Legge provvedimento: definizione, legittimità costituzionale e tutela giurisdizionale
Con il termine leggi-provvedimento si indicano quegli atti formalmente legislativi, che tuttavia, al pari dei provvedimenti amministrativi, presentano un contenuto specifico e puntuale, in ciò differendo dalla legge generale che, per definizione, presenta caratteri di astrattezza e generalità.
In ordine all’ammissibilità costituzionale delle c.d. leggi-provvedimento, va rilevato che non esiste nel testo costituzionale alcun appiglio testuale che possa fondare una pretesa riserva della pubblica amministrazione. La pubblica amministrazione è infatti un apparato servente, come tale subordinato alla legge (ed agli atti aventi forza di legge), alla giurisdizione per quanto attiene alla tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi, ed al governo per quanto riguarda la direzione. Né è dato rilevare, sempre nel testo costituzionale, la configurazione di limiti per il nostro Legislatore, diversi da quelli formali dell’osservanza del procedimento di formazione delle leggi.
Secondo Corte Cost., 20 novembre 2013, n. 275, la legge-provvedimento è compatibile con l’assetto dei poteri stabilito nella Costituzione, dal momento che nessuna disposizione costituzionale comporta una riserva agli organi amministrativi o esecutivi degli atti a contenuto particolare e concreto. Resta ferma che il Legislatore, qualora emetta leggi a contenuto provvedimentale, applichi con particolari rigore il canone della ragionevolezza, a pena di incostituzionalità della legge altrimenti emanata.
Trattandosi di una atto normativo, va da sé che la legge-provvedimento rimanga assoggettata al relativo regime. Ne deriva che esse sono, da un lato, sottratte agli strumenti rimediali previsti dall’ordinamento avverso gli atti emessi dalla P.A., e dall’altro, invece, risultano sottoposte al controllo di costituzionalità. Proprio sul punto, infatti, la Corte costituzionale ha osservato che i diritti di difesa del cittadino, in caso di approvazione con legge di un atto amministrativo lesivo dei suoi interessi, non vengono meno, ma semplicemente si trasferiscono dalla giurisdizione amministrativa a quella costituzionale (cfr. C. Cost. 10 ottobre 2014, n. 231).
Detto altrimenti, quando una legge contiene un precetto specifico e determinato, i suoi effetti possono essere rimossi solo dalla Corte costituzionale, quale “giudice naturale delle leggi”, sicché “a fronte dell’assorbimento del disposto di un atto amministrativo in un provvedimento avente forma e valore di legge, resta preclusa al giudice ogni possibilità di sindacato diretto sull’atto impugnato dinanzi a sé, che si risolverebbe, diversamente opinando, in una sottrazione alla Corte Costituzionale della sua esclusiva competenza nello scrutinio di legittimità degli atti aventi forza di legge”( Cons. Stato 1559/04).
D’altronde, la violazione dei principi che normalmente presiedono all’attività amministrativa può essere invocata anche in caso di leggi-provvedimento, allorché emerga l’arbitrarietà e la manifesta irragionevolezza della disciplina denunciata, desumibili anche dalla carenza di ogni valutazione degli elementi in ordine alla situazione concreta sulla quale la legge è chiamata ad incidere o dall’evidente incoerenza del provvedimento legislativo in relazione all’interesse pubblico perseguito (cfr. Corte Cost., nn. 63; 248; 306 e 347 del 1996).
Quid della legittimità di una legge-provvedimento approvata durante la pendenza di un ricorso giurisdizionale già proposto verso l’atto amministrativo, il cui contenuto è stato trasfuso nell’atto legislativo?
Qualora il ricorso risulti semplicemente pendente, ma non ancora deciso, è dai più ritenuto che non sia impedita, per ciò solo, la possibilità per le Camera di approvazione di una legge-provvedimento. Diversamente, qualora sul ricorso si sia già formato il giudicato amministrativo, si ritiene illegittimo l’intervento legislativo che risulti contrastante con il dictum giurisdizionale (cfr. Corte Cost. 20 novembre 1995, n. 492). Sennonché, si è osservato che la pendenza di un ricorso, avente ad oggetto proprio il provvedimento amministrativo da approvare con la legge, non si rivela del tutto indifferente ai fini del corretto esercizio della funzione legislativa. La concreta determinazione volitiva del Legislatore in una simile situazione non è, infatti, del tutto libera, non potendo ignorarsi la pendenza del giudizio e le aspettative di giustizia del ricorrente, sicché l’eventuale, comprovata ed esclusiva finalizzazione dell’approvazione della legge alla sottrazione dell’oggetto del sindacato giurisdizionale, con la conseguente privazione per il cittadino della stessa possibilità di tutela giurisdizionale, costituirebbe un evidente indice sintomatico dell’irragionevolezza della legge-provvedimento.
Va, inoltre, segnalata sul punto una recente sentenza emessa dal TAR Lazio, Roma, 23 giugno 2015, n. 8678, che ha ritenuto ammissibile l’esperimento dell’azione di accertamento del diritto (nella specie, diritto a mantenere le condizioni tariffarie in vigore precedentemente alla disciplina auto-applicativa disposta con l’art. 26 comma 3 D.L. 91/2014, relativa alla riduzione degli incentivi spettanti ai titolari di impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore ai 200 kw), da parte dell’interessato, costituendo tale tipologia di azione lo strumento necessario per potere accedere alla tutela tipica, rappresentata dal sindacato di legittimità costituzionale dell’atto-provvedimento.
Fonti:
R. Garofoli, Manuale di diritto amministrativo, Nel Diritto Editore, VI edizione.
Giuseppe Ugo Rescigno, Leggi-provvedimento costituzionalmente ammesse e leggi-provvedimento costituzionalmente illegittime, http://archivio.rivistaaic.it/dottrina/fontidiritto/rescigno2.html;
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Valeria Citraro
Laureata nel Gennaio 2014 p/o Università degli Studi di Catania con Tesi in diritto processuale penale, dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e valutazione probatoria".
Abilitata all'esercizio della Professione forense da Settembre 2016.
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