L’impatto della normativa ESG sui prodotti e servizi di investimento: lo scenario europeo e italiano
Il tema del cambiamento climatico è ricorrente non solo nei dibattiti politici e sociali ma coinvolge soprattutto il modus operandi di ciascuno al fine di trovare soluzioni per migliorare la condotta del singolo a tutela dell’ambiente e della collettività. La tutela della sostenibilità diventa salvaguardia di un diritto costituzionalmente sancito come si evince dagli interventi del legislatore, particolarmente sensibile alla tematica della transizione energetica.
La Direttiva 2008/28/CE del 23 aprile 2009 “Sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE” (c.d. RED I, Renewable Energy Directive) assegna agli Stati l’obiettivo, entro il 2020, di recuperare da fonti rinnovabili, una quota del 20% del consumo energetico e una quota del 10% del carburante utilizzato per i trasporti al fine di “creare le basi per un futuro quadro comunitario in materia” nonché “contribuire al raggiungimento di obiettivi quali rispettare gli impegni in materia di cambiamenti climatici, contribuire alla sicurezza dell’approvvigionamento rispettando l’ambiente e promuovere le fonti di energia rinnovabili“. Nel 2018 ha fatto seguito la Direttiva UE 2018/2001 “Sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”, nota come RED II che ha innalzato le percentuali target di cui sopra rispettivamente al 32% e al 14% entro il 2030 per poi essere riviste ulteriormente nel 2021 ed innalzate rispettivamente al 40% e al 22% (si veda Fit for 55 package: il pacchetto “Pronti per il 55%” è un insieme di proposte volte a rivedere e aggiornare le normative dell’UE e ad attuare nuove iniziative al fine di garantire che le politiche dell’UE siano in linea con gli obiettivi climatici concordati dal Consiglio e dal Parlamento europeo. Il pacchetto di proposte mira a fornire un quadro coerente ed equilibrato per il raggiungimento degli obiettivi climatici dell’UE, in grado di:
garantire una transizione giusta e socialmente equa;
mantenere e rafforzare l’innovazione e la competitività dell’industria dell’UE assicurando nel contempo parità di condizioni rispetto agli operatori economici dei paesi terzi;
sostenere la posizione leader dell’UE nella lotta globale contro i cambiamenti climatici).http://(“Pronti per il 55%”: il piano dell’UE per una transizione verde – Consilium (europa.eu)
L’Unione Europea diventa promotrice dello sviluppo normativo in materia di finanza sostenibile. Nel 2015, a Parigi, si è tenuta la ventunesima riunione della Conferenza delle parti (Cop 21) della Convenzione sui cambiamenti climatici a cui hanno partecipato ben 195 Stati. L’accordo si impegna a mantenere l’innalzamento della temperatura sotto i 2° con particolare attenzione a temi sociali e ambientali, ai bisogni dei Paesi più poveri del mondo e a quelli più vulnerabili ai cambiamenti climatici nonché all’equità di genere riconoscendo il ruolo centrale delle donne nella lotta ai cambiamenti climatici e alla protezione della biodiversità e dell’ecosistema. Rilevante in materia è soprattutto l’Action Plan on Financing Sustainable Growth con l’obiettivo di incrementare l natura sostenibile degli investimenti e la trasparenza sui mercati finanziari con l’integrazione dei fattori di rischio. Si sono poi susseguiti il Green Deal europeo che, fra gli obiettivi, persegue l’azzeramento, entro il 2050, delle emissioni nette di gas a effetto serra e il Next Generation EU che promuove la mobilità sostenibile e sostiene la crescita inclusiva e l’innovazione.
La realizzazione di questi obiettivi può avvenire solo mediante il consolidamento di un impianto legislativo che definisca le linee guida nell’ambito dei processi finanziari com espresso nel Regolamento UE 2019/2088 c.d. SDFR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), entrato in vigore il 1° gennaio 2022 con l’obiettivo di richiedere una chiara e precisa regolamentazione sui fattori sociali, ambientali e di buona governance (ESG) in materia di consulenza patrimoniale, intesa non solo come gestione di portafoglio ma anche dal punto di vista previdenziale e assicurativo. Ai sensi dell’art. 2, l’investimento sostenibile è l’ “investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale, misurato, ad esempio, mediante indicatori chiave di efficienza delle risorse concernenti l’impiego di energia, l’impiego di energie rinnovabili, l’utilizzo di materie prime e di risorse idriche e l’uso del suolo, la produzione di rifiuti, le emissioni di gas a effetto serra nonché l’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare o un investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo sociale, in particolare un investimento che contribuisce alla lotta contro la disuguaglianza, o che promuove la coesione sociale, l’integrazione sociale e le relazioni industriali, o un investimento in capitale umano o in comunità economicamente o socialmente svantaggiate a condizione che tali investimenti non arrechino un danno significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali”. Successivamente, l’adozione del Regolamento UE 2020/852, “relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del Regolamento UE 2019/2088” ha precisato che la tassonomia permette di verificare se, sulla base di determinati criteri tecnici, un’attività economica contribuisca alla realizzazione degli obiettivi ambientali.
Pertanto, la sustainability diventa tutela per il cliente che è chiamato a decidere fra i diversi prodotti mediante una scelta doverosa e responsabile per l’intermediario nei processi aziendali. Infatti il Regolamento SDFR si rivolge ai “partecipanti ai mercati finanziari e i consulenti finanziari per quanto riguarda l’integrazione dei rischi di sostenibilità e la considerazione degli effetti negativi per la sostenibilità nei loro processi e nella comunicazione delle informazioni connesse alla sostenibilità relative ai prodotti finanziari” (art. 1). La stessa trasparenza in materia di rischio di sostenibilità viene richiamata nell’art. 3 mentre il successivo art. 4 fa riferimento agli eventuali effetti negativi. Sia i consulenti sia gli investitori istituzionali devono comunicare sui loro siti web come contribuiscono agli obiettivi ambientali e sociali, previa la valutazione di eventuali rischi e in considerazione dei principali impatti avversi (PAI, Principles Adverse Impact). Il principio del comply or explain prevede che se un soggetto finanziario non indica gli impatti negativi devono spiegarne il motivo.
Il Regolamento prevede, inoltre, la promozione delle caratteristiche ambientali e sociali nell’informativa precontrattuale. Le informazioni che devono essere pubblicate sono: la modalità con cui “i rischi di sostenibilità sono integrati nelle loro decisioni di investimento e i risultati della valutazione dei probabili impatti dei rischi di sostenibilità sul rendimento dei prodotti finanziari che rendono disponibili (…) I consulenti finanziari includono la descrizione di quanto segue nell’informativa precontrattuale: a) in che modo i rischi di sostenibilità sono integrati nella loro consulenza in materia di investimenti o di assicurazioni; e b) il risultato della valutazione dei probabili impatti dei rischi di sostenibilità sul rendimento dei prodotti finanziari su cui forniscono la consulenza.” (art. 6).
Si distinguono, poi, i prodotti che promuovono caratteristiche ambientali e/o sociali (descritti nell’art. 8 c.d. light green) e i prodotti che hanno come obiettivo investimenti sostenibili (descritti nell’art. 9, denominati dark green). Secondo l’ufficio studi di ETicaNews, la percentuale di fondi art. 9 arriva al 28%; il 66% è art. 8; il 2% art. 6 e il 4% non ha ancora una mappatura. Considerando le asset class più rappresentate, emerge che tra gli azionari il 71% è art. 8 e il 24% è art. 9. La quasi totalità dei fondi obbligazionari che investono in green bond ricade nell’art. 9 (88%), così come la maggior parte dei fondi tematici (57%)http://(https://finanzasostenibile.it/wp-content/uploads/2021/11/Investimenti-sostenibili-Italia-WEB.pdf)..
Pur essendo una regolamentazione in via di costante sviluppo, in Italia, la legge costituzionale 11 febbraio 2022 n.1, recante Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente, ha riformulato il comma 3 dell’art. 9 Cost. e il comma 2 dell’art. 41 Cost. a norma dei quali la Repubblica “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. È previsto altresì che l’iniziativa economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Lo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) contempla, nella Missione 2, la realizzazione della transizione verde nonché inclusiva della società e dell’economia al fine di favorire l’economia circolare e lo sviluppo di fonti di energia rinnovabile. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) svolge “un ruolo chiave nell’attività del Governo finalizzata alla tutela dell’ambiente (…) Il Ministero garantisce la sicurezza delle infrastrutture e dei sistemi energetici e geominerari, il provvigionamento, l’efficienza e la promozione delle energie rinnovabili. Promuove le buone pratiche e l’educazione ambientale, l’economica circolare, la mobilità sostenibile (…)”. Anche la Banca d’Italia, a più riprese nei rapporti annuali sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici, sottolinea l’impegno assunto dalle banche centrali per l’applicazione dei principi fin qui esposti.
Da ultimo, è importante sottolineare come, ad oggi, vengono prese in considerazione le aziende che maggiormente contribuiscono alla transizione verso un’economia a basse emissioni dal punto di vista dei titoli azionari mentre sul fronte obbligazionario si prediligono i c.d. green bond (obbligazioni versi emesse da Stati). I rischi che ne derivano sono molteplici e non possiamo più minimizzare le conseguenze. Il benessere sociale della collettività si evince dalla crescita economica orientata a ben definiti obiettivi canalizzati a ripristinare gli equilibri del nostro ecosistema.
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Mariavittoria Palermo
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