stesso dato costituzionale riporta al citato criterio di riparto[2]: l’art. 103 Cost. sancisce che il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi. Da tale disposizione si evince che il criterio di riparto deve essere individuato nella dicotomia tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, e che solo in casi tassativamente elencati dalla legge (133 c.p.a.) il giudice amministrativo ha giurisdizione anche sui diritti soggettivi, configurando la cd. “giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”. Come affermato in precedenza, la corretta individuazione del giudice munito di giurisdizione è funzionale anche alla corretta individuazione dei poteri processuali esperibili dal giudice all’interno del processo. Infatti, Il sistema delineato dal processo amministrativo si fonda su concetti come la necessità di legalità dei fini e dei mezzi e la rilevanza esterna dell’attività dell’amministrazione, che si contrappongono con l’autonomia privata, e quindi la libertà dei fini (se non con il limite delle norme imperative) e l’autonomia negoziale, che è contraddistinta da atipicità. Inoltre, nel processo amministrativo si riscontra una decisa e marcata prevalenza della tutela in forma specifica rispetto alla tutela per equivalente, specialmente nella tutela storica garantita dal processo amministrativo che è l’azione di annullamento. A titolo esemplificativo, il giudice amministrativo gode poteri istruttori più incisivi rispetto a quelli del giudice ordinario (artt. 63 ss. c.p.a.) e di poteri surrogatori in fase esecutiva addirittura sconosciuti al giudice ordinario e tesi a garantire il primato dell’esecuzione in forma specifica (si pensi alle norme in tema di ottemperanza, artt. 112 ss. c.p.a.)[3]

Vi sono, tuttavia, alcuni nodi da sciogliere: a) fermo restando che il criterio di riparto si fonda sulla dicotomia tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, va stabilito entro quali ambiti va individuato il perimetro di detta dicotomia; b) va inoltre determinato quando si configura un diritto soggettivo e quando si configura un interesse legittimo ai fini della giurisdizione.

Sub a) Le Sezioni Unite, sul punto, sembrano ormai aver consolidato il criterio per cui la distinzione giurisdizionale vada rinvenuta nella domanda proposta dall’attore, e, in particolar modo, nella sua causa petendi[4], ovvero nella reale posizione giuridica sottesa al ricorso e in forza del quale la domanda viene esperita, superando la dottrina del cd “petitum formale”, che altro non è se non la domanda avanzata al giudice (si vuole evitare, in tal modo, di lasciare che fosse l’attore a determinare la giurisdizione tramite la domanda)[5].

Sub b) Conviene partire dalla definizione di interesse legittimo. Muovendo dalle ormai superate concezioni per cui quest’ultimo veniva identificato come un interesse occasionalmente protetto o un interesse meramente processuale o addirittura una mera pretesa alla legittimità degli atti amministrativi, deve essere accolta la teoria per cui l’interesse legittimo è un interesse sostanziale che ha ad oggetto il bene della vita inciso dal potere amministrativo e che, come tale, ha diritto ad una tutela giurisdizionale piena ed esaustiva (artt. 24 e 113 Cost.). La configurabilità di un interesse legittimo dipende dall’effettiva presenza di un potere amministrativo, che pertanto lo distingue dal diritto soggettivo, che, di contro, può essere considerato un diritto assoluto e incondizionato. Dunque, proprio la presenza di questo legame con il potere amministrativo (e con le modalità del suo esercizio) determina la sussistenza o meno di un interesse legittimo, e al contempo la giurisdizione. Attualmente, vanno considerate due teorie tra loro alternative. Una prima teoria muove dalla dicotomia tra potere vincolato e potere discrezionale, configurando la presenza di un diritto soggettivo ove l’attività sia totalmente vincolata ed un interesse legittimo ove l’attività residui di discrezionalità a favore della pubblica amministrazione[6]. Tuttavia, il dato normativo dimostra che il giudice amministrativo giudica anche controversie che abbiano ad oggetto la spendita di un potere vincolante da parte della pubblica amministrazione (ad es. art. 31 c.p.a. comma 3); così, la distinzione si è successivamente focalizzata sulla destinazione del potere vincolato: qualora questo è posto a tutela di interessi pubblici, si configura un interesse legittimo e quindi la giurisdizione del giudice amministrativo; qualora questo sia posto a tutela di interessi di privati, si configura un diritto soggettivo e quindi la giurisdizione del giudice ordinario. Più appagante, e per questo maggioritaria e adottata dalle Sezioni Unite anche nel caso di specie, è la teoria che muove dalla dicotomia tra carenza di potere in astratto e cattivo uso del potere. Nel primo caso, quando alcuna disposizione abbia mai conferito un potere alla pubblica amministrazione, che quindi lo esercita in difetto di una concreta investitura, sussiste un diritto soggettivo; viceversa, qualora il potere sia stato effettivamente assegnato ma le modalità del suo esercizio non sono conformi alla norma attributiva di potere, ( anche in caso di mancanza di uno dei requisiti fondamentali di esercizio, per cui si parla di “carenza di potere in concreto”) sussiste un interesse legittimo. Nel caso di specie, le Sezioni Unite fanno ricorso a questo secondo criterio, affermando che il difetto nelle necessarie abilitazioni tecniche e quindi la carenza di potere impediscono la configurazione di argomentazioni relative a profili di discrezionalità dell’attività amministrativa espletata dalla pubblica amministrazione, decretando di fatto la sussistenza di un diritto soggettivo e quindi la giurisdizione del giudice ordinario.

 

 

 

 

 


Bibliografia essenziale
CONCAS A., La Giurisdizione, in https://www.diritto.it  , 11 giugno 2021;
MAZZAMUTO M., Tecniche di attuazione dei diritti nel processo amministrativo, in G. GRISI (a cura di), Processo e tecniche di attuazione dei diritti, Jovene, Napoli, 2019, pp. 283-345
PETROCCHI F., Discrezionalità dell’atto e riparto di giurisdizione, in https://www.gazzettaamministrativa.it , fasc.1- 2021;
QUATTRONE D., Il riparto di giurisdizione in tema di diritti fondamentali, in www.https:www.diritto.it, 12 novembre 2020;
VINCI F., Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in https://www.studiocataldi.it, 18 maggio 2018.

[1] A. CONCAS, La Giurisdizione, in https://www.diritto.it  , 11 giugno 2021
[2]D.QUATTRONE, Il riparto di giurisdizione in tema di diritti fondamentali, in www.https:www.diritto.it , 12 novembre 2020; Cfr. F. VINCI, Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in https://www.studiocataldi.it, 18 maggio 2018
[3] M.MAZZAMUTO, Tecniche di attuazione dei diritti nel processo amministrativo, in G. GRISI (a cura di), Processo e
tecniche di attuazione dei diritti, Jovene, Napoli, 2019, pp. 283-345
[4] F. PETROCCHI, Discrezionalità dell’atto e riparto di giurisdizione, in https://www.gazzetaamministrativa.it , fasc.1-2021
[5] Va altresì menzionata la teoria del cd. “petitum sostanziale”, la quale pone l’accento sulla domanda spiegata e come individuata dal giudice rispetto alla posizione soggettiva di cui si richiede la tutela giurisdizionale, configurando una via mediana tra la teoria del “petitum formale” e la teoria della “causa petendi”.
[6] Non vanno trascurate le ipotesi di discrezionalità tecnica, ovvero di quella discrezionalità esercitata in un ambito circoscritto e rispondente a valutazioni scientifiche e tecniche. In merito, si registrano due orientamenti. Il primo, secondo cui la valutazione tecnica altro non è che un mero accertamento tecnico, privo di discrezionalità e, pertanto, ricade sotto la giurisdizione del Giudice ordinario, (orientamento prevalente in giurisprudenza). Il secondo, invece, secondo cui sussiste esercizio del potere e dunque la pubblica amministrazione non perde completamente il potere di scelta discrezionale, configurando pertanto un interesse legittimo.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Stefano Di Cerbo

Dottore in giurisprudenza con lode presso la Luiss Guido Carli

Latest posts by Stefano Di Cerbo (see all)

Articoli inerenti