Le società a base personale, a base capitalistica e le società estere
All’interno del diritto societario uno degli elementi fondamentali, anche se non l’unico, che permette la differenziazione delle varie tipologie è la diversa responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali.
Tale differenziazione di responsabilità tuttavia non caratterizza in modo prioritario e dal punto di vista organizzativo, le medesime organizzazioni societarie. Il decreto legislativo n. 6 del 2003 ha comportato e costituisce la riforma del diritto societario, centrale sotto innumerevoli aspetti.
Tale decreto legislativo fa seguito alla legge delega n. 366 del 2001 che aveva quale obiettivo principale quello di adeguare l’ordinamento nazionale alle direttive comunitarie definendo allo stesso tempo attribuzioni e competenze degli organi sociali tenendo anche in debita considerazione l’autonomia statutaria.
Il decreto legislativo n. 6 del 2003 fa capolino sul palcoscenico societario dopo circa sessant’anni dalla normativa principale.
In base all’organizzazione possiamo distinguere le società a base personale dalle società a base capitalistica. La principale distinzione riguarda la modalità con la quale vengono attribuiti diritti, obblighi e poteri del socio.
Diritti e poteri del socio infatti, sono attribuiti in funzione della persona ovvero in funzione della quota di partecipazione, distinguendo così le due principali tipologie societarie sopra indicate. La diversa rilevanza della persona del socio determina due categorie di società, con le rispettive differenziazioni e distinta disciplina giuridica: avremo pertanto le società di persone e le società di capitali.
La personalità giuridica è riconosciuta alle società a base capitalistica mentre è negata almeno formalmente, a quelle a base personale e cioè le società semplici, società in nome collettivo (S.n.c.) e società in accomandita semplice (S.a.s.).
Sul piano dei rapporti esterni la responsabilità delle società è dettata in modo unitario per entrambe dal decreto legislativo 231 del 2001.
Dalle tipologie ora esaminate dobbiamo tenere distinte le cosiddette società estere.
Tali società, essendo sorte in un ordinamento diverso da quello italiano, possono essere organizzate secondo uno dei tipi previsti dall’ordinamento italiano o invece secondo un tipo diverso. Sul punto merita di essere menzionata la legge 218 del 1995, la quale costituisce la riforma del diritto internazionale privato.
La stessa legge afferma che le società e gli altri enti sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio si è perfezionato il procedimento di costituzione a norma dell’articolo 25. Se la società opera stabilmente nel territorio italiano non può sottrarsi alla nostra disciplina codicistica.
In base alla classificazione ora enunciata dovremo dunque distinguere le società aventi sede principale in Italia ( o oggetto principale) che saranno interamente assoggettata alla disciplina italiana dalle società con solo una sede secondaria in Italia. queste ultime saranno regolate dalla legge estera ma assoggettate alle norme per le società per azioni in luogo alla pubblicità nel registro delle imprese e per responsabilità degli amministratori. Dalle società ora viste ulteriore distinzione riguarda la c.d. società europea. In materia rilevano il diritto di stabilimento (trattato CE) ed altri principi comunitari, tenendo conto anche della giurisprudenza comunitaria. Il Regolamento CE 2157/2001 disciplina lo statuto della SE, società europea che può essere costituita mediante fusione, creazione di una SE holding ovvero di una SE affiliata, a condizione che riguardi almeno due società che hanno la sede in differenti Stati membri. La stessa può essere costituita anche con atto unilaterale. La società cooperativa europea SCE, di cui al Regolamento CE 1435/2003 è un analogo modello destinato ad iniziative transfrontaliere .
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