L’evoluzione normativa dei contratti pubblici in Italia

L’evoluzione normativa dei contratti pubblici in Italia

La pubblica amministrazione, per tramite della moltitudine di enti pubblici, al fine di perseguire gli obiettivi per le quali sono preposte si avvale con una considerevole frequenza allo strumento giuridico dell’appalto.[1]L’appalto quindi è finalizzato ad acquisire utilità necessarie alla realizzazione, non di uno o più interessi pubblici, ma è lo strumento attraverso il quale reperire gli strumenti uliti alla realizzazione dell’obiettivo perseguito all’ente pubblico in questione.[2]In una prima fase, prima dell’avvento delle politiche europee di integrazione, abbiamo una distribuzione in diversi riferimenti normativi delle leggi riguardanti i contratti pubblici. Le principali norme di riferimento erano contenute all’interno del Decreto Regio n. 2440 del 18 Novembre 1923, denominato Legge di Contabilità di Stato, e nel suo regolamento attuativo, Decreto Regio n. 827 del 23 Maggio 1924.[3]Attraverso questo primo intervento normativo si voleva garantire l’interesse pubblico attraverso la definizione della scelta del miglior offerente, sempre nel caso di contratti pubblici, così da garantire gli interessi di economicità e di efficacia dei lavori proposti dal singolo operatore che vi partecipava.

Successivamente, verso l’inizio degli anni 90, assistiamo ad una forte spinta legislativa in materia di appalti pubblici conseguentemente alle direttive europee in materia.

Infatti, con il passare del tempo si assistette ad un notevole incremento del ricorso agli appalti pubblici e più in generale all’affidamento di servizi e forniture da parte delle pubbliche amministrazioni a operatori economici privati. Ad un certo punto le normative europee affiancarono quelle nazionali in materia, nello specifico con quattro diverse direttive: la prima è la Direttiva 93/37/CEE, la quale si occupava di regolamentare le disposizioni in materia di appalti pubblici; per quanto concerne gli appalti pubblici; la seconda direttiva è la 92/50/CEE riguardante l’ambito della fornitura di servizi da parte di operatori privati nei confronti delle pubbliche amministrazioni; abbiamo poi la Direttiva 93/36/CEE contenente disposizioni in materia di forniture di beni nei confronti della pubblica amministrazione; infine abbiamo le Direttive 90/53/CEE e 93/38/CEE, le quali normano i settori esclusi dai precedenti, come ad esempio gli appalti riguardanti la fornitura di energia, quindi luce e gas, così come l’acqua e il mercato degli operatori telefonici.[4]

Vediamo quindi che una prima distinzione degli appalti pubblici, seguendo la normativa comunitaria, avviene secondo la natura ad esso attribuita. Nel corso degli anni è emersa anche un’altra importante distinzione data dal valore economico assegnato ad ogni appalto oggetto della regolamentazione. Introduciamo quindi la categoria degli appalti “sotto-soglia”, cioè quelli con un valore economico relativamente basso, i quali hanno uno scarso impatto nell’economia comunitaria, regolati per lo più dal diritto interno. Al contrario, gli appalti “sopra-soglia”, i quali hanno un importante valore economico sono regolati dalle Direttive Europee, destinatari gli stati membri che adeguano così le diverse regolamentazioni interne conosciute fino a quel momento.[5]

Nel corso dei decenni sono stati diversi di momenti che influenzarono la legiferazione in materia di appalti pubblici, in un primo momento con Tangentopoli abbiamo avuto un irrigidimento delle procedure di affidamento, conseguenze principali furono però una paralisi generale del mondo degli appalti pubblici e una sempre più crescente perdita di fiducia degli operatori economici privati nei confronti delle stazioni appaltanti.[6]Successivamente s’intervenne prima sul quadro normativo esistente emanando prima un importante regolamento attuativo dei lavori pubblici e in un secondo momento attraverso l’emanazione di un regolamento che mirava a qualificare con caratteristiche ben definite i soggetti esecutori degli stessi lavori.[7]

La situazione economica dei primi anni 2000 influenza pesantemente la materia riguardante gli appalti pubblici. Al fine di velocizzare e snellire la pesante burocrazia fino a quel momento presente si intervenne con l’emanazione della legge n.443 del 21 Dicembre 2001 per la Realizzazione di Infrastrutture e degli Insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale.

Tale norma in un importante commento dell’articolo 14 a cura di Dover Scalera, di seguito riportato, affronta quelle che sono le principali novità introdotte al fine di velocizzare l’affidamento di importanti lavori pubblici considerati strategici per la crescita economica del paese:

«L’articolo in commento introduce un regime speciale per le gare di appalto indette per la realizzazione di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici di cui alla legge Obiettivo (n.443 del 2001), con riferimento ai quali vengono introdotte due importanti innovazioni:

Ispirato ad una evidente finalità acceleratoria del giudizio, la lettera a) comma 1, dell’art.14, stabilisce che l’udienza di merito nei giudizi aventi ad oggetto gare di appalto indette per la realizzazione di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici debba essere fissata entro il quarantacinquesimo giorno dalla data di deposito del ricorso.

Nella valutazione degli interessi contrapposti alla base della istanza del provvedimento cautelare richiesto dal ricorrente, la lett. b) comma 1 dell’art.14, attribuisce valenza di valore assolutamente incomprimibile all’interesse pubblico alla tempestiva realizzazione dell’opera.

Il comma 2° stigmatizza, attribuendo forza di legge vincolante, al principio che costituisce ormai una misura tipizzata dalla giurisprudenza, per cui l’intervenuta stipulazione del contratto di appalto non viene travolta da una eventuale sospensiva o da una pronuncia di annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione».[8]

Scopo quindi principale diviene quello di garantire, in caso di ricorsi giudiziali, la celerità dell’affidamento dell’appalto e più in generale garantire la rapida esecuzione dell’opera nonché la certezza dell’operatore economico incaricato. In un passaggio successivo dello stesso lavoro oggetto della nostra disamina vi è la rappresentazione del pensiero secondo il quale vi è una contrapposizione troppo netta tra celerità e correttezza degli atti, al fine di velocizzare le procedure oggetto di riforma si finisce con il compromettere l’eventuale giudizio al centro del contenzioso, così riporta il testo:

«Sotto altro e forse preminente aspetto, va dato particolare rilievo alla aprioristica valorizzazione dell’interesse pubblico alla sollecita realizzazione dell’opera: portato il concetto alle estreme conseguenze l’interesse primario a che la prassi amministrativa si ispiri alle regole del diritto, viene svuotato di ogni contenuto a rischio di tradurre la legittima aspettativa del privato al rispetto delle norme che disciplinano le gare di appalto di una mera chance ad essere risarcito.

In altri termini, il preminente interesse pubblico alla legalità del procedere amministrativo viene sacrificato sull’altare della “celerità”. Tutto si riduce alla concessione di un risarcimento del danno, di cui il giudice amministrativo si fa interprete mediante l’utilizzo di strumenti con cui non ha ancora grande confidenza e che rischiano di tradursi in un ristoro meramente simbolico. Qualche dubbio permane sulla compatibilità comunitaria della norma in argomento. La intangibilità del contratto, trova un importante precedente nella direttiva “Ricorsi” (89/665 Cee); in vero l’art. 2 della Dir. 89/665, sebbene contenga  una disposizione assai simile a quella introdotta dall’art. 14 in commento, in merito al diniego di concessione dell’istanza cautelare in presenza di un contratto già stipulato, tuttavia fa precedere tale previsione dalla precisazione che l’istanza cautelare è sempre il frutto di una valutazione comparativa di interessi contrapposti, senza attribuire alcuna “preminenza” all’interesse pubblico alla sollecita realizzazione dell’opera».[9]

Diviene difficoltoso garantire gli interessi pubblici e privati fino ad ora contrapposti in maniera al quanto netta. Criticità queste affrontate nel corso degli anni che seguirono attraverso un apposito iter di riforme che porteranno poi all’emanazione del Codice dei Contratti Pubblici. La normativa interna risentirà considerevolmente dei principi europei emanate tramite Direttive e appositi Regolamenti. A tal proposito un estratto preso dalla trattazione a cura di Giuseppe Urbano definisce le condizioni storico-sociali che determinarono la completa trasformazione della legislazione in materia di contratti pubblici proiettandola definitivamente in una dimensione europea:

«In questo contesto, formalmente disarticolato e sfilacciato, è intervenuto il Codice dei contratti pubblici adottato con il d.lgs. 11 aprile 2006, n. 163, il quale ha raccolto in un unico testo normativo tutta la materia dei contratti pubblici.

Il Codice raccoglie la delega contenuta nell’art. 25, legge comunitaria 2004, 18 aprile 2005, n. 62, per il recepimento delle nuove direttive comunitarie 2004/18/Ce, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari, e alla direttiva 2004/17/Ce che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia nonché degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (cd. settori speciali, definiti nelle direttive precedenti settori esclusi).

In una prospettiva istituzionale, il Codice dei contratti pubblici – accorpando in un testo unitario la disciplina dei contratti di lavori, servizi e forniture – rappresenta un evento assai significativo. Già la denominazione di ‘Codice’, usata di recente dal legislatore in molti settori (ambiente, comunicazioni elettroniche, assicurazioni, consumo, ecc.) di preferenza rispetto a quella tradizionale di Testo Unico dovrebbe dare l’idea di una stabilizzazione della disciplina».[10]

Il nostro diritto interno attraverso il Codice dei Contratti pubblici recepisce sia la Direttiva 2004/18/CE in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, oltre alla Direttiva 2004/17/CE che regola invece le procedure di appalto nei settori esclusi precedentemente come acqua, energia, trasposti e servizi postali oltre a quelli telefonici. Nel nostro impianto normativo il Codice assume un ruolo centrale, punto di riferimento sia per gli operatori economici che per le stazioni appaltanti, infatti dopo un decennio trascorso all’insegna delle continue modifiche sulle normative in materia di appalti abbiamo uno stabile perno attorno al quale affidare le numerose problematiche che si pongono ogni volta che si esperisce una procedura di gara.

L’idea perseguita nel corso del tempo è stata sempre quella di incrementare la concorrenza tra gli operatori economici nell’aggiudicazione dei contratti pubblici. Mettiamo quindi a confronto sia la concezione contabilistica che quella definita pro-concorrenziale, la prima prevedeva quattro diverse modalità di scelta dell’operatore economico: attraverso l’asta pubblica o il pubblico incanto; la licitazione privata; l’appalto concorso e infine la trattativa privata. Tali procedure erano caratterizzate dal fatto che molto spesso erano aperte a pochi operatori economici e soprattutto dalla flessibilità oggetto della gara, il quale poteva variare con l’accettazione degli attori convenuti.[11]Con l’avvento delle recenti normative e soprattutto con la spinta delle normative comunitarie in materia di concorrenza si affida un ruolo centrale alla tutela della concorrenza tra gli operatori economici.[12]A tal proposito riportiamo un passo importante del saggio appena citato a cura di Giuseppe Urbano che sul tema della tutela della concorrenza espone quanto segue:

«La tutela della concorrenza come principio ispiratore della contrattualistica pubblica è stata più volte ribadita dalla Corte di giustizia ed è stata riconosciuta come tale nell’ordinamento interno dalla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 401/2007 ha respinto una serie di censure proposte dalle Regioni che lamentavano la lesione della propria competenza legislativa da parte del Codice. La pronuncia della Corte ha fatto perno proprio sull’art. 117, comma 2, lett. e) Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la tutela della concorrenza e le libertà comunitarie di circolazione e stabilimento, ritenendo superata la concezione “contabilistica” della disciplina dei contratti pubblici. La nuova prospettiva di principio ha, dunque, effetti giuridici importanti anche nei rapporti fra legge statale e regionale, visto che il nucleo principale della disciplina pubblicistica sulle gare (qualificazione e selezione dei contraenti, procedure di affidamento, criteri di aggiudicazione, poteri di vigilanza dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ecc.) è affidato alla competenza esclusiva dello Stato, con esclusione di ogni tentativo di differenziazione di disciplina da parte delle Regioni. Anche il Consiglio di Stato ha chiaramente affermato che il fine di tutela della concorrenza ha determinato il definitivo superamento della concezione che vedeva la procedimentalizzazione dell’attività di scelta del contraente dettata nell’esclusivo interesse dell’amministrazione».[13]

Dalla lettura del passo citato si evince l’importanza di garantire la concorrenza tra gli operatori economici, anche la Corte Costituzionale, attraverso sentenze proprie, ribadisce il superamento del principio contabilistico dei contratti pubblici e conferma la competenza assoluta dello Stato centrale nelle politiche di concorrenza. Un passaggio fondamentale che chiarisce quanto sia importante il ruolo dei diversi stati membri nell’applicazione del regime normativo comunitario.

Nel nostro paese, con l’emanazione del Codice dei contratti abbiamo avuto un corpo di leggi volte a regolare ogni aspetto della contrattazione pubblica, oltre a ciò vi è la presenza costante dell’A.N.AC pronta a esercitare con frequenza i propri compiti, dialogando sia con gli operatori economici che con le stazioni appaltanti e disporre la risoluzione di eventuali criticità riscontrate.

Recentemente con la conversione in legge del Decreto n. 32/2019, il cosiddetto Sblocca cantieri, si aggiungono svariate modifiche al testo del Codice dei Contratti Pubblici. Nello specifico, il corpo di norme oggetto della riforma mira a instaurare un regime provvisorio, valido per l’anno in corso e quello successivo, che porterà alla fine dell’operatività del Codice oggi vigente, in attesa che si formalizzi l’emanazione del nuovo testo normativo in materia. Un regime provvisorio, quello che stiamo vivendo attualmente, che rischia di protrarsi per diverso tempo vista la delicatezza del tema oggetto di discussione di una legge delega in calendario nei lavori del Senato e che porterà all’emanazione definitiva del nuovo Codice dei Contratti Pubblici. Dall’esame specifico delle novità affrontate dalla riforma oggetto del nostro lavoro possiamo subito evidenziare come siamo presenti sia disposizioni che sospendono o derogano l’applicazione di norme attualmente vigenti, sia nuove disposizioni mai previste nel precedente codice e neppure nel Decreto Sblocca cantieri stesso.[14]

Il D.l. n. 32/2019, noto come Decreto Sblocca cantieri, modifica così radicalmente il D.lgs. 18 Aprile 2016, Codice dei Contratti Pubblici, da considerarlo un vero e proprio correttivo al testo visto che apporta novità, con circa 53 modifiche agli articoli dell’attuale codice. Alcune di queste modifiche portano alla sospensione dell’applicazione, fino al 31 Dicembre 2020, di tre importanti disposizioni considerate centrali dopo la riforma del 2016: l’art. 37 comma 4 sancisce il ritorno della concezione delle stazioni appaltanti “diffuse”; l’art. 59 comma 1 sospende invece il divieto dell’appalto integrato; mentre l’art. 77 comma 3 sospende l’obbligo di ricorrere all’Albo Unico dei Commissari di Gara, gestito e redatto proprio dall’A.N.AC.[15]

In altri termini, possiamo affermare che la conversione in legge del suddetto Decreto elimina in gran parte tutte le Linee Guida A.N.AC e i vari Decreti Ministeriali trattanti temi delle precedenti riforme in materia senza che questi siano sostituiti con un unico Codice e/o Regolamento, sulla base dell’esperienza vissuta con il Codice dei Contratti Pubblici. Anche L’A.N.AC nei mesi scorsi aveva pubblicato un importante dossier nel quale analizzava le principali modifiche apportate dal Decreto Sblocca Cantieri, evidenziando le criticità rilevanti. Un tema questo, che affronteremo in seguito, introducendo prima le novità apportate dalla riforma in esame e analizzando nel dettaglio le differenze con il passato e le conseguenze attese.

 

 

 


[1]Mario P. Chiti, La pubblica amministrazione, in Diritto amministrativo europeo, Padova, CEDAM Editore, 1997.
[2]Per l’inquadramento del contratto di appalto nell’ambito delle attività della pubblica amministrazione si rinvia, alle voci enciclopediche di Pittalis, Appalto pubblico, in Digesto pubbl., Torino, 1987; e Carullo, Appalti pubblici, in Enc. Dir., Agg., V, Milano, 2001.
[3]Salvatore Mezzacapo, Procedure ad evidenza pubblica, in Dizionario di diritto amministrativo, a cura di M. Clarich, G. Fonderico, pp. 522 – 523.
[4]Cfr. le direttive 93/37/Cee (relativa agli appalti pubblici di lavori nei settori ordinari), 93/36/Cee (relativa agli appalti pubblici di fornitura nei settori ordinari), 92/50/Cee (relativa agli appalti pubblici di servizi nei settori ordinari) 92/50/Cee (relativa agli appalti pubblici di servizi),  le direttive 90/531/Ce e 93/38/Cee (relativa agli appalti degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni- cd. settori esclusi).
[5]M. Clarich, Introduzione, in Commentario al Codice dei contratti pubblici, a cura di M. Clarich, Torino, Giappichelli Editore, 2011, p. XXVII.
[6]Gianfrancesco Fidone, Il Codice dei contratti pubblici, in Commentario al Codice dei contratti pubblici (a cura di M. Clarich), p. 3.
[7]D.l. 3 aprile 1995, n. 101 conv. in l. 2 giugno 1995, n. 216 (Merloni-bis) e con legge 18 novembre 1998, n. 415 (Merloni-ter).
[8]Dover Scalera, Attuazione della Legge 21 dicembre n.443 del 21 dicembre 2001 per la Realizzazione di Infrastrutture e degli Insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale. Commento all’art.14 Decreto Legislativo 20 agosto 2002, n.190 ( in G.U. n.199 del 26 agosto 2002 – Suppl. Ordinario n.174 – in vigore dal 10.09.2002. Amministrazione in Cammino, Rivista elettronica di Diritto Pubblico, di diritto dell’Economia e di scienza dell’amministrazione a cura del Centro di Ricerca sulle amministrazioni pubbliche “Vittorio Bachelet”.
[9]Dover Scalera, Attuazione della Legge 21 dicembre n.443 del 21 dicembre 2001 per la Realizzazione di Infrastrutture e degli Insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale. Commento all’art.14 Decreto Legislativo 20 agosto 2002, n.190 ( in G.U. n.199 del 26 agosto 2002 – Suppl. Ordinario n.174 – in vigore dal 10.09.2002. Amministrazione in Cammino, Rivista elettronica di Diritto Pubblico, di diritto dell’Economia e di scienza dell’amministrazione a cura del Centro di Ricerca sulle amministrazioni pubbliche “Vittorio Bachelet”.
[10]Giuseppe Urbano, La disciplina dei contratti pubblici tra tutela della concorrenza e misure anticrisi, in Neldiritto.it, rivista telematica di Giurisprudenza. (www.neldiritto.it)
[11]Sulle procedure ad evidenza pubblica disciplinate dalla disciplina previgente al Codice cfr. Guido Greco, I contratti dell’amministrazione tra pubblico e privato, Roma, Giuffrè Editore, 1986; F.P. Pugliese, Contratti della pubblica amministrazione, in Enc. giur., vol. IX, 1988; Antonio Cianflone, Giorgio Giovannini, L’appalto di opere pubbliche, Roma, Giuffrè Editore, 1999, p. 328; S. Buscema, A. Buscema, I contratti della pubblica amministrazione, in G. Santaniello (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Vol. VII, 1987; La nuova disciplina dei lavori pubbliciDalla legge quadro alla Merloni-quater. Le norme speciali e la nuova potestà regionale, a cura di F. Caringella e G. De Marzo, Roma, IPSOA Editore, 2003, pp. 734 ss.; A. Carullo, A. Clarizia, La legge «Quadro» in materia di lavori pubblici, Padova, Cedam Editore, 2004, pp. 985 ss.
[12]Per un’analisi più approfondita della questione cfr. Vincenzo Lopilato, Il riparto di competenze fra Stato e Regioni nel Codice dei contratti pubblici, in Commentario al Codice dei contratti pubblici, a cura di M. Clarich, Torino, Giappichelli Editore, 2016, pp. 95 e ss.
[13]Giuseppe Urbano, La disciplina dei contratti pubblici tra tutela della concorrenza e misure anticrisi, in NelDiritto.it, rivista telematica di Giurisprudenza. (www.neldiritto.it)
[14]Francesco Caringella e Marco Giustiniani, Il Decreto Sblocca cantieri – Commento organico alle novità introdotte nei contratti pubblici dal D.l. n. 32 del 18 Aprile 2019, convertito dalla L. 14 Giugno 2019 n. 55, Roma, Dike Editore, 2019. (www.dikegiuridica.it)
[15]Legge di conversione DL Sblocca cantieri: esame e commento dell’ANCE, 21 Giugno 2019, da Appaltiecontratti.it.  (www.appaltiecontratti.it)

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Domenico Tulino

Praticante Avvocato presso l'Avvocatura di Ateneo dell'Università della Calabria. Socio Avvocati Sportivi Italiani.

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