Le Sezioni Unite sull’arresto in “quasi flagranza” di reato
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 39131 del 24.11.2015 (depositata il 21.9.2016), rispondendo al quesito: “se può procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nella immediatezza del fatto”, hanno risolto il dibattito giurisprudenziale, che occupava da tempo le Sezioni Semplici, in materia di arresto in flagranza (rectius: quasi flagranza).
La Suprema Corte si quindi è contestualmente espressa, ripercorrendo i due orientamenti prevalenti in materia, circa l’esatto significato della nozione di quasi flagranza.
Come detto, le Sezioni Unite sposando il prevalente e più rigoroso indirizzo della giurisprudenza di legittimità hanno affermato il principio di diritto secondo cui “non sussiste la condizione di cosiddetta quasi flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia stato iniziato non già a seguito e a causa della diretta percezione dei fatti” da parte della polizia giudiziaria, bensì “per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi”.
Il principio enunciato sottende ragioni che, sinteticamente, possono essere ricapitolate nei termini che seguono.
La provvisoria privazione del diritto fondamentale della libertà personale, di iniziativa della polizia giudiziaria e in carenza di alcun provvedimento motivato della autorità giudiziaria, rappresenta, per vero, istituto di carattere eccezionale e in tal senso è espressamente connotato dall’art. 13 Cost., co. III.
Le disposizioni della legge ordinaria e, segnatamente, del codice di rito che disciplinano l’arresto sono, pertanto, di stretta interpretazione (art. 14 preleggi, co. I).
Si legge infatti in sentenza che l’indirizzo in parola valorizza il carattere eccezionale della privazione della libertà personale che si traduce nell’arresto e, dunque, il fondamento e la “giustificazione” dell’istituto deve ravvisarsi nella diretta percezione della polizia giudiziaria della azione delittuosa, ovvero – in difetto – dell’inseguimento del reo o, infine, della circostanza che costui presenti tracce (o rechi cose) le quali rivelino che egli immediatamente prima abbia commesso il reato.
A siffatte condizioni che abilitano all’arresto non sono assimilabili le investigazioni e le ricerche che la polizia giudiziaria, subito dopo la commissione del reato, intraprende tempestivamente, sulla base delle dichiarazioni assunte, anche informalmente, dalle persone presenti al fatto, così pervenendo alla individuazione della persona dell’indagato.
Dunque la Suprema Corte con la pronuncia in commento ha definitivamente preso le distanze da quello che è da sempre l’orientamento minoritario, presente in modo significativo nella giurisprudenza più risalente nel tempo, ma pur recentissimamente ripreso con pronunce deliberate in consapevole contrasto col prevalente indirizzo.
Tale orientamento contrario ravvisa l’ipotesi della flagranza anche qualora, subito dopo la commissione del reato, la polizia giudiziaria, prontamente intervenga, assuma le informazioni del caso dalla persona offesa o dai testimoni presenti al fatto, e immediatamente si ponga, sulla scorta delle stesse, all’inseguimento dell’autore del reato, celermente pervenendo – senza alcuna interruzione della attività di investigazione e di ricerca, tempestivamente intrapresa – all’arresto dell’indagato; affermando quindi il principio secondo cui lo stato di quasi flagranza sussisterebbe anche nel caso in cui l’inseguimento sia iniziato a seguito di informazioni acquisite dalla vittima o da terzi, purché non sussista soluzione di continuità fra il fatto criminoso e la successiva reazione diretta ad arrestare il responsabile del reato.
Le Sezioni Unite nella sentenza in commento forniscono invece un chiarimento circa il significato degli elementi fondamentali nella costruzione della definizione della quasi flagranza, rappresentati dalla percezione della azione delittuosa e dall’inseguimento del reo restando estranea alla nozione di “inseguimento” la differente ipotesi della attività investigativa della polizia giudiziaria, ancorché tempestivamente intrapresa e proseguita colla ricerca del reo celermente e fruttuosamente compiuta in tempi rapidi.
Dunque, sulla base delle anzidette considerazioni, le Sezioni Unite hanno affermato il principio di diritto secondo il quale “non può procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nella immediatezza del fatto”.
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