L’eccesso di potere e lo sviamento negli atti amministrativi ad elaborazione elettronica
L’eccesso di potere rappresenta un vizio di legittimità dell’atto amministrativo che si manifesta attraverso il cattivo uso del potere da parte della Pubblica Amministrazione o nella deviazione del potere da quei principi generali stabiliti dal legislatore, come la correttezza, la buona fede o la diligenza. A monte, dunque, vi deve essere un potere discrezionale che la legge attribuisce alla P.A..
Oggi la figura dell’eccesso di potere assume particolare valore con l’avvento della tecnologia informatica nei procedimenti amministrativi, laddove la Pubblica Amministrazione emani un provvedimento amministrativo ad elaborazione elettronica attraverso un procedimento automatizzato governato da un algoritmo.
Se da un lato tale situazione costituisce per la P.A la possibilità di prendere delle decisioni basate su programmi informatici che rientrano nel c.d e-government in applicazione diretta del “principio del buon andamento” di cui all’art. 97 Cost., dall’altro rappresenta per il giurista una nuova frontiera circa l’individuazione di provvedimenti amministrativi viziati risultanti da un procedimento sprovvisto dell’intervento dell’uomo.
L’eccesso di potere fin dalla sua elaborazione, che ha origini storiche ben precise, ha trovato il suo fondamento nel principio di separazione dei poteri. L’evoluzione dei tempi e l’aumento del potere discrezionale della Pubblica Amministrazione ha fatto si che questo vizio dell’atto amministrativo diventasse contemporaneamente uno strumento di tutela della libertà e un indice sociale attraverso cui valutare l’evoluzione dei rapporti di supremazia che intercorrono tra l’amministrazione pubblica che “detiene il potere” e cittadino che ne è “assoggettato”.
La possibilità che da un semplice procedimento automatizzato possa nascere la decisione circa l’adozione di un provvedimento amministrativo idoneo modificare unilateralmente la sfera giuridica dei destinatari appare problematica sotto diversi aspetti. Proprio sulla base di quanto appena detto poggia il problema odierno dell’eccesso di potere nel provvedimento amministrativo ad elaborazione elettronica.
Prima di trattare in maniera più approfondita l’argomento iniziamo col dire che il Giudice Amministrativo, negli ultimi anni, si è pronunciato diverse volte sull’opportunità o meno di utilizzare algoritmi nell’adozione di atti e provvedimenti amministrativi, soprattutto con riferimento alla decisione del Miur di assegnare la mobilità e la riorganizzazione del corpo docente sul territorio nazionale a procedure unicamente informatiche.
Segnaliamo, infatti, la sentenza n. 9224/2018 del Tar del Lazio [1] con la quale il Giudice Amministrativo ha censurato la possibilità di sostituire l’attività decisionale umana con un algoritmo in quanto “orfano di capacità valutazionali delle singole fattispecie concrete, tipiche invece della tradizionale e garantistica istruttoria procedimentale che deve informare l’attività amministrativa”. Ad avviso dei giudici amministrativi, un algoritmo non può assicurare il rispetto delle garanzie dei cittadini previste dalla L. 241/1990, infatti, ad essere minato non sarebbe soltanto il principio di trasparenza e partecipazione al procedimento ma anche l’obbligo di motivazione dell’atto amministrativo laddove l’assenza della motivazione mina il diritto di difesa rendendo particolarmente difficoltosa la comprensione dell’iter logico-giuridico seguito dall’amministrazione nell’emanazione del provvedimento.
Appare necessario, tuttavia, rilevare che con la sentenza n. 2270/2019 [2] il Consiglio di Stato pur dichiarando illegittimità della procedura amministrativa informatizzata adottata dal Miur, ha evidenziato come una procedura informatica di supporto che porta all’emanazione di una decisione finale non sia solo legittima ma addirittura auspicabile in quanto vi sarebbero dei vantaggi sui tempi del procedimento per le operazioni che non si basano sulla discrezionalità. Verrebbero meno, in questo modo, eventuali rischi di colpa o dolo del funzionario umano con il risultato che l’atto sarebbe basato sull’imparzialità ed in pieno rispetto dei principi che reggono l’azione amministrativa e della centralità dell’intervento umano.
Per poter individuare i possibili vizi di eccesso di potere dell’atto amministrativo ad elaborazione elettronica appare necessario identificare l’ambito entro il quale sia possibile adottare atti amministrativi mediante sistemi basati su algoritmi. Sgomberando il campo da ogni incertezza, è da dire come sia sostenibile la tesi, confortata anche dalla giurisprudenza, circa l’elaborazione elettronica di atti amministrativi ad attività vincolata.
I principali problemi giuridici li riscontriamo con riferimento agli atti discrezionali che, come sappiamo, si basano su di un momento valutativo e di scelta che potrebbero cadere in contrasto con una eventuale informazione di natura contraria. L’adozione dell’atto amministrativo attraverso l’uso di algoritmi sarebbe possibile solo quando tecnicamente la normativa da applicare corrisponde allo schema logico seguito dalla macchina sulla base della programmazione informatica, e quando le decisioni che stanno alla base dell’atto amministrativo siano predeterminabili dall’intervento del funzionario. Pertanto il ricorso al computer dovrebbe rimanere escluso nei casi in cui la norma da applicare preveda concetti giuridici e gli atti da adottare siano contrassegnati da una forte discrezionalità.
La tendenza, nell’emanazione di provvedimenti amministrativi, è quella di considerare un’attività amministra sempre maggiormente vincolata e pertanto legata a parametri determinati in via preliminare con la conseguenza del venir meno degli aspetti discrezionali. Gli atti che potrebbero essere emanati dal calcolatore, dunque, potrebbero aumentare. A ciò fa riferimento quella parte della dottrina secondo cui la tradizionale incompatibilità tra discrezionalità amministrativa ed algoritmo potrebbe essere agevolmente superata a seguito di un primario intervento dell’uomo. Il programma informatico, diventerebbe uno strumento della P.A. per la produzione di atti da considerarsi emanati in maniera consapevole in riferimento al tipo di software volontariamente utilizzato per la produzione dell’atto da parte di chi lo sottoscrive.
La principale figura di eccesso di potere, come sappiamo, consiste nel sviamento e nel caso del provvedimento amministrativo ad elaborazione elettronica lo sviamento si potrebbe concretizzare nel momento della programmazione della macchina, cioè quando il funzionario inserisce le istruzioni nel computer, pertanto, l’eventuale incompletezza o inesattezza dolosa delle informazioni determinerebbe l’atto viziato per sviamento di potere.
La discrezionalità amministrativa basata su algoritmi preventivamente programmati in base alle scelte da operare apre il campo alla figura di eccesso di potere nel momento in cui tali operazione vengono fatte attraverso scelte consapevoli e volontarie atte a creare provvedimenti amministrativi viziati che non tengono conto dell’interesse pubblico ma vanno incontro ad interessi differenti o ad un diverso interesse pubblico rispetto a quello introdotto dalla norma che attribuisce il potere all’amministrazione.
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[1] TAR Lazio III Sez. sentenza n. 9224/2018 secondo cui “dirimente si profila in punto di diritto l’argomento secondo cui è mancata nella fattispecie una vera e propria attività amministrativa, essendosi demandato ad un impersonale algoritmo lo svolgimento dell’intera procedura di assegnazione dei docenti alle sedi disponibili nell’organico dell’autonomia della scuola. Al riguardo ritiene la Sezione che alcuna complicatezza o ampiezza, in termini di numero di soggetti coinvolti ed ambiti territoriali interessati, di una procedura amministrativa, può legittimare la sua devoluzione ad un meccanismo informatico o matematico del tutto impersonale e orfano di capacità valutazionali delle singole fattispecie concrete, tipiche invece della tradizionale e garantistica istruttoria procedimentale che deve informare l’attività amministrativa, specie ove sfociante in atti provvedimentali incisivi di posizioni giuridiche soggettive di soggetti privati e di conseguenziali ovvie ricadute anche sugli apparati e gli assetti della pubblica amministrazione. Un algoritmo, quantunque, preimpostato in guisa da tener conto di posizioni personali, di titoli e punteggi, giammai può assicurare la salvaguardia delle guarentigie procedimentali che gli artt. 2, 6,7,8,9,10 della legge 7.8.1990 n. 241 hanno apprestato, tra l’altro in recepimento di un inveterato percorso giurisprudenziale e dottrinario…. gli istituti di partecipazione, di trasparenza e di accesso, in sintesi, di relazione del privato con i pubblici poteri non possono essere legittimamente mortificati e compressi soppiantando l’attività umana con quella impersonale, che poi non è attività, ossia prodotto delle azioni dell’uomo, che può essere svolta in applicazione di regole o procedure informatiche o matematiche. A essere inoltre vulnerato non è solo il canone di trasparenza e di partecipazione procedimentale, ma anche l’obbligo di motivazione delle decisioni amministrative, con il risultato di una frustrazione anche delle correlate garanzie processuali che declinano sul versante del diritto di azione e difesa in giudizio di cui all’art. 24 Cost., diritto che risulta compromesso tutte le volte in cui l’assenza della motivazione non permette inizialmente all’interessato e successivamente, su impulso di questi, al Giudice, di percepire l’iter logico – giuridico seguito dall’amministrazione per giungere ad un determinato approdo provvedimentale”.
[2] Consiglio Di Stato, Sez. VI, 8 Aprile 2019, n. 2270: “l’utilizzo di una procedura informatica che conduca direttamente alla decisione finale non deve essere stigmatizzata, ma anzi, in linea di massima, incoraggiata: essa comporta infatti numerosi vantaggi quali, ad esempio, la notevole riduzione della tempistica procedimentale per operazioni meramente ripetitive e prive di discrezionalità, l’esclusione di interferenze dovute a negligenza (o peggio dolo) del funzionario (essere umano) e la conseguente maggior garanzia di imparzialità della decisione automatizzata. In altre parole, l’assenza di intervento umano in un’attività di mera classificazione automatica di istanze numerose, secondo regole predeterminate (che sono, queste sì, elaborate dall’uomo), e l’affidamento di tale attività a un efficiente elaboratore elettronico appaiono come doverose declinazioni dell’art. 97 Cost.coerenti con l’attuale evoluzione tecnologica”.
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