Legislazione scolastica e responsabilità
Sommario: 1. Dalle radici della scuola italiana – 2. Il nuovo assetto normativo – 3. La responsabilità della struttura scolastica – 4. La responsabilità del personale scolastico
1. Dalle radici della scuola italiana
La legge Casati, dal nome del ministro Casati, entrò in vigore nel 1859, e venne estesa in tutta Italia.
Prevedeva l’obbligatorietà e la gratuità del primo biennio dell’istruzione elementare, inoltre la scuola secondaria veniva suddivisa in classica, tecnica e normale[1].
In seguito, la legge Coppino varata nel 1877, introdusse altre novità, innalzò a tre anni l’obbligo scolastico esteso a ragazzi e ragazze e impose alla fine del biennio un anno di corso serale o festivo, obbligatorio, sanzionando le famiglie che non lo rispettavano.
Materie previste erano: l’insegnamento dell’italiano e della matematica, elementi relativi ai doveri dell’uomo e del cittadino, potenziate inoltre, le materie scientifiche.
La riforma Gentile del 1923 recò innovazioni rilevanti alla scuola italiana.
L’obbligo di frequenza scolastica fu esteso fino agli anni 14, il grado elementare divenne di cinque anni, fu annesso un ulteriore grado preparatorio prima di quello elementare, ma non obbligatorio, cd. scuola materna, della durata di tre anni a carattere ricreativo e teso a disciplinare le prime manifestazioni dell’intelligenza e della socialità del bambino[2].
Di talché, al termine della scuola elementare si poteva scegliere, previo esame di ammissione, il ginnasio che dava poi accesso ai licei classico, scientifico e femminile, oppure, in alternativa, l’istituto tecnico o quello magistrale.
La scuola complementare, di durata triennale e senza esame di ammissione, era la scelta per tutti quei ragazzi che non avevano la possibilità o la volontà di proseguire gli studi.
La Costituzione del 1948 nella prima parte, dedica ai diritti e doveri del cittadino, in particolare tra i rapporti etico-sociali, gli articoli 33 e 34, occupandosi dell’istruzione scolastica.
In primis, ai sensi dell’articolo 33 della Costituzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.”
La Repubblica legifera in materia di istruzione, istituendo scuole statali per ogni ordine e grado. È prescritto, poi, un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole e/o per la conclusione di essi, e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
La libertà dell’arte e della scienza, precisazione del più ampio principio relativo alla libertà di espressione e di pensiero, sancito ai sensi dell’art. 21 Cost., rappresentano la manifestazione delle proprie scelte ed ispirazioni, escludendo così che lo Stato possa imporre una specifica forma e/o modalità di manifestazione.
In Italia, la libertà d’insegnamento, di cui all’articolo 33 della Costituzione, denota l’opportunità per il docente di scegliere il modo, le modalità e il metodo con cui impostare la lezione, oltre che rafforza il concetto della libertà dell’insegnante di poter manifestare il proprio pensiero.
Riguardo a tale libertà personale inviolabile, esiste comunque un limite di carattere generale, che consiste nel rispetto della considerazione e del pensiero dei singoli alunni e del buon costume.
A livello comunitario l’articolo 13 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea recita che: “Le arti e la ricerca scientifica sono libere. La libertà accademica è rispettata“[3].
Ogni persona fisica ha diritto all’istruzione e alla formazione professionale e continua, e sottolinea ancora, il diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei figli secondo le loro attitudini.
E’ garantita l’acquisizione di un grado minimo di istruzione, obbligatoria per tutti, al di sotto del quale l’ordinamento ritiene che l’individuo non sia in grado di partecipare all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
In tal senso la Corte Costituzionale ha stabilito che: il docente ha piena libertà di accettare l’incarico assegnatogli o di recedere nel momento in cui non ritenesse di aderire, atteso che non può essergli imposto di associarsi o accettare un pensiero che non condivide.
Inoltre, i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, ai sensi dell’articolo 34 Cost., “hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.” La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie, altre provvidenze ed agevolazioni, attribuite per concorso, a fine educativo e per l’istruzione (es. acquisto di materiale scolastico).
Il diritto all’istruzione rappresenta la possibilità, per chiunque ed a prescindere dalla sua situazione economica, di accedere al sistema scolastico.
Strettamente collegata alla libertà di insegnamento è la libertà di istruzione, invero, dovere statale di istituire su tutto il territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, e far fronte al diritto di accedere liberamente al sistema scolastico, ex articolo 34 co. 1 Cost, ed in applicazione del più generale principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 Cost.
Ed ancora, la legge n. 1859 del 1962 istituì la scuola media unica dell’obbligo, la scolarizzazione divenne di massa, si intensificò il diritto all’istruzione e vennero accorpate tutte le scuole successive alle elementari.
La scuola media diveniva così, obbligatoria e gratuita per tutti i ragazzi e le ragazze, con età compresa tra gli 11 e i 14 anni, senza alcuna distinzione in relazione al genere.
Dopo la Riforma Gentile, quella della Scuola Media Unica del 1962, fu la prima riforma, su base democratica, che consentì di poter dare inizio ad una fase fondamentale di mobilità sociale e di emancipazione civile.
Oggi, il rapporto di lavoro del personale docente è regolato dalla contrattazione collettiva, che è nazionale, decentrata e svolta su tutte le materie relative al rapporto di lavoro.
Il docente, tuttavia, su autorizzazione del dirigente scolastico può esercitare la libera professione, compatibilmente con l’orario servizio e gli ulteriori adempimento scolastici, evidenziati all’interno del contratto di lavoro.
E’ prevista inoltre, la corresponsione di un compenso per il lavoro straordinario circa la sperimentazione e la ricerca educativa, ma anche in ipotesi di aggiornamento culturale e professionale.
La scuola è diventata l’esatta rappresentazione di una struttura professionale di tipo orizzontale, all’interno della quale, l’organizzazione ed il funzionamento, sia sul piano amministrativo, sia su quello didattico ed educativo, sono affidati ad organi interni a carattere collegiale, manifestazione del carattere democratico dell’istituto di istruzione, nel rispetto delle competenze di ciascuno, al fine di assicurare la partecipazione di tutta la comunità scolastica (es. collegio docenti)[4].
La riforma Berlinguer, legge 10 febbraio 2000, n. 30 prevedeva poi, che la scuola fosse strutturata in base a cicli: sette anni di ciclo primario o di base (dai 6 ai 13 anni), e cinque di ciclo secondario (dai 13 ai 18).
Il ciclo primario prevedeva la creazione di tre bienni, seguiti da un anno di orientamento.
Il ciclo secondario, invece, dalla durata di cinque anni, e strutturato in cinque differenti aree tra le quali, si menzionano quella: umanistica, scientifica, tecnica, artistica e musicale.
L’obbligo scolastico oltre al ciclo primario, incluse il primo biennio del ciclo secondario e nell’ipotesi di abbandono degli studi, il diritto-dovere alla formazione garantito fino ai 18 anni[5].
Con la legge n. 133 del 6 agosto 2008, cd. riforma Gelmini, la scuola fu nuovamente oggetto di riforma.
Elementi caratterizzanti: taglio della spesa nell’istruzione, con la riduzione degli insegnanti; vengono reintrodotte le ore da 60 minuti, oltre allo studio, in tutto il sistema scolastico, dell’educazione civica e la valutazione numerica-decimale.
2. Il nuovo assetto normativo
Il nuovo assetto normativo iniziò con la Legge n. 107 del 2015, cd. riforma della “Buona Scuola”, proposta dal governo Renzi.
La nuova normativa propone di realizzare una scuola aperta, pensata come laboratorio permanente di ricerca, di sperimentazione e innovazione didattica, che garantisca il diritto allo studio e alle pari opportunità[6].
La riforma assicura una maggiore autonomia scolastica, permettendo agli istituti di gestirsi in maniera autonoma, con strumenti finanziari e operativi e sotto il controllo e le direttive del dirigente scolastico.
Aumentano le responsabilità e le libertà del capo d’istituto, che ha facoltà: di scegliere i neoassunti attingendo dagli albi territoriali, di formare la propria squadra di collaboratori, di valutare l’anno di prova dei neo immessi in ruolo, oltre che di premiare i docenti migliori.
I maggiori cambiamenti afferiscono alla didattica.
La riforma introduce il PTOF[7] ,che va a sostituire il POF, come documento di progettazione curricolare, extracurriculare, educativo e organizzativo delle singole scuole[8].
E’ prevista maggiore flessibilità negli insegnamenti, si attivano negli ultimi tre anni di superiori percorsi specifici autonomi e curriculari.
Grazie a tale meccanismo, gli allievi hanno la possibilità di conferire carattere personale al proprio percorso scolastico, in base alle preferenze, alle attitudini professionali e anche in vista, di una possibile carriera post-scolastica.
Nell’ottica di agevolare il passaggio tra l’ambiente scolastico e il lavoro, la legge introduce l’alternanza tra scuola e lavoro[9], oltre allo stanziamento di fondi per il potenziamento delle competenze digitali.
Viene concesso ulteriore spazio all’educazione ai corretti stili di vita, alla cittadinanza attiva e all’educazione ambientale.
L’offerta formativa solleva e migliora le competenze degli studenti, i livelli da raggiungere; ostacola e minimizza le disuguaglianze socio-culturali, territoriali ed economiche, previene l’abbandono e la dispersione scolastica, con l’attuazione di progetti finalizzati a tale scopo, nel rispetto del profilo educativo, culturale e professionale dei diversi gradi di istruzione e del singolo.
Il fine è concretizzare l’idea di una scuola aperta, laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione; di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva, per assicurare il diritto involabile e individuale allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di istruzione permanente di ogni singolo individuo[10].
La legge impone la creazione di un Portale unico dei dati della scuola, allo scopo di pubblicare le informazioni e le notizie, relative al sistema di istruzione come: il bilancio dell’istituto, i Piani dell’offerta formativa contenenti le programmazioni di ogni singolo insegnamento, i dati dell’Osservatorio tecnologico e il curriculum vitae dei docenti in servizio. Uno strumento di trasparenza nei confronti dei cittadini e di responsabilizzazione degli istituti[11].
Da ultimo, l’art. 1, c. 121, L. 13 luglio 2015 n. 107, per sostenere la formazione continua dei docenti e valorizzarne le competenze professionali, ha istituito la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, per un importo di euro 500 annui per ciascun anno scolastico che, per legge, non costituisce retribuzione accessoria, né reddito imponibile[12].
3. La responsabilità della struttura scolastica
L’accoglimento da parte dell’istituto e, in seguito, l’ammissione dell’alunno avviene mediante domanda di iscrizione, indirizzata al dirigente scolastico e presentata da parte del tutore legale del minore.
Sorge, pertanto, in capo all’istituto un vincolo negoziale dal quale discende l’obbligo di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità del discente, per tutto il tempo di fruizione della prestazione scolastica[13].
Orbene, la scuola è obbligata a predisporre tutti gli accorgimenti all’uopo necessari, al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso o ad altri, sia all’interno dell’edificio che nelle pertinenze scolastiche, compreso il cortile antistante ove venga concesso l’accesso e lo stazionamento degli utenti in entrata, in uscita o in un eventuale momento ricreativo.
La responsabilità della struttura scolastica è duplice. Sarà di tipo contrattuale, se la domanda è fondata sull’inadempimento dell’obbligo di vigilare, di tenere o non una determinata condotta; diventerà extracontrattuale, nel caso in cui la domanda sia fondata sulla generale violazione di non recare danno ad altri[14].
La responsabilità civile extracontrattuale, definita responsabilità aquiliana, attiene all’omissione rispetto all’obbligo di vigilanza sugli alunni, ai sensi degli articoli 2047 e 2048 c.c.; e d’altro canto si conforma al rispetto degli obblighi di organizzazione, di controllo e custodia sanciti degli articoli 2043 e 2051 c.c.
Anche l’art. 28 della Carta Costituzionale sottolinea la responsabilità non solo degli enti scolastici, ma anche dei dipendenti dello Stato in relazione ai doveri specifici d’ufficio.
Lo stesso comportamento posto in essere dal lavoratore, può costituire, infatti, fonte sia di una responsabilità da inadempimento, ma anche di una responsabilità da fatto illecito”[15].
L’attore, nel momento in cui propone la domanda dinnanzi al giudice competente per materia, riguardo all’onere probatorio, è tenuto a dimostrare esclusivamente che il danno per il quale richiede il risarcimento, è avvenuto nel corso dello svolgimento del rapporto scolastico, mentre il convenuto è obbligato ex lege, a dimostrare che l’evento dannoso oggetto di controversia, sia stato determinato da una causa a lui non imputabile, né addebitabile all’istituto scolastico, né personale in servizio, e che sia stato messo in atto ogni accorgimento idoneo ad impedire la realizzazione dell’evento, in ogni sua formazione.
Invero, i dipendenti dell’istituto, appartenenti all’apparato organizzativo dell’ente pubblico, hanno l’obbligo fondamentale di istruire ed educare, ma anche quello accessorio di proteggere e vigilare sull’incolumità fisica e sulla sicurezza di tutti gli scolari a loro affidati, dovendo adottare tutte le precauzioni necessarie, fornendo e impartendo in maniera chiara e precisa le relative indicazioni e prescrizioni, al fine di adempiere correttamente agli obblighi contrattuali.[16].
L’istituto scolastico è tenuto, altresì, ad osservare nei confronti degli allievi obblighi di vigilanza e controllo, con riferimento al caso concreto ha l’incombenza di adottare tutte le misure idonee al fine di prevenire ed impedire la produzione di qualsiasi tipo di danno che l’alunno possa recare a se stesso, ma anche nei confronti dei terzi, secondo criteri di normalità stabiliti dalla normativa, in relazione alla sua idoneità tecnico-organizzativa ed amministrativa, sulla base di un giudizio razionale e di valore, da valutarsi secondo la rappresentazione del caso concreto.
Tutto ciò fin qui menzionato, rappresenta l’esatta realizzazione del contratto di protezione, che prevede di realizzare da parte dell’istituto, ogni interesse dell’allievo, compreso quello riguardante l’integrità fisica.
Ed ancora, in tema di responsabilità dell’istituto scolastico nei confronti degli scolari, che decidono di partecipare ad un viaggio di istruzione, rappresenta obbligo dell’istituto quello di provvedere ad una idonea e opportuna scelta, non solo relativa al programma della gita, ma anche in riferimento alla struttura di accoglienza, attraverso la verifica preventiva e anticipata della struttura, insieme ai mezzi di trasporto, al fine di esaminare l’oggettiva pericolosità e i probabili rischi connessi e concreti, sulla base di una attenta analisi della documentazione valutata in anticipo e prima della partenza, e ancora attraverso l’esame dei luoghi selezionati, quali destinazioni effettive per gli alunni.
Pertanto, in tema di responsabilità civile della scuola, ex art. 2048 cod. civ., gli obblighi di sorveglianza e di tutela esistono a partire dal momento in cui l’allievo si trova all’interno della struttura, mentre tutto quanto accade prima può, ricorrendone le condizioni, trovare ristoro attraverso l’attivazione della responsabilità del custode, ex art. 2051 c.c.
4. La responsabilità del personale scolastico
Le responsabilità civilistiche relative all’obbligo di vigilanza sugli alunni, sono da combinare con il dettato di cui all’art. 61 della l. n. 312/1980, secondo il quale: la responsabilità patrimoniale del personale docente ed educativo per danni arrecati direttamente all’istituto scolastico in connessione a comportamenti degli alunni, è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave e nei casi di mancato esercizio della vigilanza sugli alunni stessi.
Invero, la pubblica amministrazione ha facoltà di surrogarsi al personale in servizio nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi.
Legittimato passivo è, infatti, il Ministero della Pubblica Istruzione in relazione al rapporto organico con il personale assunto a qualsiasi titolo, sia tempo determinato, che indeterminato.
Il quadro normativo, appena descritto, definisce dettagliatamente le responsabilità concrete ed effettive a prescindere dall’ipotesi in cui l’autore del fatto sia un soggetto capace, o meno, ovvero minore privo della capacità di agire, di intendere e di volere.
E’ il personale docente unito al personale tecnico e amministrativo che ha l’obbligo di vigilanza nei limiti e nei modi fissati dalle specifiche norme contrattuali (ex art. 36, comma 2, lett. d) CCNL 1999).
Mentre, gli obblighi organizzativi e amministrativi circa il controllo dell’attività degli operatori scolastici sono propri del dirigente scolastico.
Invero, il dirigente, a capo della struttura scolastica, è garante della sicurezza all’interno e presso le pertinenze dell’edificio, ha il dovere di rimuovere, con ogni mezzo idoneo, qualsiasi fonte di rischio, assicurandosi che siano rispettati ed attuati tutti i provvedimenti organizzativi promossi, e se necessario bisogna che solleciti l’intervento degli addetti all’ottemperanza di tali disposizioni.
Il preside potrà rispondere di responsabilità ex art. 2043 c.c. nel caso in cui il danno sia causato da carenze organizzative imputabili ex art. 2051 c.c., allorquando non abbia custodito con la diligenza dovuta le cose ed attrezzature a lui affidate che possano procurare danno sia al personale, che agli alunni e ai terzi che frequentano i locali scolastici[17].
La violazione delle norme di diritto pubblico e contrattuali sopraesposte contrassegnano la responsabilità diretta dell’istituto scolastico.
Tuttavia, considerato il rapporto di immedesimazione organica tra la pubblica amministrazione e i suoi dipendenti, lapalissiano è che la prima verrà citata in giudizio per la richiesta di risarcimento, salva l’azione di regresso esperibile, dalla stessa, ove sia acclarato l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave in capo a chi, in servizio, abbia direttamente ed effettivamente provocato l’evento dannoso[18].
L’art. 39 del r.d. n. 965/1924, ripristinato a norma dell’ art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 200/2008, al secondo comma, definisce che: i docenti, nonostante non siano obbligati a “timbrare il cartellino” per dimostrare l’effettivo inizio e la fine della giornata lavorativa, hanno comunque il dovere di presentarsi all’interno dei locali dell’istituto almeno cinque minuti prima dell’orario di inizio della lezione, che solitamente coincide con il suono della campanella; inoltre sono tenuti a vigilare all’ingresso e all’uscita della classe.
L’art. 2048 c.c., ancora, in materia di responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, al secondo comma, specifica che: ai maestri a qualsiasi titolo è imputabile l’omessa vigilanza dei propri discepoli per tutto il tempo in cui gli stessi si trovano sotto la loro custodia.
Il terzo comma, del summenzionato articolo, sottolinea anche che, i docenti potrebbero essere liberati dalla cd. culpa in vigilando, soltanto se provano di non aver potuto impedire l’evento.
L’inadempimento all’obbligo di vigilanza comporta una responsabilità a carico degli insegnanti, per culpa in vigilando, ai sensi dell’art. 2048 c.c., ai quali, però, si surroga, nella responsabilità civile, l’istituto scolastico in forza dell’art. 61 della l. n. 312/80, salvo rivalersi nei casi di dolo o colpa grave.
All’ente pubblico è asserita la tipica figura della cd. culpa in eligendo, ossia la colpa per aver scelto e ritenuto idoneo l’insegnante al quale è stato affidato il servizio, e dal cui espletamento sono emersi danni risarcibili.
Il maestro risponde, quindi, per omissione al dovere di vigilanza quale fatto proprio e derivante, altresì, dal rapporto che intercorre tra l’allievo e l’istituto scolastico.
E’ l’esatta rappresentazione del contratto di protezione che trova la sua fonte nel contatto sociale, nato non da un accordo tra le parti o da un contratto, ma da un rapporto giuridico.
Il docente, infatti, che a qualsiasi titolo si trovi con gli allievi, all’interno di un laboratorio scolastico sarà responsabile per gli attrezzi scelti ed utilizzati, deve vigilare in presenza di attività per loro natura pericolose, selezionando i mezzi adoperati, e valutare la probabile possibilità del verificarsi di un danno.
L’obbligo di vigilanza permane per tutto il periodo di tempo in cui gli allievi fruiscono della prestazione scolastica, dall’ingresso nei locali della scuola, fino all’orario di uscita, compreso il periodo dedicato alla ricreazione e al ristoro.
Si rimarca che, in tema di responsabilità civile ex art. 2048 c.c., il dovere di vigilanza dell’insegnante deve essere commisurato all’età ed al grado di maturazione raggiunto da ogni ragazzo e in relazione alle circostanze del caso concreto[19].
Infatti, il dovere di vigilanza imposto ai docenti non ha carattere assoluto, bensì relativo.
L’esercizio di tale dovere deve essere assolto in modo inversamente proporzionale all’età ed al normale grado di maturazione degli alunni.
In effetti, con il raggiungimento della maturità e della capacità di discernimento, gli insegnanti non hanno il dovere continuo di vigilare, ma non possono non considerare le necessarie misure organizzative, idonee ad evitare il danno[20].
Il docente è comunque privo di legittimazione passiva nell’ipotesi di danni arrecati dall’allievo a se stesso, o ad un altro alunno, fermo restando che in entrambi i casi, qualora l’istituto scolastico, in persona del dirigente, sia condannato a risarcire il danno al terzo o all’alunno auto-danneggiatosi, il docente sarà successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto ove sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa grave, limite, quest’ultimo, operante verso la pubblica amministrazione, ma non verso i terzi[21].
[1] Cfr. www.filodidattica.it
[2] LEONZIO A., Elementi di diritto e legislazione scolastica, Lavoro editore, 2008.
[3] www.brocardi.it
[4] MARIANI A., L’orientamento e la formazione degli insegnati del futuro, Firenze University Press, 2014.
[5] www.repubblica.it
[6] www.notiziedellascuola.it
[7] Piano triennale dell’offerta formativa è il documento che presenta l’insieme dei servizi offerti dalla scuola, le scelte educative, i percorsi didattici, le soluzioni organizzative e operative adottate, le procedure di valutazione dell’offerta e dei risultati ottenuti, secondo una previsione triennale.
[8] www.scuola.net.it
[9] La normativa prevede 400 ore di tirocinio negli istituti tecnici e professionali, mentre 200 ore nei licei, da esperirsi oltre che durante il periodo di sospensione della didattica, anche durante le vacanze estive, di Natale o di Pasqua.
L’alternanza scuola-lavoro esce dall’occasionalità e diventa strutturale grazie ad uno stanziamento di 100 milioni all’anno, da farsi in azienda, in enti pubblici, e anche all’estero.
[10] GAMBINO S., Diritti sociali e crisi economica. Problemi e prospettive, Giappichelli, 2015.
[11] PACE S., Elementi di legislazione scolastica, Tecnodid editore, 2019.
[12] Cfr. Sentenza Cons. Stato Sez. VI, 30 giugno 2017, n. 3219.
[13] Cfr. Cass. n. 3680/2011.
[14] www.studiocataldi.it
[15] Cass. n. 3680/2011.
[16] Cfr. Cass., sent. n. 11751/2013.
[17] CARMELI S., La responsabilità dei dirigenti e del personale scolastico nella recente giurisprudenza, Tab edizioni, 2020.
[18] Cass. n. 9742/1997.
[19] GIOVAGNOLI R., La responsabilità extra e pre-contrattuale della PA, Giuffrè, 2009.
[20] www.studiocataldi.it
[21] Cfr. Cass. civ. Sez. III Sent., 3 marzo 2010, n. 5067.
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