L’empatia culturale

L’empatia culturale

Laicità come sinonimo di neutralità. Per capire le origini del concetto di cultura, bisognerebbe partire da un assunto: le radici culturali di qualsiasi epoca storica sono state sempre influenzate dalla religione.

Parlare di Stato Laico e pensare che questo possa significare che esso non sia stato e che non venga influenzato dalle religioni locali, è quanto mai utopistico. Quando parliamo di laicità, dovremmo piuttosto pensare ad un concetto di Stato neutrale, ove la dimensione religiosa non deve urtare i valori laici dell’ordinamento statale.

L’errore imperdonabile, a mio avviso, è quello addirittura di parlare di “Stato Ateo” perché non si farebbe altro che descrivere un mondo orfano dal punto di vista culturale. Estirpare la cultura da uno Stato non è assolutamente possibile né realizzabile. Quand’anche lo fosse, questa operazione costituirebbe l’eliminazione di tutto ciò che rappresenta quello Stato per il suo popolo.

Nella quotidianità, non ci rendiamo conto di quanta influenza abbia la religione cattolica nelle nostre vite, almeno fino a quando non vengano smosse le ovvietà delle nostre opinioni. E’ esattamente in quel preciso momento che l’ancoraggio religioso acquista evidenza. E’ proprio quando all’interno del nostro ecosistema entra un nuovo soggetto che si innesca una crisi riflessiva proprio come avviene con il fenomeno dell’immigrazione1.

Uno Stato laico non combatte le fedi anzi, ne riconosce la libertà di espressione e manifestazione. In quest’accezione, dunque, significa rispettare le differenze. Implicitamente è in grado di definire il concetto di uguaglianza.

Non rispettare le minoranze, potrebbe portare ad una vera e propria “dittatura della maggioranza2. Questo concetto conosce dei temperamenti altrimenti il rischio è quello che il singolo possa esercitare uno strapotere creando il pericolo inverso.

In buona sostanza si può dire che le regole giuridiche hanno bisogno di un riconoscimento reciproco altrimenti saranno percepite come semplici regole imposte, sorde che esigono l’obbedienza. Una democrazia (comp. di dêmos ‘popolo’ e -kratía ‘-crazia’ ovvero governo3) in quanto tale, deve comprendere regole aperte, di tipo inclusivo per non incorrere nel fenomeno del “dispotismo culturale4. Solo dirigendosi verso l’altro si può comprendere l’oggettività della realtà e tentare di dare giudizi quanto più equi. Solo così possiamo vedere come stanno realmente le cose in relazione con noi stessi.

Dirigersi verso l’altro. Un punto di partenza potrebbe essere quello di chiedersi e di immaginare, come potrebbe reagire lo straniero una volta scontratosi con le nostre regole. Di primo acchito, resterà interdetto.

Egli si troverà di fronte ad un Diritto che gli “impone” in maniera presuntuosa (dal sul punto di vista ovviamente), un concetto di buono, di giustizia con un giudizio ed un fare percepibile quasi come fariseista. D’altronde l’equità è una forma di giustizia che va al di là della legge scritta5.

“Quando i pagani, che non hanno Legge per natura, agiscono, lo fanno secondo la legge scritta all’interno dei loro cuori”.6

Tutto ciò, ruota intorno al concetto di empatia.

Ciò che serve è sicuramente un’empatia consapevole, lontana dai concetti di “moral confort” auspicati nel XIX Secolo dove il giudice doveva giudicare “bene” per veder salvata la propria anima. Tale principio, a carattere prettamente soteriologico, lo ritroviamo addirittura in un articolo del Codice Gregoriano del 1832. Tutto ciò aveva lo scopo di imporre, con l’aiuto del sacro e del divino, il divieto ai giudici di utilizzare la propria scienza privata nelle decisioni. Pian piano, tali regole sono state standardizzate lasciando de facto invariato il problema dell’influenza dei giudizi empatici. Pian piano, la morale è cambiata e i principi che ne sono scaturiti, sono stati svuotati di significato.

Anche il ruolo degli avvocati che hanno a che fare con lo straniero è molto arduo: dovranno essere in grado di tradurre gesti e parole a cui essi attribuiscono inevitabilmente significati diversi dai nostri, stando attento all’utilizzo dell’interpretazione letterale, spesso causa di gravi fraintendimenti.

Una legge deve necessariamente essere elastica per essere pronta ai cambiamenti. Molto spesso, invece, è ingessata in un determinato periodo storico, incapace di stare al passo coi tempi. Leggi illuministe, Leggi dettate dall’alto che esigono solo obbedienza. L’uomo che non guarda le differenze culturali può essere definito lupus7, senza ragione e razionalità.

Un ordinamento di tipo inclusivo. Fornire agli stranieri strumenti come l’elettorato attivo e passivo sono conquiste vuote, almeno finchè non vi sarà un lessico interculturale che dia loro la possibilità  di vivere effettivamente la vita politica di quel territorio8.

Un ordinamento di tipo inclusivo deve dunque essere cosmopolitico e avere i caratteri della laicità, della democrazia e dell’equità. Lo scopo di una società multiculturale deve essere quello di tentare di fondere l’identità religiosa e quella culturale.

Il concetto di cultura può essere utilizzato in varie accezioni, una ristretto per cui si parla di “uomini di grande cultura”, di “cultura musicale”, e una molto più ampio, che rimanda a modi di vivere e di pensare come la “cultura della legalità” o la “cultura dell’accoglienza”.

Esiste anche una definizione canonica di cultura, elaborata nel 1871 da Edward Tylor, uno dei fondatori dell’antropologia: “La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume, e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società”9.

L’opinione prevalente afferma che il concetto di cultura si riferisca alle concezioni proprie di una specifica comunità su ciò che è true, good, beautiful, and efficient. Per essere «culturali» tali concezioni sulla verità, sulla bontà, sulla bellezza e sull’efficienza devono poi essere consuetudinarie (customary) e socialmente ereditate (socially inherited). In altre parole devono emergere nei modi di vivere10.

Una definizione internazionale di diversità culturale poi, la ritroviamo nella “Dichiarazione universale dell’UNESCO” che afferma come:

“La cultura dovrebbe essere considerata come un insieme dei distinti aspetti presenti nella società o in un gruppo sociale quali quelli spirituali, materiali, intellettuali ed emotivi, e che include sistemi di valori, tradizioni e credenze, insieme all’arte, alla letteratura e ai vari modi di vita”.

La Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali del 200511  tende invece a definire concetti strettamente collegati e attinenti con la definizione di cultura:

-per “diversità culturale” s’intende la molteplicità delle forme mediante le quali si esprimono le culture dei gruppi e delle società. La diversità culturale si manifesta non soltanto nelle varie forme attraverso le quali il patrimonio culturale dell’umanità si esprime, arricchisce e trasmette grazie alla varietà delle espressioni culturali, ma anche attraverso l’arte.

-per “contenuto culturale” s’intendono i valori culturali che hanno alla radice o che esprimono identità culturali.

-per “espressioni culturali” s’intendono le espressioni che risultano dalla creatività degli individui.

Nell’attuale contesto, pensando alle società multietniche e multiculturali, un approccio che si basa sulle libertà culturali sembra il più adatto. Infatti questo approccio protegge la libertà del singolo lasciandogli la libertà di reinterpretare in nuovi paradigmi culturali, e anche in nuove espressioni culturali, i propri valori e le proprie tradizioni.12

Non esiste una cultura che vive come realtà a sé stante, indipendente. Sono gli individui stessi che creano la cultura. Inoltre non si trasmette più, è l’individuo che se ne appropria progressivamente per poi reinterpretarla creando di fatto nuove culture (c.d. “fenomeno del meticciato culturale”)13.

La cultura, infatti, va immaginata come un meccanismo “dinamico, in continuo movimento e cambiamento. Va concepita come un sistema: “ogni cultura è un’unità organizzata e strutturata, nella quale tutti gli elementi sono tra di loro interdipendenti”.

“Le menti umane nuotano in un mare chiamato cultura”.14

Ogni cultura risponde diversamente a bisogni fisiologici, come la fame, il sonno, il desiderio sessuale, etc.

Se volessimo esprimerci in termini informatici, si potrebbe dire che la cultura “è il software necessario per programmare l’hardware biologicamente dato”15.

Nel mondo esistono più di cinquecento diversi tipi di matrimonio e questa è la prova evidente che siano influenzati dalle diverse culture. Su tali basi, Ralph Linton affermava che: “anche la persona più anticonformista non potrà sfuggire alla propria cultura oltre un certo livello e che anche un matto le riflette in modo significativo”. Esiste un elemento culturale nei comportamenti umani, ogni uomo proverà gratificazione o frustrazione in determinate azioni che andrà a compiere nella vita di tutti i giorni.

 

 

 

 

 

 


1 Pantheon, Ricca “Agenda della laicità interculturale”, Torri del vento edizioni. Palermo 2012 . I capitolo “Introduzione. Laicità interculturale. Cos’è?” da pag. 9.
2 Alexis de Tocqueville, primo teorizzatore moderno di tale concetto.
3 Dal Garzanti linguistica al seguente link: https://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=democrazia
4 Pantheon, Ricca “Agenda della laicità interculturale”, Torri del vento edizioni. Palermo 2012. I capitolo “Introduzione. Laicità interculturale. Cos’è?” da pag. 9.
5 Aristotele, Ars Rhetorica 1959, traduzione italiana di Marco Dorati: Retorica, 1996.
6 Antonio Incampo, Metafisica del processo. Idee per una critica della ragione giuridica, Cacucci editore, Bari 2016 . Primo capitolo “l’estetica” pag. 86.
7 Lupus in senso Hobbesiano.
8 Pantheon, Ricca “Agenda della laicità interculturale”, Torri del vento edizioni. Palermo 2012. Capitolo 2 “essere soggetti” da pag. 77.
9 TYLOR, E.B., Primitive Culture. Researches into the Development of Mythology, Philosophy, Religion, Language, Art and Custom, London, 1871 (trad. it. Alle origine della cultura, Roma, 1985).
10 Basile Fabio, Immigrazione e reati culturalmente motivati, il diritto penale nelle società multiculturali Giuffre, 2010.
11 Per il testo integrale si rimanda al seguente link: http://www.unesco.it/document/documenti/testi/protezione_promozione_diversita_culturali.pdf. L’Italia ha ratificato la Convenzione il 19 febbraio 2007.
12 ISPI articolo di Carlo Giunipero online al seguente link: www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/Giunipero.pdf
13 Basile Fabio, Immigrazione e reati culturalmente motivati, il diritto penale nelle società multiculturali Giuffre, 2010 “Lo statuto epistemologico del concetto di “cultura”.
14 Il gene agile. La nuova alleanza fra eredità e ambiente, Milano, 2005.
15 Hannerz, Ulf, la diversità culturale, il mulino editore, 2001. Cit., p. 9.

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