Liberalità d’uso e donazione. La Cassazione interviene sulla questione

Liberalità d’uso e donazione. La Cassazione interviene sulla questione

Interessante è la pronuncia della Cassazione n. 18280 del 2016 sulle liberalità d’uso ex art. 770, 2 co., cc.

La decisione atteneva la vicenda di una coppia che, al termine della loro relazione sentimentale, non riusciva a trovare un accordo soddisfacente in merito alla restituzione di alcuni doni e nello specifico un quadro di Picasso e un anello con brillante da tredici carati. In particolare l’uomo, rivolgendosi al Tribunale di Milano, chiedeva che gli venissero restituiti tutti i beni. Il Tribunale di merito tuttavia rigettava la sua domanda ritenendo che i regali, anche se particolarmente preziosi, fossero da ricomprendersi tra le liberalità d’uso previste dall’art. 770 cc e pertanto essi non dovevano essere restituiti.

Si ordinava allora la sola restituzione di un tavolo in legno intarsiato.

Impugnata la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Milano riconosceva in parte le ragioni dell’attore. Riteneva infatti che alcuni degli oggetti che l’uomo aveva regalato alla ex compagna sicuramente erano da ritenersi come liberalità d’uso ex art. 770 cc, tuttavia tra quei beni figurava un quadro di Picasso del valore di seicentomila euro e un anello con un brillante di ben tredici carati e per questi ultimi le considerazioni non potevano che essere differenti. La Corte d’Appello infatti aveva ritenuto che il quadro e l’anello, il cui valore è superiore al milione di euro, avessero comportato un apprezzabile impoverimento del patrimonio del donante, non riconducibile alle regalie che di norma accompagnano talune occasioni speciali tra i soggetti uniti da particolari legami. Trattandosi quindi di donazione vera e propria questa era nulla per mancanza del requisito di forma di cui all’art. 782 c.c. La Corte, in conclusione, aveva statuito per la  condanna  della convenuta al pagamento in favore dell’attore del controvalore di detti beni che, nelle more, erano stati rivenduti.

La ex convivente pertanto proponeva ricorso per Cassazione a cui l’altro rispondeva con ricorso incidentale.  La donna infatti lamentava sia che vi fosse stata una errata qualificazione giuridica della dazione del quadro e dell’anello che non sarebbero inquadrabili come donazione, bensì come liberalità d’uso, sia che la Corte non avrebbe correttamente valutato e pertanto motivato in merito al rapporto di proporzionalità tra il valore dei doni ed il tenore di vita degli interessati in quanto il patrimonio dell’attore, all’epoca dei fatti, era da quantificarsi in diversi milioni di euro.

La liberalità d’uso prevista dall’art. 770, 2 co., cc (da intendersi in sostanza quei regali che vengono fatti in determinate circostanze in conformità alla consuetudine riferita al luogo e al tempo) e la donazione ex art. 769 cc sono istituti giuridici piuttosto simili in quanto hanno in comune la causa consistente nell’arricchimento del beneficiario, che non è tenuto ad alcun corrispettivo, in danno del disponente che quindi vedrà una diminuzione del proprio patrimonio. La liberalità d’uso differisce dalla donazione poiché essa non è una libera manifestazione del donante, bensì un adeguamento volontario del disponente agli usi e costumi della società in cui egli vive. È proprio nell’animus donandi, che è l’elemento soggettivo tipico della donazione, che si individua la differenza con la liberalità d’uso che viene effettuata per un determinato motivo. La liberalità d’uso è, dunque, una liberalità non donativa, essa è cioè un negozio differente dalla donazione in senso stretto, e quindi non soggetta ai vincoli di forma stabiliti codicisticamente per la stessa, cioè l’atto pubblico.

Sulla base di tali premesse, la Corte di Cassazione ha affermato nella parte motiva che la liberalità d’uso “si configura qualora sia disposta in determinate occasioni, quali, ad esempio, le nozze, i compleanni, gli anniversari, in cui per consuetudine si è instaurata l’abitualità diffusa di un certo comportamento“. E se si parla di “usi” è ovvio che il concetto sia variabile nel tempo in relazione al costume. Il sorgere pertanto di nuove feste o ricorrenze può far nascere e consolidare nuovi usi che legittimeranno l’applicazione dell’istituto ex art. 770, 2 co., Cc. La Suprema Corte ha inoltre precisato che l’art. 770, 2 co., cc abbia natura elastica in quanto esso si adegua ai mutamenti del costume sociale differenziandosi pertanto dalla donazione remuneratoria, ex art. 770,1 co., cc il cui fondamento è il desiderio di gratificare l’autore dei servizi resi (si qualifica pertanto come una vera e propria donazione) essendo fatta dal donante per riconoscenza o per i meriti del donatario o per uno speciale compenso al quale il donante non è obbligato né per legge, né per uso, né per costume sociale  .

Aggiunge tuttavia la Cassazione, ed è questo il punto focale della pronuncia, che l’uniformarsi ad un determinato uso o costume per l’elargizione di regali per una determinata occasione deve necessariamente rapportarsi con il profilo della proporzionalità, da operarsi in base alla posizione sociale delle parti ed alle condizioni economiche dell’autore dell’atto (conforme, v. anche Cass. 18/09/2008 n° 16550).

La Suprema Corte enunciava i suddetti principi di diritto.

Affinché un “regalo” possa configurarsi come liberalità d’uso è necessario che sussistano delle condizioni: in primo luogo è necessario che esso si uniformi agli usi e costumi propri per una determinata occasione da valutarsi anche alla luce dei rapporti esistenti tra le parti e della loro posizione sociale; in secondo luogo che tale uniformità sussista anche sotto il profilo della proporzionalità delle condizioni economiche dell’autore dell’atto.

In conclusione la Cassazione ha pertanto confermato la sentenza della Corte d’Appello di Milano sulla natura di liberalità di quasi tutti gli oggetti per cui si era in causa ad eccezione sia del quadro di Pablo Picasso, donato a chiusura di uno screzio tra le parti, in quanto donazione,  sia del brillante da tredici carati in quanto essi non potevano non determinare un consistente depauperamento del patrimonio dell’attore-donante e che pertanto richiedevano la forma dell’atto pubblico così come previsto dall’art. 782 cc. I due regali hanno infatti determinato uno sforzo economico non di routine effettuato per ottenere un perdono e pertanto andavano restituiti o la ricorrente avrebbe dovuto corrispondere il loro controvalore oltre, ovviamente, gli interessi maturati dal momento della domanda ex art. 2033 cc.


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Elisabetta Natali

Dottore in Giurisprudenza presso l'Università di Macerata nell' A.A. 2012/2013 con la tesi di Laurea in Diritto Civile dal titolo "CESL: un passo verso il codice civile europeo". Ha frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali presso l'Università di Macerata e si è diplomata nel 2015 con tesi in Diritto Amministrativo dal titolo " Il trattamento giuridico dello straniero irregolare affetto da grave patologia" con votazione 70/70. Ha intrapreso l'attività di pratica forense presso il Foro di Fermo ultimata nel 2015. Ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense nel settembre 2016 ed attualmente esercita la professione di Avvocato. Sta frequentando il "Corso Biennale di formazione tecnica e deontologica dell'avvocato penalista per l'abilitazione alla difesa d'ufficio" per l'anno 2015-2017.

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