Licenziamento illegittimo: cosa fare?
Il diritto del lavoro costituisce una branca del nostro ordinamento giuridico complessa ed in continua evoluzione, di talché risulta necessario per i professionisti operanti nel settore effettuare un costante studio delle novità normative e giurisprudenziali, al fine di rimanere sempre aggiornati.
Cosa può fare dunque, allo stato attuale, il lavoratore al quale viene comunicato, talvolta senza preavviso, un licenziamento che ritiene illegittimo? Orbene, ad eccezione delle ipotesi di recesso ad nutum, previsto solo in alcuni casi e con riferimento a particolari categorie di lavoratori (ad esempio gli alti dirigenti), la normativa vigente appresta in favore del lavoratore una serie di adeguate tutele, sia imponendo in alcuni casi rigidi iter da rispettare (il preavviso di licenziamento), sia specifici rimedi a valle del licenziamento stesso.
Occorre però precisare come esistono attualmente tre tipi di licenziamento, e rispetto ad ognuno di essi le varie tutele si atteggiano diversamente (sempre nel rispetto del termine di 60 giorni per l’impugnativa):
1) licenziamento per giusta causa (art. 2119 c.c.): questo tipo di licenziamento viene disposto al ricorrere di inadempimenti così gravi del lavoratore da far cessare damblè il rapporto lavorativo, senza possibilità di una, seppur breve, prosecuzione. Quivi l’inadempimento deve essere così rilevante da rompere tout court il legame fiduciario che lega datore e lavoratore, il che giustifica la non necessità del preavviso da parte del primo.
2) licenziamento per giustificato motivo soggettivo (art. 3 l. 604/1966): attutato sempre a seguito di un inadempimento da parte del lavoratore rispetto ai propri doveri contrattualmente convenuti; tuttavia in tale ipotesi, a differenza del licenziamento per giusta causa, qui si riscontra (secondo la maggioranza della dottrina) un inadempimento “qualitativamente” inferiore, e soprattutto è previsto l’obbligo del datore di comunicare la propria decisione con congruo preavviso, proseguendo nel frattempo il rapporto.
3) licenziamento per giustificato motivo oggettivo (art. 3 l. 604/1966): quest’ultimo si fonda su esigenze legate all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro di impresa o al regolare funzionamento di essa, con onere della prova circa la ricorrenza di tali contingenze a carico del datore di lavoro. E’ sempre necessario il preavviso.
Venendo ora ai rimedi, laddove tali licenziamenti vengano disposti senza che ne ricorrano le condizioni, e dunque illegittimamente, è opportuno precisare che esistono due tipi di tutele, a seconda delle dimensioni dell’impresa (genericamente si tiene conto della presenza all’interno dell’azienda del numero di quindici dipendenti o meno):
La prima è la c.d. tutela reale, ai sensi dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, a seguito di sentenza giudiziale di annullamento del licenziamento, che comporta la reintegra coattiva nel posto di lavoro a favore del lavoratore, oltre ad un risarcimento per i danni comunque patiti parametrato alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello di reintegra oltre ai contributi previdenziali ed assistenziali (che non può in ogni caso essere inferiore a cinque mensilità). E’ facoltà del lavoratore richiedere, al posto della reintegra, il pagamento di una indennità pari a quindici mensilità.
La tutela obbligatoria invece, ex art. 8 l. 604/1966, prevede la riassunzione entro tre giorni o il risarcimento tra due e quindici mensilità.
In ogni caso, laddove il datore non abbia comunicato il licenziamento con i termini di preavviso previsti ex lege, il lavoratore avrà sempre diritto ad una indennità di mancato preavviso, anche allorquando abbia trovato il giorno successivo altra occupazione lavorativa.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Avv. Claudio Tarulli
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