Legittima difesa: evoluzione normativa e giurisprudenziale

Legittima difesa: evoluzione normativa e giurisprudenziale

Sommario: 1. Cause di giustificazione – 2. Legittima difesa, profili generali – 3. La legittima difesa come modificata dalla legge n. 59 del 2006 – 4. Legittima difesa a seguito della legge 36 del 2019

 

 

1. Cause di giustificazione

Le cause di giustificazione dette anche scriminanti o cause di liceità, sono particolari situazioni, in presenza delle quali un fatto altrimenti illecito, non acquista tale carattere, in quanto vi è una norma che lo consente o lo impone.

Il fondamento politico-sostanziale delle scriminanti è ravvisato nel principio dell’interesse prevalente o in quello dell’interesse mancante o in quello dell’interesse equivalente.

Quanto alla collocazione dogmatica questa muta a seconda che si aderisca, in ordine alla scomposizione analitica del reato, alla teoria della bipartizione o a quella della tripartizione.

Mentre secondo la teoria della bipartizione il reato consta di due elementi, l’elemento oggettivo o materiale costituito dal fatto tipico nel cui ambito sono collocate anche le scriminanti concepite come elementi negativi del fatto e l’elemento soggettivo o psicologico che consiste nella volontà colpevole[1].

Invece, secondo la teoria della tripartizione il reato si compone del fatto tipico, della colpevolezza e dell’antigiuridicità intendendosi per tale il contrasto fra il fatto tipico e le esigenze di tutela dell’ordinamento giuridico espresso in termini obiettivi e cioè prescindendo dall’atteggiamento personale del soggetto verso la situazione di conflitto[2].

Il codice penale, non menziona espressamente le scriminanti, ma fa riferimento alle cause di esclusione della pena.

Nozione che racchiude situazioni eterogenee accomunate dal fatto che la loro sussistenza esclude la punibilità.

All’interno delle cause di esclusione della pena, sono ravvisabili tre categorie dogmatiche: cause di non punibilità in senso stretto, cause di esclusione della colpevolezza e le scriminanti[3].

Delle cause di giustificazione parla invece il c.p.p. che all’art. 273 c.2 esclude l’applicabilità delle misure cautelari in presenza di una causa di giustificazione nonché l’art. 530 il quale prevede che il giudice, quando in sede processuale emerge che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione ovvero quando vi è dubbio in ordine alla sussistenza della stessa, debba pronunciare sentenza di assoluzione.

2. Legittima difesa, profili generali

La legittima difesa è causa di giustificazione, prevista dall’articolo 52 c.p., da considerare manifestazione del principio di autotutela privata dall’ordinamento consentita, in deroga del monopolio statuale dell’uso della forza, nei casi in cui, in presenza di un’aggressione contro beni individuali, l’intervento pubblico non possa essere tempestivo e quindi efficace[4].

Nei suoi elementi costitutivi, la menzionata scriminante quale prevista dall’articolo 52, comma 1, c.p. è tutt’ora quella originariamente delineata dal codice Rocco.

Pertanto, postula la presenza di tre elementi: il pericolo attuale di un’offesa ingiusta ad un diritto proprio o altrui, la necessità di reagire a scopo difensivo e la proporzione fra offesa e difesa.

Orbene ai fini della sussistenza della scriminante in questione, per esplicita previsione normativa, è sufficiente il pericolo cioè l’elevata probabilità di verificazione dell’evento lesivo.

Il pericolo deve essere attuale, cioè in atto, deve trattarsi di un pericolo presente, infatti non può reagirsi legittimante né rispetto ad un pericolo già corso, né rispetto ad un pericolo futuro.

Quanto alla necessità di reagire a scopo difensivo questa postula che il pericolo non possa essere evitato se non reagendo contro l’aggressore, sempre che la reazione non sia sostituibile con altra meno dannosa ma ugualmente efficace.

La reazione difensiva deve poi essere proporzionata rispetto all’offesa minacciata.

La dottrina e la giurisprudenza nel corso degli anni hanno cercato di dare contenuto al requisito della proporzione.

Secondo una prima impostazione la proporzione va accertata fra mezzi ovvero fra strumenti a disposizione dell’aggredito e strumenti effettivamente utilizzati.

Ad avviso di altro orientamento la comparazione va effettuata fra i beni ed in particolare fra il bene minacciato ed il bene leso con la reazione.

Infine, vi è l’orientamento secondo cui, occorre considerare le intere situazioni, quella aggressiva e quella difensiva.

Quindi, occorre avere riguardo ai mezzi usati reciprocamente, ai beni giuridici che entrano in conflitto, al livello di ingiustizia perpetrato, alla presenza di soluzioni alternative a quella prescelta, alle caratteristiche dell’aggredito, ai rapporti di forza tra questo e l’aggressore e così via.

3. La legittima difesa come modificata dalla legge n. 59 del 2006

La scriminante della legittima difesa è stata oggetto di modifica ad opera della l. 13 febbraio 2006, n. 59 con cui sono stati inseriti nel corpo dell’52 c.p. due ulteriori commi e nello specifico il comma 2 e 3.

Tale modifica ha riguardato le reazioni difensive poste in essere contro chi commette fatti di violazione di domicilio ai sensi dell’art. 614, primo e secondo comma, c.p., cui è stata parificata la commissione di fatti avvenuti all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Il legislatore del 2006 è intervenuto sul requisito della proporzione fra offesa e difesa, presupponendone l’esistenza quando sia ravvisabile la violazione del domicilio  ossia l’effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui o nei luoghi ad esso assimilati,   contro la volontà di colui che è legittimato ad escluderne la presenza, fermo restando la necessità del concorso dei presupposti dell’attualità dell’offesa e della inevitabilità dell’uso delle armi come mezzo di difesa della propria o altrui incolumità[5].

Molto si è discusso in ordine alla natura della presunzione di proporzionalità fra offesa e difesa.

Orbene mentre secondo un primo orientamento, tale presunzione è intesa come assoluta, è preclusa pertanto al giudice ogni valutazione in ordine alla sua sussistenza.

A sostegno di tale tesi depongono i lavori preparatori da cui emerge come l’obiettivo perseguito dal legislatore fosse quello di conferire un maggiore potere ai cittadini nel loro diritto di autotutela, riconoscendogli la sovranità nel proprio domicilio.

Invece, altro orientamento afferma la natura relativa della presunzione di proporzionalità, al fine di addivenire ad una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 52, comma 2 c.p., in quanto l’affermazione della natura assoluta della presunzione di cui trattasi, finirebbe per condurre ad una irragionevole equiparazione fra il bene della vita e dell’incolumità personale, da un lato, e i beni a carattere patrimoniale, dall’altro.

4. Legittima difesa a seguito della legge 36 del 2019

La legge 26 aprile 2019, n. 36 ha apportato ulteriori modifiche alla disciplina della legittima difesa.

In particolare al fine di limitare la discrezionalità del giudice in ordine alla valutazione della ricorrenza del requisito della proporzione fra offesa e difesa ha inserito nel comma 2 della disposizione l’avverbio “sempre” riferito per l’appunto alla sussistenza del rapporto di proporzione.

Tale inserimento ha un significato rafforzativo della presunzione posta dalla norma, presunzione che, tuttavia, da un lato, riguarda la sussistenza di uno solo degli elementi costitutivi della fattispecie scriminante e che non esclude il giudizio sull’accertamento degli altri, vale a dire la necessità di reagire ad un’offesa in atto; d’altro lato opera diversamente a seconda che il pericolo riguarda l’aggressione alla persona oppure ai beni.

In quest’ottica, l’uso di un’arma purché legittimamente detenuta può dirsi reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all’interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati, nei quali il legislatore ha ritenuto maggiormente avvertita l’esigenza dell’autodifesa, a patto che, appunto, il pericolo di offesa ad un diritto sia attuale e che l’impiego dell’arma sia necessaria a difendere l’incolumità propria o altrui, ovvero anche soltanto i beni se ricorra pur sempre un pericolo di aggressione personale[6].

La legge 36/2019 ha altresì introdotto nel corpo dell’art. 52 c.p. il comma 4, per il quale è “sempre in stato di legittima difesa” chi, all’interno del domicilio e nei luoghi ad esso equiparati, respinge l’intrusione da parte di una o più persone “posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica”. Ai sensi del terzo comma dell’articolo 52 c.p. al domicilio è equiparato ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Pertanto, per effetto di tale novella, la presunzione si estende a tutti gli elementi della legittima difesa, cioè si presume la difesa legittima.

L’unico limite all’operatività della scriminante è ritraibile dalla norma stessa laddove stabilisce che la reazione deve essere posta in essere per respingere l’intrusione.

Quindi, la presunzione di legittima difesa postula che la reazione sia stata posta in essere per respingere l’intrusione, per cui se l’aggressore ha già desistito dall’entrare nel domicilio o nei luoghi ad esso equiparati, manca il presupposto per l’operatività della causa di giustificazione della legittima difesa.

 

 

 


[1] GROSSO, Enciclopedia giuridica Treccani
[2] PADOVANI, Diritto penale
[3] GAROFOLI, Manuale di diritto penale.
[4] GAROFILI, Manuale di diritto penale.
 [5] Cass. Civ. Sez. 1, n. 50909 del 07/10/2014, Thekna, Cass. Civ. Sez. 1, n. 16677 del 08/03/2007¸ Grimoli)
[6]Cass. Civ. Sez. 3, n. 49883 del 10/10/2019

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