L’impiego del captatore informatico nelle intercettazioni
Sommario: 1. Le prime pronunce – 1.1. Scurato: Cass. pen., sez. U., n. 26889, 1 luglio 2016 – 1.2. Di Guardo e altri: Cass. pen., sez. VI, sent. n. 15573, 23 giugno 2017 – 1.3 Occhionero: Cass. pen., sez. V., n. 48370, 29 ottobre 2017 – 2. La giurisprudenza più recente – 2.1. Cicciari: Cass. pen., sez. II, sent. n. 19146, 20 febbraio 2019 – 2.2. Vecchio: Cass. pen., sez. V, sent. n. 15071, 18 marzo 2019 – 2.3. Chianchiano: Cass. pen., sez. 1, sent. n. 5097, 25 giugno 2019 – 2.4 Cass. civ., sez. U., sent. n. 741 del 15 gennaio 2020
1. Le prime pronunce
1.1. Scurato: Cass. pen., sez. U., n. 26889, 1 luglio 2016
L’intercettazione di comunicazioni tra presenti mediante l’installazione di un captatore informatico in un dispositivo elettronico è consentita nei soli procedimenti per delitti di criminalità organizzata per i quali trova applicazione la disciplina di cui all’art. 13 del D.L. n. 151 del 1991, convertito dalla legge n. 203 del 1991, che consente la captazione anche nei luoghi di privata dimora, senza necessità di preventiva individuazione ed indicazione di tali luoghi e prescindendo dalla dimostrazione che siano sedi di attività criminosa in atto. (In motivazione la Corte ha sottolineato che, in considerazione della forza intrusiva del mezzo usato, la qualificazione del fatto reato, ricompreso nella nozione di criminalità organizzata, deve risultare ancorata a sufficienti, sicuri e obiettivi elementi indiziari, evidenziati nella motivazione del provvedimento di autorizzazione in modo rigoroso). La relazione penale della Corte di Cassazione Giordano, n. 20161049 del 26 settembre 2016, evidenzia come, nella pronuncia in esame, l’intercettazione con captatore informatico sia considerata intercettazione ambientale (o «tra presenti», secondo la terminologia codicistica), con la conseguente applicazione dell’art. 266, c. 2, cpp («Negli stessi casi è consentita l’intercettazione di comunicazioni tra presenti. Tuttavia, qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall’articolo 614 del codice penale, l’intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa»).
Ne consegue: che è necessario, all’interno del provvedimento che dispone l’intercettazione, precisarne il luogo, solo se la captazione avviene nei luoghi di cui all’art. 641 cp (abitazione o luogo di privata dimora); per intercettazioni in luoghi diversi da quelli individuati dall’art. 614 cp, é sufficiente che il decreto autorizzativo indichi il destinatario della captazione e la tipologia dell’ambiente; nei casi di cui all’art. 641 cp, che abbisognano dell’indicazione del luogo, è da escludersi in radice l’utilizzabilità del captatore informatico: infatti, per le sue caratteristiche, se il programma è inoculato in un dispositivo itinerante, ciò renderà impossibile prevedere il luogo di privata dimora nel quale le intercettazioni si svolgeranno.
Nei delitti di criminalità organizzata, tuttavia, può essere derogato il presupposto per lo svolgimento di intercettazioni a mezzo captatore informatico nei luoghi di privata dimora (la sussistenza del fondato motivo di cui all’art. 266, c. 2, cpp), come è possibile l’installazione di un captatore informatico in un dispositivo itinerante. Si sottolinea anche questa massima, tratta dalla medesima sentenza: “In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ai fini dell’applicazione della disciplina derogatoria delle norme codicistiche prevista dall’art. 13 del D.L. n. 152 del 1991, convertito dalla legge n. 203 del 1991, per procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata devono intendersi quelli elencati nell’art. 51, commi 3 bis e 3 quater, cod. proc. pen. nonché quelli comunque facenti capo ad un’associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato“.
In sostanza, e secondo la relazione penale summenzionata, i delitti di criminalità organizzata non sono solo quelli di cui all’ art. 51 c. 3 bis e quater cpp, ma tutte le attività criminose nelle quali più soggetti, per la commissione del reato, abbiano costituito un apposito apparato organizzativo. La decisione, ormai storica, è stata confermata, tra le altre, da Cass. pen., sez. I, sent. n. 50972, 25 gennaio 2019, di seguito analizzata.
1.2. Di Guardo e altri: Cass. pen., sez. VI, sent. n. 15573, 23 giugno 17
Ai fini dell’utilizzabilità delle intercettazioni di comunicazioni tra presenti mediante l’installazione di un “captatore informatico”, consentite nei soli procedimenti di criminalità organizzata, è ammissibile, da parte del tribunale del riesame, la riqualificazione come reato appartenente a tale categoria del fatto esposto nella richiesta di autorizzazione del pubblico ministero e nel provvedimento emesso dal G.i.p., in quanto ciò che conta è che il fatto, sebbene sussunto sotto altre figure di reato, sia qualificabile come delitto di criminalità organizzata. Nel caso di specie, i ricorrenti affermavano che l’iscrizione, a loro carico, nel registro delle notizie di reato, per il capo di imputazione di cui all’art. 416 cp (associazione per delinquere: tre o più persone si associano per commettere delitti), era avvenuta successivamente alle captazioni, le quali dovevano dunque ritenersi inutilizzabili.
La Cassazione, dopo aver richiamato la sentenza Scurato nella parte in cui richiede sufficienti, sicuri e obiettivi elementi indiziari ai fini della qualificazione del fatto di reato quale fatto di criminalità organizzata (nel cui ambito va ricompreso l’art. 416 cp), enunciava il principio esposto nella massima: è ammessa la riqualificazione giuridica dei fatti da parte di un giudice diverso da quello che ha disposto l’intercettazione al fine di affermare la sussistenza dei presupposti di ammissibilità delle operazioni captative. Giudicava dunque ammissibile la riqualificazione giuridica dei fatti da parte del tribunale in sede di riesame, risultando irrilevante che l’iscrizione nel registro delle notizie di reato della fattispecie associativa fosse avvenuta dopo l’autorizzazione del peculiare strumento d’indagine che è l’intercettazione; unica condizione, affinché la soluzione proposta sia possibile, è che i fatti indicati nella richiesta del pubblico ministero e ritenuti sussistenti dall’autorizzazione del gip siano correttamente qualificabili a norma dell’art. 416 cp; e nessuna violazione del contraddittorio, o del diritto di difesa, ne deriva: la decisione del tribunale del riesame è sindacabile in sede di legittimità, ed anzi la misura coercitiva o interdittiva confermata ex art. 309, c. 9, cpp, può essere revocata all’esito dell’istanza di cui all’art. 299 cpp, all’esito di nuove deduzioni.
Ancora, il controllo sulla sussistenza dei presupposti per il legittimo svolgimento dell’attività di intercettazione è consentito anche nel corso dell’udienza preliminare e nel successivo giudizio di merito.
Tra i motivi della decisione, la Corte sottolinea la differenza tra la difettosità della motivazione (pur presente) e la motivazione radicalmente mancante, come ben enunciata dalle sez. U. Primavera, n. 17/004: la difettosità della motivazione è integrata da una fattispecie di incompletezza, insufficienza, non perfetta adeguatezza, sovrabbondanza con slabbrature logiche, vizi che non negano la giustificazione ma la rendono non puntuale, e che sono emendabili dal giudice cui la doglianza sia prospettata, sia esso il giudice di merito che deve utilizzare i risultati delle intercettazioni ovvero il giudice dell’impugnazione.
1.3. Occhionero: Cass. pen., sez. V., n. 48370, 29 ottobre 2017
Sono legittime le intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche di cui all’art. 266 bis cpp effettuate mediante installazione di captatore informatico (c.d. trojan horse) all’interno di computer collocato in luogo di privata dimora.
Il secondo motivo di ricorso investiva l’utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telematiche mediante captatore informatico (c.d. trojan), utilizzabilità ritenuta nel provvedimento impugnato distorcendo, a detta dei ricorrenti, i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità nelle precedenti pronunce Virruso, Musumeci, Scurato. Sostenevano i ricorrenti che le Sezioni Unite Scurato avevano vietato, al di fuori dei procedimenti relativi a reati di criminalità organizzata, tutte le intercettazioni mediante strumento informatico effettuate in luogo di privata dimora (nella specie: captatore nel pc fisso dell’indagato collocato nella sua abitazione); contrariamente alla sentenza Virruso, che definiva in termini di prove atipiche siffatte captazioni, ritenevano le stesse non inquadrabili nell’ambito delle intercettazioni di flussi telematici ai sensi dell’art. 266 bis cpp (nei procedimenti relativi ai reati di cui all’art. 266 cpp -quali quelli che comportano la pena dell’ergastolo, della reclusione superiore nel massimo a cinque anni, i reati contro la p.a. per i quali è comminata la pena dell’ergastolo o la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, reati in materia di armi e stupefacenti, atti persecutori eccetera- e a quelli commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche è consentita l’intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici ovvero intercorrente tra più sistemi), in quanto i flussi telematici sarebbero propriamente dei dati in transito dal pc alla rete, mentre nel caso veniva realizzata la captazione in tempo reale di un flusso di dati intercorso su uno schermo o supporto, dando vita ad una perquisizione con sequestro della fotografia di un documento statico (screenshot), cioè di un flusso di dati e informazioni tra componenti dello stesso sistema informatico e non tra più sistemi.
La Corte di Cassazione precisa come la sentenza Scurato avesse consentito le intercettazioni di comunicazioni tra presenti con installazione del captatore informatico che segue i movimenti nello spazio dell’utilizzatore del dispositivo elettronico (come lo smartphone) limitatamente ai procedimenti in materia di criminalità organizzata, anche senza la preventiva individuazione dei luoghi e a prescindere dalla dimostrazione dell’attività criminosa in atto; a seguito della pronuncia, dunque, le intercettazioni tra presenti rimanevano possibili nei luoghi di privata dimora ove vi era fondato motivo di ritenere lo svolgimento dell’attività criminosa nonché per le intercettazioni telematiche ex art. 266 bis cpp diverse da quelle tra presenti in quanto aventi il duplice requisito di essere al contempo comunicative e tra presenti.
Inoltre, osserva la Corte, nel caso di specie la captazione era effettuata anche su un flusso di dati, come indicato nell’ordinanza, non potendo dunque trovare applicazione né la tesi dei ricorrenti né la distinzione, da questi richiamata, contenuta nella sentenza Virruso (n. 16556/10) tra flusso di comunicazioni (intercettazione ex art. 266 bis) e dati all’interno del pc (prova atipica); da ultimo, ricorda come in base alla Grassi e altri (n. 40903/16)7 l’acquisizione di dati presenti nell’hard disk e costituenti messaggi di posta elettronica conservati nella cartella in entrata/uscita è intercettazione.
2. La giurisprudenza più recente
2.1 Cicciari: Cass. pen., sez. II, sent. n. 19146, 20 febbraio 2019
Quid iuris nell’ipotesi di variazione, nel corso dell’esecuzione, del luogo oggetto di autorizzazione e nel quale deve svolgersi la captazione? La Cassazione, nell’occuparsi di associazione dedita al narcotraffico (per configurare la quale, si rammenti, non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ed è bastevole l’esistenza di strutture -pure rudimentali- deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento dell’obiettivo comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle varie determinazioni criminose, con il contributo dei singoli associati: cfr. Cass. pen., sez. 6, n. 46301 del 30 ottobre 2013) ha comunque ritenuto utilizzabili i risultati delle intercettazioni di comunicazioni tra presenti, a condizione che i luoghi di captazione rientrino nella specificità dell’ambiente oggetto dell’intercettazione autorizzata, come nella specie, dato che la captazione ambientale era stata trasferita dalla struttura carceraria oggetto di autorizzazione ad altra struttura detentiva presso la quale l’imputato era stato successivamente tradotto e per la quale il provvedimento autorizzativo era mancato. La S.C. giunge a tale conclusione richiamando il proprio orientamento in un caso precedente e del tutto analogo, in quanto la captazione ambientale era stata trasferita dalla vettura oggetto di autorizzazione ad altra vettura successivamente acquistata dall’indagato sottoposto ad intercettazione (Cass. pen., sez. 5, sent. n. 5956 del 15 febbraio 2012).
2.2. Vecchio: Cass. pen., sez. V, sent. n. 15071, 18 marzo 2019
La pronuncia in esame prende le mosse dal caso dell’avvenuta installazione da parte dell’imputato, sul telefono cellulare del coniuge, di uno spy-software, programma idoneo ad intercettarne le comunicazioni telefoniche. La Corte, avendo osservato che tali applicazioni di monitoraggio, se installati in modo occulto su un telefono cellulare, un tablet o un PC, consentono di captare tutto il traffico dei dati in arrivo o in partenza dal dispositivo, ha ritenuto che le stesse possano considerarsi ad ogni effetto “apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti” diretti all’intercettazione o all’impedimento di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone, di cui all’art. 617-bis, comma primo, c.p., in quanto tale norma delinea una categoria aperta, suscettibile di essere implementata per effetto delle innovazioni tecnologiche che, nel tempo, consentono di realizzare gli scopi vietati dalla legge.
2.3. Chianchiano: Cass. pen., sez. I, sent. n. 50972, 25 giugno 2019
La sentenza, pronunciata in tema di omicidio motivato da rancori sentimentali (e quindi al di fuori dell’ambito della criminalità organizzata) del reo, che aveva avuto una relazione con la compagna, poi moglie, della vittima, si occupa di intercettazioni disposte prima dell’entrata in vigore delle modifiche apportate all’art. 266 cod. proc. pen. dal d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, art. 4, c. 1, lett. a) -il quale ha introdotto la possibilità di procedere con un captatore informatico su dispositivo elettronico portatile. Ritiene inutilizzabili i risultati ottenuti attraverso l’installazione di un captatore informatico sullo smartphone del soggetto passivo del reato, nonostante il provvedimento autorizzativo prevedesse che l’esecuzione delle operazioni fosse legittimata solo in luoghi diversi da quelli di privata dimora (in auto e all’esterno, come microspia): la Corte difatti chiarisce che, nel caso, risultava impraticabile l’accertamento anticipato dei luoghi -attesa la natura portatile dello strumento, che espone all’acquisizione di intercettazioni anche nei luoghi di privata dimora e quindi al di fuori del dettato normativo- e delle modalità di esecuzione delle captazioni; per di più, non è consentito un controllo postumo finalizzato ad una “legalizzazione successiva” delle intercettazioni: queste, per essere utilizzabili, devono risultare legittime sin dal momento genetico e, quindi, sin dal provvedimento autorizzativo, ed è questo il significato da attribuire al d. lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, modificato dall’art. dall’art. 9 comma 2 lett. a) del d.l. 14 giugno 2019, n. 53, conv. in L. 8 agosto 2019, n. 77, per il quale la novità legislativa si applica alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti di autorizzazione emessi dopo il 31 dicembre 2019.
2.4 Cass. civ., sez. U., sent. n. 741 del 15 gennaio 2020
La Corte afferma la legittimità dell’impiego, nel procedimento disciplinare nei confronti del magistrato, delle intercettazioni a mezzo di captatore informatico effettuate nell’ambito del processo penale anteriormente all’1 gennaio 2020. La normativa applicabile è così individuata: l’art. 6, d. lgs. n. 216 del 2017, efficace dal 26 gennaio 2018, che in parte ha esteso ai procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, la disciplina delle intercettazioni prevista per i delitti di criminalità organizzata dall’art.13 del d.l. n. 152 del 1991, conv., con mod., dalla L. n. 203 del 1991 ed integrato con d.l. n. 306 del 1992, conv. con mod. dalla L. n. 356 del 1992; dall’art. 1, c. 3, L. n. 3 del 2019, entrato in vigore il 31 gennaio 2019, il quale ha eliminato la restrizione dell’uso del captatore informatico nei luoghi indicati di privata dimora, così consentendo l’intercettazione in tali luoghi anche se non vi è motivo di ritenere che vi si stia svolgendo attività criminosa.
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Laura Muscolino
Laura Muscolino è nata nel 1991 a Messina, dove risiede. Diplomata al Liceo Classico F. Maurolico, si laurea con lode in Giurisprudenza Magistrale all'Universitá degli Studi di Messina nel luglio 2019. Durante il corso di laurea ha partecipato al Festival del diritto di Piacenza, ed. 2014, ed effettuato il tirocinio curriculare di cui al D.M. 270/04 presso la Procura della Repubblica di Barcellona P.G.; attualmente svolge il tirocinio ex art. 73, d.l. 69/13 presso il Tribunale di Messina, dove si occupa di diritto civile.
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