Legittima difesa, quali i limiti?
I recenti eventi di attualità portano ad interrogarci sulla natura della scriminante della legittima difesa e su quali siano i limiti perché possa trovare applicazione.
Nello specifico sarà interessante andare a verificare le condizioni rispetto alle quali possa trovare applicazione la scriminante, nell’ipotesi in cui un soggetto venga assalito da un estraneo nella propria abitazione, o nelle pertinenze della stessa, ed in questo frangente commetta omicidio preterintenzionale.
La legittima difesa è una delle scriminanti previste dal Codice Penale, nello specifico l’art. 52 c.p. dispone che non è punibile chi abbia commesso il fatto, nel caso in cui sia stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui da un’offesa ingiusta, la difesa deve essere sempre proporzionata all’offesa.
L’art. 1 della L. 13 febbraio 2006, n. 59 ha modificato l’art. 52 c.p. stabilendo che vi è proporzione, nel caso di cui all’art. 614 c.p., primo e secondo comma, cioè nei casi di violazione di domicilio, quando, chi legittimamente si trova nei luoghi indicati nel 614 c.p. si difende con un’arma legittimamente detenuta o con altro mezzo idoneo a difendere. Occorre, però, che il soggetto debba difendere la propria o l’altrui incolumità, o i beni propri od altrui, nel caso in cui vi sia pericolo di aggressione e non vi sia desistenza.
Dunque, affinché possa essere riconosciuta in giudizio la scriminante della legittima difesa devono ricorrere una serie di presupposti. Il pericolo di un’offesa ingiusta deve essere attuale, la norma richiede che l’offesa ingiusta sia concreta ed imminente, cosicché la reazione difensiva si prospetti come immediatamente necessaria (cfr. Cass. Pen. 23.02.2016, 7119).
Altresì la difesa deve essere necessaria, nel senso che, valutando i fatti ex ante, la difesa sarà l’unica soluzione possibile per tutelare il diritto. E’ richiesta poi la proporzione tra difesa ed offesa. Secondo costante giurisprudenza, è considerata una regola di esperienza riconoscere la scriminante della legittima difesa al caso in cui un soggetto, reiteratamente aggredito, nella concitazione del momento, reagisca come può; non sarà, dunque, tenuto a calibrare la difesa all’offesa, eccettuata l’ipotesi di una manifesta sproporzione della reazione (cfr. Cass. Civ. 08.11.2012, n. 192940).
Pertanto, ai fini dell’applicazione della causa di giustificazione in esame, occorrerà valutare, di volta in volta, se ricorrano o meno i presupposti nella vicenda concreta.
Poniamo il caso di un soggetto che aggredito violentemente in casa propria abbia come prima reazione quella di fuggire e solo dopo l’ennesimo attacco si difenda, a mani nude od utilizzando un’arma che detiene legalmente. Perché possa riconoscersi la legittima difesa dovrà configurarsi l’offesa ingiusta che in questo caso potrà essere determinata dall’introduzione nell’abitazione o nelle pertinenze della stessa e dalla violenza esercitata nei confronti del proprietario. Posti così i fatti è chiaro che ricorre anche la necessità di difendersi.
Requisito essenziale è anche la proporzionalità dell’azione difensiva rispetto all’aggressione. Come sopra premesso, nella concitazione del momento, il soggetto aggredito non è tenuto a calibrare l’intensità della reazione, perciò questi si vedrà riconosciuta la scriminante, anche nel caso in cui la reazione non sia calibrata, eccetto che la sproporzione non sia manifesta (cfr. Cass. Pen. 27.06.2016, n. 25608).
L’art. 52 c.p. riconosce la possibilità di difendersi anche con un’arma o con qualsiasi mezzo idoneo, in caso di violazione di domicilio ex art. 614 c.p., nella sussistenza di tutte le altre circostanze sopra descritte. Altresì, l’ultimo comma dell’art. 52 estende l’applicazione del secondo comma “anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.” Copiosa è la giurisprudenza del Supremo Consesso in merito alla scriminante in parola.
La Suprema Corte di Cassazione ha escluso il riconoscimento dell’esimente nel caso in cui l’agente avesse avuto la possibilità di allontanarsi dall’aggressore senza pregiudizio (Cass. Pen. 28.01.2003, n. 5697). Un recente arresto della Corte Regolatrice ha ritenuto che la condotta di un soggetto posta in essere avverso l’agire di chi, trovandosi nell’altrui abitazione ed assumendo un comportamento valutabile ai sensi dell’art. 614 c.p., non ottemperava alla volontà del titolare dello ius excludendi, dovesse essere scriminata ai sensi dell’art. 52 c.p. o, in alternativa, inquadrata nella fattispecie di eccesso colposo ex art. 55 c.p.(Cass. Pen. 17.12.2010, n. 3014).
Poniamo il caso che nella fattispecie in analisi il soggetto venga condannato per omicidio preterintenzionale in primo grado, quali le possibili strategie processuali?
In ragione delle considerazioni svolte si potrebbe rendere edotto il cliente della possibilità di proporre appello, al fine di richiedere l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato ex art. 530 c.p.p., data la presenza della scriminante della legittima difesa. In subordine, nella denegata ipotesi in cui il giudice non ritenesse sussistere la causa di giustificazione di cui all’art. 52 c.p., si potrebbe richiedere la derubricazione del reato da omicidio preterintenzionale ad omicidio colposo con conseguente applicazione di una forbice edittale più favorevole: l’art. 584 c.p. prevede la pena della reclusione da 10 a 18 anni, al contrario, l’omicidio colposo di cui all’art. 589 c.p. punisce con la reclusione da 6 mesi a 5 anni.
E se il soggetto ex post fosse risultato inoffensivo? Interessante riportare quanto pronunciato dalla Corte Regolatrice in ordine alla legittima difesa putativa. In un recente arresto si è affermato che opera la legittima difesa putativa nel caso in cui ricorrano gli stessi presupposti di quella reale: il soggetto agente deve determinarsi a difendersi in ragione di elementi di fatto concreti, idonei a creare un pericolo attuale; nell’animo dell’agente deve, perciò, sorgere la persuasione di trovarsi in una situazione di pericolo, rispetto alla quale la difesa si renda necessaria (Cass. Pen. 07.01.2016, n. 17121).
Nell’ipotesi in cui l’aggressore sia risultato inoffensivo ex post, nel caso in cui siano risultati esistenti tutti gli altri presupposti prescritti per legge, potrà operare la legittima difesa putativa.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte si può concludere che la legittima difesa è una scriminante regolamentata dal nostro ordinamento che, però, può essere riconosciuta in sede processuale unicamente nell’ipotesi in cui ricorrano i vari presupposti prescritti dalla legge.
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Caterina Castronuovo
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